Ferrara è una perla del Rinascimento italiano. Il suo valore è stato ufficializzato con il riconoscimento nel 1995 di Patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Una patente e, contemporaneamente, una vetrina che pone la città estense al centro dell’attenzione di un certo turismo culturale. Ma con gli onori arrivano anche gli oneri e le connesse responsabilità. Per questo, l’abbandono e la mancanza di progettualità del settore sud della città storica risultano ancora più gravi. Invece di risarcire i danni delle dissennate demolizioni che, fra la fine Ottocento e l’inizio del Novecento, hanno smembrato, mattone dopo mattone, buona parte della fortezza, la città moderna si è chiusa verso il Po e ha collocato in questa fascia una indistinta sequela di edifici produttivi privi di qualità.
Unico elemento di valore è la palazzina degli uffici del locale Mercato Ortofrutticolo, noto a tutti i Ferraresi doc come il Mof. Parliamo di un edificio dai chiari stilemi razionalisti propri del ventennio fascista.
Progettata dagli ingegneri Alfredo Caccia, Carlo e Girolamo Savonuzzi, è stato inaugurata nel 1937. La sala delle contrattazioni è il cuore dell’edificio, un ampio ambiente con volta a botte e splendidamente affrescata nelle due testate, dal pittore di Bondeno Galileo Cattabriga. L’artista ha raffigurato scene agresti di lavoro nei campi con uno stile a cavallo fra realismo e post-impressionismo.
La palazzina, insieme a tutto il comparto, vive un colpevole letargo dal 1988, anno in cui ha chiuso il mercato, trasferito in un nuovo complesso realizzato alle porte sud della città. Fino a metà degli anni Novanta la palazzina ha ospitato l’orchestra a plettro Gino Neri, complesso amatoriale, ma conosciuto ed apprezzato a livello internazionale. È un uso troppo episodico per permettere di mantenere l’edificio in buono stato. Il letargo è diventato presto incuria e a questo è subentrato uno struggente degrado.
Il recupero è arrivato con i fondi per la ricostruzione del sisma 2012. Grazie alla testardaggine dell’Ordine degli Architetti locale, supportati da Comune e Regione, il programma di recupero ha preso corpo nel 2014, con un concorso di progettazione in forma anonima, vinto dai giovani QB Atelier e FèRiMa, con una proposta estremamente rispettosa dell’immobile, ma allo stesso tempo innovativa e di carattere.
Nella loro prefigurazione, il Mof ritorna a essere uno spazio accogliente che si apre alla città. Al piano terra sono ubicati gli uffici dell’Urban Center, un punto ristoro, spazi per il coworking e un grande spazio polivalente per eventi. Al primo piano è inserita la sede istituzionale dell’Ordine e della Fondazione degli Architetti raggiungibile sia tramite la scala originaria, (splendidamente recuperata e valorizzata da un nuovo efficacie sistema di illuminazione a sospensione), sia per mezzo di un nuovo ascensore.
Per attuare questo programma i giovani progettisti hanno previsto pochi gesti, ma netti. Prima di tutto con l’interruzione dell’alto muro di cinta, che delimita l’intero perimetro del mercato, creando due ampi varchi pedonali in corrispondenza della palazzina. Inoltre, con la sostituzione dei portoni originari con ampie vetrate. In questo modo l’edificio ritorna a essere attraversabile, fisicamente e visivamente, non più impenetrabile e, quindi, posto in un rapporto quasi osmotico con il contesto. La sala delle contrattazioni diventa il centro della composizione sia sotto il profilo rappresentativo, per una ritrovata funzione pubblica, sia come elemento funzionale, divenendo lo snodo di tutti i flussi interni.
La ridefinizione degli spazi e percorsi è attuata tramite un sistema di arredi, che costituisce una spina dorsale centrale presente sia al piano terra che al primo. Questa parete attrezzata alterna elementi contenitori a semplici divisori traslucidi, filtrati da delle griglie, oltre a integrare l’impiantistica meccanica ed elettrica. L’elemento è denunciato con una colorazione scura che, però, ben si accorda con gli affreschi e con le pavimentazioni ceramiche originarie, caratterizzate da semplici geometrie policrome nella gamma dei grigi e dei beige.
Gli altri interventi sono stati realizzati in massima parte con metodologie a secco. Questa scelta è motivata sia dalla necessità di efficientamento energetico dell’involucro, mediante l’introduzione di contro-pareti e controsoffitti isolati, ma anche per ottemperare a un inevitabile adeguamento sismico delle strutture portanti. Questi ultimi interventi non sono certo «omeopatici», ma lavorazioni molto rilevanti e, quindi, potenzialmente impattanti, soprattutto in un contesto storico. Sì è perciò scelto di impiegare telai e tiranti metallici, che poi occultati integralmente negli stessi sistemi a secco di interparete.
Nelle fasi di indagine conoscitiva delle superfici è emersa la colorazione originaria, che uniformava tutti i prospetti. Un verde tenue che potrebbe risultare anomalo e fuori luogo ma, forse, nel nostro giudizio, siamo fuorviati dalle immagini che siamo abituati a vedere sui manuali di storia dell’architettura, tutte invariabilmente in bianco e nero. Questa scelta filologica, invece, restituisce una architettura allo stesso tempo austera e spaesante, in quanto venata da una marcata componente metafisica.
A nostro avviso il prospetto principale del Mof non sfigurerebbe in una composizione di Giorgio De Chirico che proprio a Ferrara, nel suo soggiorno fra il 1915 ed il 1918, abbandonò il linguaggio figurativo dell’accademia per sperimentare nuove strade che lo hanno reso una figura determinante del Novecento.
di Ilaria Bizzo e Stefano Cornacchini (da YouBuild n. 24)
LA SCHEDA
Cliente: Comune di Ferrara
Progetto: QB Atelier (Filippo Govoni, Federico Orsini), FèRiMa (Riccardo Russo)
Strutture: Hi-Tech Project
Impianti elettrici: Andrea Guaraldi
Impianti meccanici: Andrea Maresti
Impresa edile: AhRcos
Realizzazione: Concorso 2014, Cantiere 2018-2020
Info: www.qbatelier.it
Fotografie di: Andrea Bighi, QB Atelier