Un appartamento milanese riadattato a studio di architettura è la prima casa dello studio: alcune postazioni di progettazione, una grande sala modelli e una piccola cucina. Qui nascono i primi lavori in ambito residenziale e i primi progetti di respiro internazionale come le filiali di Credit Suisse in Italia e Germania.
Lo studio si evolve e cresce negli anni, sia in termini di capacità propositiva sia di competenze. Nel 2013 Park Associati si trasferisce al primo piano di un ex fabbrica di telefoni in Città Studi, sempre a Milano.
In questo spazio, ulteriormente espanso nel 2018, oggi lavorano quasi 100 collaboratori fra architetti e interior designer, ricercatori, designer, grafici e figure a supporto della progettazione. Erano 20 nel 2013.
![Da sinistra, i fondatori Michele Rossi e Filippo Pagliani | ©Zoe Beltran](https://www.youbuildweb.it/wp-content/uploads/2025/02/ParkAssociati_da_sinistra_i_fondatori_Michele_Rossi_e_Filippo_Pagliani-_©Zoe_Beltran.jpg)
Con un fatturato in crescita costante, vicino a toccare gli 8 milioni di euro nel 2023, la società è composta da 9 associati: project director cresciuti nel tempo insieme allo studio. Supervisionando più di un progetto alla volta, rappresentano il principale filtro tra i due co-fondatori, Filippo Pagliani e Michele Rossi, e il resto dello studio.
I capi progetto – i project leader – si affidano alla collaborazione dei senior e degli junior affiancati da professionisti che lavorano in modo trasversale a supporto della progettazione.
L’interdisciplinarità fa sempre più parte dell’identità aziendale grazie a competenze tecniche sinergiche e allineate alla strategia di sviluppo dello studio. Nel tempo sono state molto rafforzate queste figure trasversali, fondamentali per la visione olistica del progetto, cui si affiancano, in base alle singole necessità, consulenti esterni, soprattutto negli ambiti ingegneria e project management.
Alle figure più prettamente tecniche si accompagna naturalmente il personale dedicato al marketing, alla contabilità, alla gestione economica. A cavallo tra le diverse aree si pone poi il gruppo strategy e new proposal dedicato alla prima fase dei concorsi e al business development.
Il collettivo guarda avanti, anticipando l’impatto a lungo termine dei propri progetti e dando forma a una moltitudine di esperienze, ricerche e prospettive, con l’obiettivo di arricchire la vita delle persone e stabilire una nuova armonia tra l’uomo e la natura.
Ogni progetto sviluppato da Park Associati, che sia di architettura, urbanistica, landscape, interior design e product design, trova forma nel suo specifico contesto, si immerge nella ricchezza di stimoli di ogni realtà, reinterpretandone l’identità profonda e proponendo una visione originale e coerente in tutti i suoi elementi.
![Park Associati team](https://www.youbuildweb.it/wp-content/uploads/2025/02/Park_Associati_team.jpg)
La progettazione da Park Associati è così un processo aperto che si alimenta del dialogo e mescola analisi e intuizione. La concretezza dei temi ambientali, sociali ed economici si unisce alla dimensione più intangibile dei valori e dei bisogni di committenza, fruitori e contesto, nella creazione di un metodo che permette di gestire ogni progetto in maniera efficace.
L’approccio all’architettura è analitico, pragmatico e calibrato, forte della tradizione e al tempo stesso capace di generare nuovi codici grazie a un processo che combina ascolto, intuizione e sperimentazione. Tramite l’ascolto, è possibile costruire un sistema di valori orizzontale in cui collaborazione e attenzione al dettaglio mettono l’essere umano al centro del progetto.
L’intuizione porta qualità e valore all’intervento progettuale: si accosta al processo analitico e decifra la complessità del contesto con soluzioni originali. La sperimentazione tipologica, formale, di linguaggi e la collaborazione con altre discipline è alla base del pensiero di Park Associati da sempre. Questa ricerca prende forma continuativa in Park Plus, una divisione interna che affianca il flusso di lavoro dello studio per migliorare il suo pensiero strategico e i suoi principi di innovazione.
Un filone di progettazione importante è da sempre legato agli spazi di lavoro, pensati per essere la casa di aziende o istituzioni pubbliche e accoglierne i valori identitari. Sempre più importanti sono anche gli sviluppi di residenze per studenti.
