Per guarire gli ospedali ci vogliono 6,2 miliardi

Ospedale a Gorizia

Gli ospedali sono malati, perlomeno dal punto di vista architettonico. E l’epidemia covid ha messo in luce l’urgenza di riqualificare gli edifici adibiti alla sanità pubblica. Ma il costo è alto, stima il Quarto Osservatorio sulla sostenibilità e sulla sicurezza, realizzato da Scenari Immobiliari. I numeri: in Italia gli ospedali ospitano circa 210 mila posti letto. Circa 52 mila si trovano in immobili per cui può essere considerato sufficiente un buon piano di ristrutturazione impiantistica e funzionale, mentre oltre 85 mila sono in edifici da demolire e ricostruire. In un’ottica di lunghissimo periodo, superiore ai 45 anni, ciò vorrebbe dire un giro d’affari fra i 27 e i 30 miliardi di euro. In una prospettiva di medio periodo, a dieci anni, l’investimento è quantificabile in 6,2 miliardi di euro, di cui circa il 18% (1,1 miliardi) attribuibile alla componente tecnologica. L’Osservatorio è realizzato da Scenari Immobiliari in collaborazione con Johnson Controls e presentato nel corso del 28esimo Forum a Santa Margherita Ligure.

Progettazione, sviluppo e gestione dell’edificio lungo il suo ciclo di vita, con un approccio innovativo, possono massimizzare l’efficienza dell’immobile, anche sotto il profilo ambientale. Oltre a sicurezza sia in termini di benessere degli occupanti che di protezione da eventi critici. È proprio seguendo questa prospettiva che l’ospedale da asset immobiliare diventa infrastruttura strategica, capace di generare benefici sociali, territoriali ed economici.

La gestione dell’emergenza attuale e futura, intimamente connessa alla tutela della salute delle persone, ha messo sotto pressione il sistema sanitario e le strutture fisiche che lo ospitano, con tensioni che rischiano di incrinarne alcuni principi essenziali. Grandi potenzialità potrebbero arrivare dal settore della medicina robotica e dalla telemedicina e dallo sviluppo di spazi per la cura particolarmente evoluti. Questi ultimi, in particolare, per l’evidente necessità di riqualificazione dei nostri ospedali, la diffusione sul territorio nazionale, il grande impatto che producono a scala urbana, la dimensione fisica dell’infrastruttura, potranno far parte del motore economico dei prossimi anni, non solo nel medio ma nel lungo e lunghissimo periodo.

A fianco delle strutture ospedaliere, le Rsa per l’evoluzione della popolazione, invecchiamento e allungamento della speranza di vita, sono diventate centrali nella gestione sanitaria nazionale. Oggi nel panorama italiano sono disponibili circa 300 mila posti letto in residenze socioassistenziali che si confrontano con una domanda potenziale di circa 550 mila posti. Se proiettiamo questi numeri nel lunghissimo periodo, al 2045, la domanda potenziale potrebbe essere doppia di quella attuale. Nell’ultimo triennio la crescita è stata di circa 4.400 di posti letto all’anno. A questa evidente carenza numerica si associa la necessità di miglioramento e trasformazione dei centri, non solo per le problematiche sanitarie che il virus ha messo in evidenza, ma per carenze tecnologiche e strutturali e per necessità sociali, per cui le costruzioni dovranno essere aperte al territorio, offrire accanto al servizio residenziale quello poliambulatoriale, l’assistenza domiciliare e mini-alloggi, asset privilegiati per volontà dei cittadini di vivere il più a lungo possibile in un luogo simile a una vera abitazione sicura e con possibilità di socializzazione.

La spesa per la sanità rappresenta circa il 9% del Pil nazionale. Le strutture, e gli ospedali in particolare, per il loro funzionamento consumano energia attraverso impianti che in discreta parte sono nella fase avanzata del loro ciclo di vita. Energia elettrica, circa il 35% del totale, e termica, il 65% del totale, con un costo che incide per circa il 5% del fatturato sanitario.

 

L’approccio all’economia circolare prende in considerazione l’intero ciclo di vita di un edificio, in modo organico, rispondendo alla visione di sostenibilità ed efficienza energetica e prestandosi ad essere portato su una scala più ampia, quella urbana. Le Nature Based Solutions, da questo punto di vista, possono rappresentare un nuovo paradigma di smart city, per le quali la tecnologia digitale è complementare alla vita dentro le città, allo sviluppo di forme organiche, alla moltiplicazione della biodiversità nelle metropoli. Un connubio tra naturale e artificiale in grado di promuovere partecipazione, cittadinanza sociale, inclusione, opportunità di lavoro e di nuova impresa.

Il raggio di azione si amplia da un concetto di edificio sostenibile e circolare a quello di abitare sostenibile e circolare, in un territorio che favorisce compensazioni virtuose e in cui pubblico e privati possono costruire progetti più complessi di rigenerazione urbana e di ottimizzazione dell’uso del suolo e delle risorse. I luoghi per la cura nella definizione più contemporanea sono parte integrante di questa economia.

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