Il Consiglio nazionale architetti, il Consiglio nazionale ingegneri e ilConsiglio nazionale geometri chiedono una nuova legge urbanistica e avanzano proposte.
Auspicano, infatti, che il Salva Casa sia il punto di partenza per una rapida quanto necessaria stagione di rinnovo del quadro normativo urbano. Un rinnovo non più procrastinabile e non curabile con interventi legislativi parziali.
I problemi da affrontare
Il corpus urbanistico-giuridico, risultante da una lunga e controversa serie di atti legislativi di diverso rango e di diversa impostazione, deve essere semplificato. Il Salva casa di prossima conversione in legge potrebbe offrire l’occasione.
I tre consigli nazionali delle professioni tecniche ancora una volta prendono atto che troppo spesso i tecnici sono costretti a complessi (quanto parziali) esercizi interpretativi per coniugare norme ormai ottuagenarie e normative nazionali e regionali.
Norme che si sono affastellate nei decenni, rendendo sempre più incerta la materia del governo del territorio. Una materia che dovrebbe invece avere capacità di visione e indirizzo delle trasformazioni urbane ed edilizie.
Dopo la legge 1150 del 1942, la giurisdizione italiana ha stratificato per oltre 80 anni norme che rincorrono a posteriori l’evoluzione delle città e dei territori invece di gestirli.
Lo stato di materia concorrente Stato/Regioni, introdotta dal 2001, ha ulteriormente confuso il panorama del Diritto urbanistico. Manca del resto una legge nazionale di principi che avrebbe dovuto indirizzare le diverse norme regionali e locali.
Gli effetti di un rinnovamento legislativo
La necessità di riformare il sistema di norme in materia di edilizia e urbanistica risulta ormai non più differibile. Solo così si potrebbe rispondere alle esigenze di semplificazione e razionalizzazione che siano in grado di supportare e facilitare la crescita ed un futuro sostenibile per il nostro Paese.
Dovrebbero essere eliminati gli ostacoli normativi che non consentono di raggiungere obiettivi di pianificazione che hanno finalità importanti:
- recupero del patrimonio edilizio esistente
- riduzione del consumo di suolo
- rigenerazione urbana
- sostenibilità ambientale delle costruzioni
- efficientamento energetico
- sicurezza, resistenza e affidabilità degli edifici.
La filiera delle costruzioni e con essa tutti gli operatori coinvolti, siano essi professionisti, imprese, amministrazioni pubbliche, deve poter operare con certezze del diritto, di tempi, di procedure.
Tuttavia, poiché queste ultime risultano sempre più incerte, spesso si trova immobilizzata da controverse interpretazioni.
Ciò pregiudica l’attuazione di interventi in città che potrebbero rappresentare eccellenze e su mercati che chiederebbero internazionalizzazione e standardizzazione di processi.
Su questo fronte, le interpretazioni prettamente giuridiche, benché dovute, non aiutano a elevare l’efficienza del sistema. Perciò i professionisti chiedono una rinnovata capacità d’innovazione e utilizzo di nuove categorie culturali che devono andare di pari passo con l’evoluzione delle nostre città.
Emendamenti proposti
Il Consiglio nazionale architetti, il Consiglio nazionale ingegneri e il Consiglio nazionale geometri, con riferimento al dl 69/2024 Salva Casa in sede di approvazione parlamentare chiedono al legislatore sostanziali modifiche.
Prima proposta
Con riferimento all’articolo 1, laddove è stato inserito il nuovo art. 34-ter si ribadisce che sia necessario modificare il testo del comma. Dove è prevista la procedura in cui il tecnico incaricato sopperisca con propria dichiarazione all’acclarata impossibilità documentaria degli interventi.
I Consigli nazionali ritengono che si tratti di un affidamento improprio ai professionisti tecnici considerato che la materia dei diritti giuridici esula in parte dalle competenze professionali.
La dichiarazione dell’epoca dell’intervento, in assenza di documentazione certa, non può che rimanere in capo alla proprietà o al responsabile dello stesso, poiché è il solo a potere disporre di elementi conoscitivi.
Seconda proposta
Quanto previsto dal comma 2 art. 1-bis: “Gli interventi realizzati o assentiti fino alla data di entrata in vigore della presente disposizione in deroga al requisito non preceduti dall’approvazione preventiva di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata di cui all’articolo 41-quinquies, comma 6, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e all’articolo 8 del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, a eccezione di quelli per i quali sia stata disposta la demolizione o riduzione in pristino con provvedimento definitivo, sono considerati conformi alla disciplina urbanistica, nel rispetto delle condizioni di cui al comma 3, nei casi di:
– edificazione di nuovi immobili su singoli lotti ricadenti in ambiti edificati e urbanizzati;
– sostituzione di edifici esistenti in ambiti caratterizzati da una struttura urbana definita e urbanizzata;
– interventi su edifici esistenti in ambiti caratterizzati da una struttura urbana definita e urbanizzata che determinino la creazione di altezze e volumi eccedenti i limiti massimi previsti dall’articolo 41-quinquies, comma 6, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ferma restando l’osservanza della normativa tecnica delle costruzioni”.
Sia da intendere come un’autentica interpretazione tra i dispositivi delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici vigenti e le normative nazionali.
Al fine di rimuovere l’incertezza e le potenziali contraddizioni tra norme di diverso rango. Uno stato di diritto garantisce che ogni norma di legge, se vigente, è utilizzabile pertanto i professionisti tecnici, operano nel rispetto delle normative vigenti e dei titoli abilitativi ottenuti.
Tenuto conto dell’interpretazione presente nel comma 2 “sono considerati conformi alla disciplina urbanistica” si chiede altresì l’eliminazione del riferimento temporale presente nel medesimo comma “assentiti fino alla data di entrata in vigore della presente disposizione”.
Terza proposta
In considerazione della previsione contenuta nel comma 2, i professionisti chiedono che quanto previsto dal comma 1 dell’art. 1-bis, affinché non generi ulteriore indeterminatezza, sia stralciato.