La rigenerazione urbana e il retrofitting di edifici storici e del Moderno sono altre tematiche chiave. Lo studio sta inoltre sviluppando una forte esperienza negli edifici a torre come l’edificio per uffici che darà nuova vita all’ex hotel Michelangelo a Milano o una torre multifunzionale a Monte Carlo.
Su scala territoriale lo studio sta sviluppando alcuni masterplan e interventi di rigenerazione urbana, tra cui la trasformazione del quartiere Bovisa con il progetto MoLeCoLa, vincitore del bando internazionale C40 Reinventing Cities e la riqualificazione del lungomare di Catania.
Il co-founder Michele Rossi e l’head of innovation Matteo Arietti spiegano genesi, crescita e prospettive di uno studio in continua evoluzione, capace con ogni progetto di reinterpretare e rigenerare la città attraverso nuovi modelli di vivibilità e sostenibilità, adottando l’adaptive reuse come strategia principale.
Come siete arrivati ad aggregare il vostro attuale organigramma? Quali sono state le principali tappe della crescita aziendale?
Michele Rossi. Park nasce nel Duemila, fondato da me e Filippo Pagliani. Ci siamo conosciuti, e sfiorati professionalmente, verso la fine degli anni Novanta nello studio di Michele De Lucchi. L’idea da subito è stata quella di creare uno studio svincolato da un modo tipicamente italiano rispetto alla figura del maestro.
Secondo noi – e questi anni l’hanno dimostrato – già allora si stava andando verso un’altra direzione: progetti sempre più complessi, che necessitavano quindi del coinvolgimento di diverse persone e professionalità, dove il gruppo supera l’individuo. Di fatto pensavamo a uno spazio di lavoro che fosse un parco creativo, un luogo di ritrovo per teste e saperi diversi, ed ecco la scelta di chiamarlo Park.
Nel corso degli anni è andato formandosi un ambiente dove le persone sono motivate e si trovano a proprio agio, dove si riesce a conciliare lavoro e vita privata. Qui le persone sono riconosciute come un collettivo di eccellenze, che ben esprime la cultura dello studio e i suoi obiettivi.
Fino al 2007-8 siamo stati uno studio piccolo formato da 5 persone, impegnate in numerosi concorsi e investimenti. Con la vittoria del concorso, con Cino Zucchi, per la sede di Salewa a Bolzano abbiamo vissuto un primo cambio di passo. Fino al 2015 abbiamo vissuto una crescita regolare e continua.
In quell’anno siamo passati da 25 a 50 persone: un grande e faticoso cambiamento che ci ha spinto a ripensare all’organizzazione aziendale. In questo è stato fondamentale l’ingresso in studio, nel 2017, di Francesca Moroni con cui abbiamo definito una nuova forma più gerarchica e strutturata della società accompagnata da una strategia a lungo termine e quindi a una definizione più accurata della nostra identità e della percezione che gli altri avevano e hanno di noi.
Fino al 2021 abbiamo vissuto un’ulteriore fase di crescita organica e lenta interrotta nel 2021, anno in cui, come nel 2015, siamo cresciuti in modo esponenziale. Questa crescita è stata resa possibile dalla solida base creata in precedenza.
Come si concretizza la progettazione firmata Park Associati? Come è organizzato il flusso del processo progettuale?
Michele Rossi. La dinamica dello studio, così come la qualità del progetto, è caratterizzata da un metodo di lavoro più che da uno stile o un linguaggio. Da sempre abbiamo cercato di seguire un nostro percorso ponendoci tante domande anche sulla correttezza dei processi interni.
Per farlo scegliamo sempre persone talentuose, ambiziose, complete in tutte le discipline di progetto, da interni ad architettura fino all’urbanistica e al paesaggio: qui non esistono figure meramente operative, sono tutti professionisti pensanti, cui viene data in modo graduale una grande responsabilità condividendo il disegno generale dello studio e comunicando con chiarezza i percorsi di crescita, la strategia e le linee guida delle risorse umane. Io e Filippo non ci siamo divisi le attività, ma per natura io sono più organizzativo, lui più tecnico.
