di Giacomo Casarin
Perché in Italia siamo indietro in fatto di rigenerazione urbana? Il tema sarà oggetto del IV Convegno YouBuild, che si terrà in Fiera a Verona, venerdì 16 ottobre 2020. Premetto che al nostro Paese è giustamente riconosciuta la capacità di sviluppare l’identità delle sue città, ampliandone il valore culturale, per quanto riguarda non solo i centri storici ma anche, per esempio, l’archeologia industriale. In Italia, però, le grandi opere risultano sempre molto lente, i procedimenti viscosi, e in molti casi, poco trasparenti.
Problemi di cultura
Una delle cause del problema è sempre stata l’alternanza politica, che mette perennemente in gioco le attuazioni in corso ogni volta che si verifica un cambio ai vertici del potere. Su questo fronte, per esempio, in Francia esistono delle Società di economia mista per la gestione di servizi pubblici che garantiscono la continuità dell’attuazione degli interventi di rigenerazione urbana. Ma rimaniamo in Francia per aggiungere un ulteriore spunto di riflessione, ovvero l’importanza del dibattito pubblico, quello che nel Paese d’oltralpe si chiama débat public e che consiste in una fase della procedura di sviluppo dei grandi progetti organizzativi o di infrastruttura. È sacrosanto il diritto ai cittadini di informarsi e di esprimere il loro punto di vista, ma tutto ciò che è contributo, sia esso critica o suggerimento, deve essere fatto prima dell’inizio dei lavori. Questo è il punto: va tenuto conto delle preoccupazioni della popolazione coinvolta, ma quando inizia un progetto deve essere portato a termine, fino in fondo.
Un altro scoglio: tra i tanti problemi che il covid-19 ha fatto emergere in merito al settore edile ve ne è uno evidente, ovvero che nel codice degli appalti le parole più espresse sono Anac e corruzione. In pratica, le procedure che dovevano essere semplificate, in realtà nella loro fase primaria sono toccate maggiormente e appesantite dal tema del controllo contro la patologia della corruzione. Bisogna quindi tornare a lavorare tutti perché la percezione delle infrastrutture sia determinata sotto il profilo culturale.
Modelli per l’ambiente
I Paesi europei ci possono insegnare molto. Ma in primis bisogna essere consapevoli che le sfide emergenti di rigenerazione territoriale derivano non solo dalla costante fase di metropolizzazione in cui ci troviamo, ma anche dal global climate change, che diventa così sempre più una componente principale nei progetti urbanistici e infrastrutturali. Sì, perché gli elevati livelli di inquinamento, per esempio, vanno a braccetto con l’intensità del consumo del suolo (per cui in Italia non esiste ancora una legge nazionale). Ne deriva la conseguente impermeabilizzazione, collegata alle molte problematiche di deflusso delle acque per le zone urbane.
In tutto il mondo si parla sempre più di green infrastructures che costituiscono connessioni sia urbane che ecologiche. E indirizzano la pianificazione e la progettazione verso una gestione resiliente dei cicli naturali, per rafforzare le relazioni socio-economiche e culturali, e migliorare il funzionamento e l’efficienza urbana. A Milano tutto questo potrebbe concretizzarsi grazie al progetto di riqualificazione degli scali ferroviari Farini e San Cristoforo. Ma c’è ancora da aspettare un po’.
Ad oggi, uno dei più begli esempi contemporanei è il Madrid Rio, un parco lineare che riqualifica tutto quello che incontra. Con l’interramento della strada veloce tangente al fiume, si è reso libero lo spazio per un grande corridoio ambientale, formato da una serie di interventi verdi e spazi pubblici, che risultano ecologicamente sostenibili (materiali naturali per le aree gioco e per i percorsi pedonali, rinaturalizzazione delle sponde, water squares, bacini di raccolta delle acque), multifunzionali (aree verdi con diversi gradi di naturalità e attrezzature, anche collegate al tema dell’acqua) e interconnessi (superamento del rapporto città/fiume causato dalla viabilità, connessione delle sponde attraverso il ripristino dei ponti storici e il sistema di nuovi ponti pedonabili e ciclabili). Il fil rouge del Madrid Rio è l’acqua. Insomma, la rigenerazione urbana va a braccetto con la questione ambientale. Che non è una problematica, ma un’opportunità.