Lavorare sul patrimonio esistente è diventata una prassi consolidata e incentivata per i progettisti. L’idea di operare su edifici esistenti si è largamente diffusa tra tutti gli attori del processo costruttivo: i progettisti, i clienti, le amministrazioni pubbliche. Ciò avviene per motivi diversi, quali la sostenibilità economica o ambientale, la volontà di mettere a reddito immobili in stato di abbandono, il desiderio di preservare una memoria storica o il tentativo di razionalizzare il consumo di suolo. Gli approcci al tema sono molto diversi, influenzati dalle inclinazioni personali, dalle normative e dall’epoca e dal valore del manufatto su cui si opera. La questione potrebbe essere sintetizzata dalla domanda «che cosa e come conservare?», senza che esista una risposta univoca.
L’interesse sul tema era già stato sollevato con un certo anticipo da Rem Koolhaas con la ricerca Cronocaos, presentata alla Biennale di Venezia del 2010, il cui scopo era analizzare le modalità e le contraddizioni nel nostro modo di relazionarci con la memoria storica del costruito. Riguardo a queste contraddizioni è utile citare lo scalpore che ha sollevato la notizia che una delle ville progettate da Renzo Piano a Cusago nei primi anni Settanta rischiava di essere demolita. Un bene che a tutti appariva degno di essere tutelato non lo era per la burocrazia, tanto che le ville erano inizialmente quattro, ma qualche anno fa ne furono demolite due e la cosa sembrò non causare grande fermento.
Il mulino, il granaio, la casa padronale: tris di stili
Sotto questa prospettiva appare interessante il progetto di Featherston Young per il recupero del mulino a vento Jack e degli edifici adiacenti per farne una residenza privata nel West Sussex, in Inghilterra. Grazie alla scelta di conservare e riutilizzare tutti gli edifici presenti indipendentemente dal loro valore storico architettonico, si possono osservare modalità di intervento diverse. Il complesso è, infatti, composto da tre corpi principali di epoche e caratteristiche difformi.
Il mulino ottocentesco, dal nome di persona, secondo una tradizionale usanza per questo tipo di manufatti nel Sussex, è un monumento particolarmente noto, tutelato come Grade II (costruzioni particolarmente importanti o di un interesse speciale), secondo la normativa inglese. Il vecchio granaio invece risale al tardo Ottocento, la casa padronale è costruita come ampliamento negli anni Sessanta.
L’obiettivo dichiarato di uniformare il complesso in un’immagine allo stesso tempo contemporanea e rispettosa della tradizione appare centrato, grazie al lavoro dei progettisti svolto in costante collaborazione con gli enti pubblici per la tutela del patrimonio e le comunità locali. Gli interventi comprendono il restauro conservativo del mulino Jack, che ha interessato le strutture e i rivestimenti lignei, le pale e la copertura girevole metallica.
Diversa la ristrutturazione della casa padronale, a cui sono state modificate le facciate e la distribuzione interna, e il riuso del granaio, foderato da un nuovo volume con struttura in legno lamellare che si comporta come uno scrigno di protezione per l’edificio esistente. Oltre a questo sono aggiunte due estensioni sul tetto della casa e del granaio, dotate di ampie finestre che offrono un punto di vista nuovo tra Jack e Jill, un secondo mulino storico in un lotto confinante, restaurato da attivisti locali negli anni Ottanta.
Colori tradizionali
La casa padronale è l’edificio su cui si è operato con il maggior grado di libertà: la disposizione interna dei locali viene radicalmente cambiata, spostando al primo piano l’ingresso nell’area living-cucina, dalle cui finestre si ha una vista aperta sul paesaggio circostante. Le facciate sono rivestite con doghe e pannelli di legno verniciato nei colori bianco e nero, vernacolo dei mulini a vento del Sussex dove il nero rappresenta le parti statiche e il bianco quelle in movimento.
Il rivestimento in mattoni del piano terra viene mantenuto, dando luogo a un forte contrasto nell’utilizzo dei materiali, ben individuati in tre fasce orizzontali corrispondenti ai tre livelli dell’edificio. Il volume del granaio è più massiccio e il nuovo volume in legno nero si pone in relazione con la torre del mulino Jack. L’intervento su questo edificio ha una presenza forte e, se appare invasivo nel modificare la volumetria e gli spazi interni, da un punto di vista conservativo si limita a incapsulare l’esistente in una nuova struttura che è una reinterpretazione della maglia dei solai lignei originali, ancora visibili all’interno.
Gli spazi interni sono organizzati attorno a un grande open space pensato per cene, eventi e serate musicali: benché si tratti di uno spazio privato, resta accessibile al pubblico in diverse occasioni. Come avviene per gli esterni ci si trova in uno spazio in cui colpisce la disinvoltura nell’accostare una varietà di materiali mescolandone di nuovi e di esistenti.
Volumi po-up
Sulla copertura della casa e del granaio sono stati aggiunti due piccoli volumi: questi spazi pop-up, che sottolineano gli accessi, sono l’elemento completamente nuovo e distintivo dell’intervento. Rivestiti con pannelli di alluminio perforato dall’aspetto decisamente odierno, hanno in realtà molti richiami alla tradizione: il metallo è elemento ricorrente per le coperture nell’architettura rurale, solido schermo per proteggere i granai.
Il materiale utilizzato riflette il movimento del cielo, donando ai volumi un dinamismo ulteriormente accentuato dal pattern a fori studiato per richiamare l’ondeggiare del grano nel vento. Inoltre l’alluminio, invecchiando, si ossiderà assumendo un colore bianco polvere, uniformandosi al bianco della copertura girevole di Jack. Ci si trova così di fronte a un piccolo contenitore di pratiche diverse nell’accostarsi al patrimonio esistente che varia dalla conservazione all’integrazione, dalla salvaguardia all’ampliamento. Il tutto assume infine un’immagine unitaria, guidata da una mano coraggiosa e rispettosa: due aggettivi che dovrebbero entrare a far parte di ogni progetto che opera su un bene della nostra storia.
LA SCHEDA
Committente: Jolyon and Claire Maugham
Progetto: Featherstone Young
Consulente per la conservazione: HB Archaeology and Conservation Ltd
Consulente per il restauro del mulino: Bonwick Milling Heritage Consultancy
Strutture: Morph Structures
Superficie totale: 412 mq
Costo totale: 1.000.000 £
Info: featherstoneyoung.com
Foto: © Tim Brotherton, courtesy Featherstone Young
(Riccardo Maria Balzarotti)