I progetti iniziano sempre con una discussione di gruppo, mai da uno schizzo o da un’idea unicamente nostra. Non abbiamo mai concepito il progetto in modo molto rigido, accogliamo idee forti, coerenti e condivisibili anche a livello di processo. La forma è solo una conseguenza.
Ora la struttura aziendale è matura, ha acquisito il metodo Park, così noi a volte non serviamo più. Il metodo è sempre valido, come 20 anni fa, ma ora è più veloce e consapevole. Il nostro compito principale è una sorta di revisione e di art direction.
Trovo particolarmente interessante il vostro approccio alla ricerca, che intende spostare l’orizzonte sempre un po’ più avanti. Come descriveresti la logica della vostra sperimentazione?
Michele Rossi. Sì, questa logica fa parte del modo in cui lavoriamo: tendiamo a evitare la specializzazione e la ripetizione. Abbiamo allora sempre cercato di affrontare temi diversi, lavorando con brand di moda e allo stesso tempo progettando piani urbanistici. È in questo senso che siamo bravi a imparare.
Park Plus, che è il nostro dipartimento di ricerca, è nato per questo: dal nostro desiderio di imparare, studiare, sperimentare nuove tecniche costruttive, ed è uno spazio che tutti i collaboratori hanno a disposizione. Identifichiamo i temi che desideriamo approfondire, e negli spazi tra un progetto e l’altro si alimenta un sapere, si verifica un’intuizione.
Park Plus ci serve anche per differenziare i tempi della ricerca da quelli della committenza, ed eventualmente integrare i risultati della ricerca ai progetti in corso.
Matteo Arietti. L’ascolto, l’intuizione, la sperimentazione fanno parte del dna del nostro approccio pro gettuale. I processi di sperimentazione, in particolare, sono stati codificati in modo più strutturato nel 2019 con Park Plus da Michele Versaci, Andrea Riva e da me: è, ed è stato, un percorso articolato e complesso anche dal punto di vista economico in cui Michele e Filippo hanno creduto tantissimo.
La prima milestone è stata il libro manifesto Inlegno, frutto della ricerca svolta insieme a Bollinger+Grohmann sulle vaste e inesplorate potenzialità del legno nell’architettura del presente e del futuro.
Dal 2022 mi dedico a tempo pieno al gruppo di ricerca e di implementazione; Michele Versaci e Andrea Riva sono invece tornati a progettare. Ora quindi Park Plus è un organismo molto snello, fondamentale per dotare lo studio di argomenti teorici al passo con i tempi e per rimanere aggiornati su trend e know-how che vengono poi implementati nelle attività dello studio.
Park Plus affianca il flusso di lavoro dello studio aiutando a migliorarne il pensiero strategico, la carica innovativa e il posizionamento. È un microcosmo che entra capillarmente in tutti i team, un motore di idee e crossover tra architettura e cultura, un vero valore aggiunto dello studio.
![Studio Park Associati ©Nicola Colella](https://www.youbuildweb.it/wp-content/uploads/2025/02/Studio_Park_Associati_©Nicola-Colella.jpg)
Sempre in merito alla ricerca: quali sono i temi su cui state puntando oggi?
Michele Rossi. Negli ultimi anni ci stiamo interessando a quel che dimostra una forte relazione con la città, dallo spazio pubblico a processi che avranno un lungo tempo di gestazione, che hanno bisogno di tentativi, di errori e spazio di manovra.
Un altro tema fondamentale è l’urban mining, che qui in Italia è molto complesso per motivi legali e normativi. Ma ci stiamo lavorando, a piccoli passi. Si configurano come urban mining tutti i processi di recupero di materie prime dai materiali di scarto destinati a fine vita.
In quest’ottica si guarda ai rifiuti generati dalle città e dagli ambienti urbani, compresi i rifiuti da costruzione e demolizione, come a una risorsa preziosa. MI.C a Milano è uno dei primi edifici in Europa a implementare l’approccio urban mining nel suo processo di costruzione: stiamo riutilizzando parte del calcestruzzo esistente per costruire la nuova struttura e gran parte della facciata esistente per rivestire importanti porzioni degli spazi interni.
Matteo Arietti. All’interno di Park Plus confluiscono diversi gruppi di lavoro: ricerca e sviluppo, Design Technology, prototipazione e model making, ingegneria dei materiali e facciate. Il tema dell’involucro è stato indagato sotto molteplici punti di vista.
Park Plus ha approfondito idee tecniche relative a trasparenza e doppia pelle, studi formali riguardo l’impostazione prettamente compositiva e geometrica a supporto dei progetti in fase concorsuale, concept d’architettura circolare che si concentrano in maniera più specifica sul tema del riuso e sull’impiego di materiali meno canonici come, per esempio, la plastica riciclata.
La ricerca architettonica sta gradualmente spostando l’attenzione da un involucro completamente vetrato a porzioni sempre più opache. La sfida è quella di riscoprire alcuni materiali della nostra tradizione, come per esempio la terracotta e la ceramica, e di riproporli in chiave contemporanea.
Colpisce che usate raramente la parola sostenibilità: la mettete in pratica senza citarla? E come?
Michele Rossi. Per la noi la sostenibilità è un dato di fatto che interpretiamo in modo pragmatico e onesto. Abbiamo capito però che è necessario esporci maggiormente sul tema, lo faremo nel prossimo futuro con Atlas, un nuovo strumento di ricerca che nasce per misurare la sostenibilità dei nostri progetti, mettendo a sistema le nostre diverse competenze in modo puntuale.
Pratichiamo una sostenibilità molto spinta, più di quanto richiesto dalla normativa. Cerchiamo di andare oltre, ponendoci molte domande su quali passi in più possiamo fare e quali scenari contribuire a costruire. Studiare tecniche, tecnologie, materiali è una costante. Poniamo infatti particolare attenzione all’impronta carbonica dei materiali, ovvero alla quantità di emissioni prodotte durante il processo di lavorazione e posa, per un’economia circolare del progetto.
La ricerca dei nuovi materiali si intreccia con le esigenze dei team di lavoro, ma procede in parte con una sua autonomia, che permette di dedicare il tempo alla scoperta di nuove soluzioni che diventano sempre più spesso occasione di ispirazione e integrazione all’interno dei progetti.
Matteo Arietti. Michele e Filippo hanno sempre avuto un occhio di riguardo sull’esporsi attorno al termine sostenibilità. Atlas è la nostra risposta alla necessità impellente di confrontarsi con il tema della sostenibilità in architettura in modo critico e costruttivo. Siamo convinti infatti che l’architettura abbia un ruolo importante per sensibilizzare sul tema in modo concreto.
Atlas è un manifesto, con un’anima teorica basata sul racconto e l’elaborazione critica del complesso tema della sostenibilità, e un risvolto pratico che ha visto la definizione di strumenti concreti che guidano il nostro modo di fare architettura. Atlas è uno strumento operativo nato dall’unione dei protocolli Esg e gli SDGs delle Nazioni Unite, con il quale indirizziamo i nostri progetti verso una più concreta consapevolezza e responsabilità ambientale.
Atlas è uno strumento stratificato, che raggiunge capillarità grazie a cento strumenti che operano alla micro-scala. Cento strategie progettuali, dinamiche e adattabili alle condizioni del contesto, che hanno il compito di declinare nel dettaglio quanto delineato nell’impalcato sui cui si regge Atlas dal punto di vista teorico.
Usati nella quotidianità del progetto, questi strumenti permettono di raggiungere in maniera attenta e controllata risultati concreti che mettono al centro del processo progettuale la responsabilità ambientale. Atlas è uno strumento di lavoro dinamico con il quale
ci confrontiamo costantemente, entrato a far parte del processo di definizione di ogni progetto attraverso workshop interni finalizzati all’apprendimento degli strumenti e alla messa in pratica delle linee guida che rappresentano la nostra mission.
La cultura è uno strumento identitario dell’attività dello studio.
Matteo Arietti. Sì, esatto. La pratichiamo quotidianamente e, per metterla a disposizione di tutti, abbiamo creato Park Hub: uno spazio flessibile, situato al piano terra dello studio e aperto alla città, pensato per ospitare una programmazione di mostre, eventi e talk, curata da Costanza Nizzi, una figura dedicata a questo ruolo all’interno dello studio. Park Hub è un’occasione d’incontro e confronto con discipline artistiche, un luogo che accoglie il fermento e l’effervescenza culturale milanese e
internazionale per aprirsi a nuove prospettive sul mondo dell’architettura. Le occasioni che nascono con Park Hub diventano a volte temi di ricerca e di progetto; è successo recentemente con la mostra Micrographia – Redesign for Biodiversity di Johanna Seelemann curata da Costanza Nizzi, in collaborazione con Ricehouse, Arche 3d, Primat e con il supporto scientifico di Vivaio Bicocca e di Gustavo Gandini.
In linea con questo progetto abbiamo dato vita nell’estate 2024 al Dirty Lab Pavilion, un padiglione che abbraccia il ciclo di vita del micelio per esplorarne le potenzialità in ambito architettonico e un nuovo approccio alla sostenibilità, sviluppato nell’ambito del workshop Myco-fabrication organizzato da Domaine de Boisbuchet in collaborazione con il duo di designer francesi Aléa.
Senza dimenticare Park Stage, la serie di appuntamenti mensili in cui invitiamo professionisti di vari settori a raccontare la loro esperienza al team di Park e al pubblico esterno. Il fermento che si respira in studio favorisce la flessibilità e la capacità di rispondere alle sfide di ogni nuovo progetto.
![Spazio esterno della sede milanese ©Zoe Beltran](https://www.youbuildweb.it/wp-content/uploads/2025/02/Spazio_esterno_della_sede_milanese-_©Zoe_Beltran.jpg)
Qual è il vostro approccio sul fronte della formazione? Penso al Park Graduate Programme, ma non solo.
Michele Rossi. Le persone sono la nostra forza, in termini di professionalità e umanità. La capacità propositiva di Park Associati è frutto della qualità dei nostri collaboratori.
La capacità dello studio di reinventarsi e di consolidare il proprio percorso trova radice nell’altrettanto solido percorso di crescita che gli architetti intraprendono quando scelgono Park Associati. La formazione continua insieme all’investimento sui talenti è quindi cruciale. Le persone che lavorano qui sentono di crescere quotidianamente, percepiscono una propria evoluzione, hanno anche la possibilità di chiedere corsi di formazione ad hoc.
Negli ultimi anni abbiamo messo a sistema ciò che facevamo già in modo informale attraverso il Park Graduate Programme che si propone di offrire un’esperienza speciale a giovani professionisti di talento che si affacciano al mondo del lavoro, consentendo loro di entrare davvero in contatto con la stratificata multidisciplinarietà del mestiere dell’architetto.
Si tratta nel dettaglio di un tirocinio pensato per neolaureati che abbiano terminato il loro percorso magistrale in architettura o in ingegneria edile. La scelta dei candidati avviene tramite valutazione curricolare e colloquio a due step di selezione.
Durante questo periodo le persone hanno la possibilità di confrontarsi con le componenti più importanti della vita di studio: concentrarsi su ricerca e innovazione, affrontare il progetto e il suo sviluppo
dalle fasi più creative di concept e concorso alle fasi più avanzate di finalizzazione pratico-esecutiva, comprendere le componenti gestionali di marketing e amministrazione, lavorare sulle tante attività collaterali che costituiscono un fondamento imprescindibile del fare architettura.
Infine, che ruolo riveste la digitalizzazione nel percorso progettuale?
Matteo Arietti. In una realtà caratterizzata da dinamiche sempre più complesse, lo studio ha scelto la trasversalità e l’innovazione come strumenti per evolvere: Park Associati è oggi uno studio full-Bim, aperto alla contaminazione con il design computazionale e in grado di dare risposte coerenti con le nuove frontiere della progettazione.
Il dipartimento di Design Technology è costituito da un team di specialisti Bim e di Computational Design che lavora collaborativamente all’investigazione e all’implementazione di strumenti digitali innovativi atti a migliorare il processo progettuale all’interno dello studio.
Sperimentazione e collaborazione sono i principi cardine su cui si basa il dipartimento, che si pone come principale obiettivo quello di fornire supporto ai gruppi di progetto per il raggiungimento di soluzioni progettuali efficienti, informate e condivise.
Il gruppo opera sulle commesse attive sviluppando strumenti digitali e metodologie innovative volte a ideare, gestire e realizzare il progetto, dalla scala urbana a quella del prodotto. Il dipartimento porta avanti in parallelo attività di ricerca applicata per investigare nuove opportunità di miglioramento operativo e attività di formazione che fluidifichino la circolazione del know-how all’interno dell’ufficio.
Agli aspetti digitali del progetto si affianca il modello architettonico: strumento progettuale, di ricerca espressiva e di elaborazione identitaria che lo studio usa da sempre per raccontare concretamente la propria visione. Abbiamo così a nostra disposizione uno spazio dedicato al model making e alla digital fabrication: Park Lab, attrezzato con lasercut, fresa cnc, prototipazione rapida, tradizionali attrezzature da falegnameria e una cabina di verniciatura.
L’atelier interno permette di avere uno spazio di produzione e sperimentazione che sostiene il flusso di una sempre più ampia varietà di progetti su diverse scale e in diversi ambiti del design. Allo stesso tempo, la ricerca stilistica ed espressiva sui modelli consente di rendere leggibile l’identità dello studio.
Tre progetti
Pirelli 35
Snøhetta e Park Associati sono i vincitori del concorso internazionale per il recupero del complesso di via Pirelli 35, risalente agli anni Sessanta del Novecento, nel cuore di Milano. Giunte alla fase finale del concorso, le proposte dei due studi sono state entrambi ritenute in grado di interpretare perfettamente il brief del cliente – Coima – su aspetti complementari del progetto.
Coima ha quindi offerto ai due studi la possibilità di collaborare e creare il progetto ideale. Park e Snøhetta hanno raccolto la sfida e lavorato insieme intensamente, affrontando le complessità e sviluppando le dialettiche delle due visioni in gioco. L’intervento, il primo in Italia per lo studio norvegese, è quindi frutto di una grande collaborazione; gli architetti lo definiscono infatti “un matrimonio combinato perfettamente riuscito”.
Attualmente in costruzione, all’interno dell’area di Porta Nuova a Milano, il progetto fonde architettura, paesaggio e progettazione urbana per creare un edificio permeabile e accessibile al pubblico con un impatto ambientale ridotto.
Invece di optare per la nuova costruzione, Snøhetta e Park Associati hanno scelto di concentrarsi sulla ristrutturazione dell’edificio esistente e sulla creazione di un nuovo spazio urbano. Attraverso interventi mirati, il progetto ingrandisce e ottimizza le qualità estetiche e strutturali dell’esistente. “Per noi l’edificio più sostenibile è l’edificio già esistente” conferma Michele Rossi.
La ristrutturazione di Pirelli 35 è pensata e realizzata in continuità di scala e sulle linee degli edifici attigui. Vengono aggiunti all’edificio un nuovo volume e creato un attico sospeso sopra il ristorante sul tetto. Sulla via Bordoni, parallela a via Pirelli, viene inoltre creata un’estensione di sei piani, collegata al volume principale da un edificio ponte.
Rivestita in terracotta, l’estensione si confronta con la scala più piccola degli edifici residenziali circostanti, creando un contrasto studiato con i pannelli in calcestruzzo rinforzati in fibra di vetro utilizzati per rivestire l’edificio originale.
L’ala centrale dell’edificio esistente è stata demolita per generare a piano terra una corte spaziosa arricchita da un giardino. Generose aperture in vetro a tutt’altezza offrono luce naturale e trasparenza alla corte, abbracciando anche la geometria della sottile colonna doppia colonna che connota il rivestimento della facciata dell’edificio esistente.
L’edificio è organizzato in tre livelli visibilmente diversi: il piano terra e il nono piano sono molto trasparenti fornendo un alto grado di accessibilità. I piani da 1 a 8 ne costituiscono il corpo principale e ospitano gli uffici: un luogo di lavoro elegante e sobrio che riflette il linguaggio architettonico degli edifici per uffici circostanti. Infine l’attico al decimo piano, posto sopra la terrazza del nono piano, crea un punto panoramico sulla città.
L’ecosostenibilità è attuata attraverso una serie di interventi ponderati. Per tutto l’edificio sono stati utilizzati materiali a bassa emissione energetica o materiali riciclati mentre un grande impianto fotovoltaico alimenta una pompa di calore acqua-acqua per la generazione termica.
Un considerevole vantaggio si ottiene anche riutilizzando le strutture in calcestruzzo esistenti, essendo la produzione di cemento un processo ad alta emissione di carbonio. Inoltre, giocando sulla struttura a doppia colonna esistente dell’edificio, la facciata è stata leggermente arretrata per garantire il corretto controllo dell’apporto solare attraverso il disegno delle geometrie maggiormente aggettanti verso il lato sud dei moduli vetrati.
La scheda
Luogo: Milano
Cliente: Coima Sgr
Attività Park Associati: concept, progetto architettonico, direzione artistica
Superficie: 47.500 m2
Tipologia: edificio per uffici
Periodo: 2019 (concorso); 2019-2021 (progettazione); 2022-2025 (cantiere)
Certificazioni: Leed Platinum, Well Gold, WiredScore
Collaborazioni: Snøhetta, Ceas, EsaEngineering, Faces Engineering, GAe Engineering, Mpartner
Luxottica digital factory
Situato nel distretto Tortona a Milano, in un ex complesso della General Electric, l’intervento di recupero architettonico reinterpreta e rivitalizza il passato industriale con una visione contemporanea, coniugando innovazione e memoria urbana e creando spazi di lavoro pensati per la flessibilità, la collaborazione e il fluire natur ale delle idee.
L’edificio nasce a inizio Novecento come fabbrica di turbine e subisce nel tempo diverse trasformazioni fino all’acquisizione da parte di Luxottica, leader a livello internazionale nella progettazione, produzione e distribuzione di lenti e montature per occhiali, che ha avuto l’ambizione di dare nuova identità a un manufatto fortemente caratterizzato dalla vecchia impronta produttiva: 113 metri di lunghezza lungo via Tortona, 64 metri di profondità e 13 di altezza per un complesso con la tipica struttura della fabbrica, ossia tetto a shed appoggiato su una maglia strutturale regolare.
Il progetto di riqualificazione si è posto pertanto l’obiettivo di reinterpretare l’architettura industriale esistente mantenendo e, anzi, portandone alla luce i caratteri fondativi. Dopo un accurato rilievo dell’esistente attraverso scanner laser, con la restituzione grafica in 3D che ha permesso una progettazione Bim con modello digitale “multi-disciplinare integrato”, e la rimozione di tutte le superfetazioni interne risalenti alla fine degli anni Novanta per riportare alla luce la navata originaria, è risultata evidente la necessità di rinforzare la struttura esistente.
I volumi sono rimasti sostanzialmente invariati, al netto della demolizione di superfetazioni che avevano suddiviso l’interno in più piani e degli adeguamenti necessari secondo le normative in merito alla sicurezza e ai parametri di sostenibilità ambientale. La nuova architettura valorizza così il disegno storico delle travature del sistema di copertura portandole anche all’esterno e, ricostruendo i fronti, ne esalta l’andamento verticale.
Operando per sottrazioni successive, per raggiungere una pulizia formale e consentire una lettura immediata degli elementi strutturali nella loro forza costruttiva-compositiva, il progetto ha messo al centro la qualità architettonica e la sperimentazione tecnologica, con particolare attenzione a soluzioni sostenibili e al rispetto del tessuto sociale del quartiere.
L’involucro dell’edificio, frutto di una ricerca tecnologica avanzata, garantisce estrema trasparenza e luminosità. La facciata in vetro a tutt’altezza arricchita da lesene verticali in metallo bronzato che richiamano il ritmo degli shed industriali, valorizza la luce naturale creando un dialogo tra interno ed esterno.
Gli spazi interni luminosi e flessibili, progettati in collaborazione con StorageMilano, ospitano showroom, aree commerciali e il Digital Lab, il centro di innovazione tecnologica dell’azienda di occhiali. Il giardino interno e i patii verdi al primo piano favoriscono incontri informali e momenti di relax.
L’intervento si distingue per il suo impegno a rispettare i più elevati standard di qualità e sostenibilità, seguendo i criteri del protocollo Leed. Questo percorso ha portato all’ottenimento della certificazione Gold, un riconoscimento che testimonia non solo l’efficienza energetica e ambientale del progetto, ma anche il suo impatto positivo sulla comunità.
La scheda
Luogo: Milano
Cliente: Luxottica Group
Attività Park Associati: progettazione integrata, direzione artistica
Superficie: 9.000 m2
Tipologia: edificio per uffici
Periodo: 2017-2019 (progettazione); 2019-2022 (cantiere)
Certificazioni: Leed Gold
Collaborazioni: Marco Bay, Deerns, Esa Engineering, Msc Associati
Torre della Permanente
Progettata negli anni Cinquanta da Achille e Pier Giacomo Castiglioni e Luigi Fratino, la Torre della Permanente era un edificio di 12 piani aggiunto al palazzo omonimo, costruito nel 1886 su progetto di Luca Beltrami nel centro di Milano. Un’accurata analisi storica e filologica ha guidato il progetto di riqualificazione, risanamento conservativo e ampliamento della torre firmato da Park Associati, un intervento che parte dall’ascolto del contesto, fortemente connotato da architetture coeve, e dal rispetto per l’identità e il valore architettonico dell’edificio originale.
Il progetto instaura un dialogo equilibrato con la preesistenza d’autore, un esempio pregevole del Moderno milanese, conferendo una nuova efficienza all’edificio che mantiene la destinazione d’uso originale, arrivando a coprire circa 3500 mq di spazi adibiti a uffici. Ridotto al minimo l’impatto degli interventi che si sono concentrati sulla rimozione delle superfetazioni e sull’adeguamento alle attuali necessità impiantistiche e alle richieste prestazionali dell’involucro.
L’ampliamento consiste in una sopraelevazione, il cui fronte vetrato richiama la tradizione milanese delle torri del dopoguerra, generando un volume che si pone a coronamento dell’edificio. Le linee di costruzione del prospetto originale sono riprese ma declinate in chiave contemporanea, con un diverso approccio materico.
L’edificio esistente vedeva infatti l’impiego del cemento martellinato e di un rivestimento in klinker, mentre per la nuova volumetria sono stati utilizzati alluminio anodizzato e un rivestimento in laterizio a corsi rientranti e sporgenti, che crea un nuovo ritmo nella facciata. Il riposizionamento dell’aggetto del tetto nella parte superiore del nuovo volume sottolinea la coesione tra le due parti.
L’intervento sulla facciata esalta la pulizia formale delle linee verticali, rettilinee e parallele, sottolineandone il rigore compositivo. I serramenti vengono arretrati conferendo, grazie alle linee d’ombra più marcate, una maggiore dinamicità alla facciata. L’imbotte esterno, rivestito in lamiera bronzata, riprende la finitura e i toni cromatici del sopralzo.
Sulla parte superiore del serramento, infine, è alloggiato un sistema di illuminazione composto da un diffusore Led opalino che, nelle ore notturne, enfatizza la scansione ritmata del prospetto principale. Sul fronte interno della torre, il blocco delle risalite e i ballatoi sono rivestiti in lamiera stirata microforata color bronzo, richiamando le cromie e le finiture del sopralzo e delle imbotti delle finestre.
L’ingresso alla torre avviene tramite un vestibolo a cielo aperto sulla via, adiacente all’ingresso del museo della Permanente. La riqualificazione della hall, anch’essa di grande pregio architettonico, sottolinea i dettagli originali grazie alla rimozione delle aggiunte successive al progetto degli anni Cinquanta. La decorazione a mosaico del pavimento viene così riportata alla luce, così come le gole che contengono una fonte luminosa.
Per gli spazi interni il progetto ha dato vita a open space personalizzabili dai tenant che ne usufruiranno, all’insegna della funzionalità e della flessibilità. Gli uffici godono di un’ottima illuminazione naturale, grazie alle ampie superfici vetrate, e sono impreziositi da una vista speciale sulla città: da un lato le architetture contemporanee di Porta Nuova e dall’altro il tessuto storico denso della vecchia Milano.
La scheda
Luogo: Milano
Cliente: Artisa Group
Attività Park Associati: progetto architettonico, interior design spazi comuni, direzione artistica
Superficie: 6.450 m2
Tipologia: edificio per uffici
Periodo: 2021-2023 (progettazione); 2022-2024 (cantiere)
Certificazioni: Leed Gold
Collaborazioni: Archimi, Deerns, Gae Engineering, Invisible Lab, Planimetro, Ricci, Sce Project, Struttura