Non una casa, ma addirittura la Lego House: che cosa chiedere di più?
Costruire case con i mattoncini Lego è l’esperienza più comune ai bambini di tutto il mondo. Non lo è per gli architetti ma, appena si presenta l’occasione, ecco che il sogno si avvera.
Come? Grazie alla Lego House.
Quale combinazione «nomica» potrà condurre la scala di un mattoncino in plastica a quella di una nuova architettura da abitare? Una strana alchimia in cui lo studio Bjarke Ingels Group (Big), incaricato del progetto della Lego House a Billund, Danimarca, tiene insieme architettura e marketing, per un progetto affidato a chi per affinità elettive ha fatto della comunicazione una strategia di architettura.
Le radici del gioco dei mattoncini Lego affondano cronologicamente in un periodo storico dell’architettura ben preciso e in un contesto geografico di contiguità e continuità, per cui potremmo quasi pensare a un nesso tra la strategia del mattoncino e della sua tecnica esattissima di montaggio e la libertà di comporsi in infiniti modi per dar vita a mondi simultanei reali e immaginari.
Proprio come enunciato nel 1917 dal De Stijl nel suo manifesto, dove corporeità e spazio fisico si fondono per dare vita a una astrazione sensoriale diversa. Un’alchimia che viene da lontano e che affonda le radici in un Neoplasticismo in bilico tra la Maison d’Artiste di Theo van Doesburg e Cornelis van Eesteren del 1923 e il rigore espressivo dei colori che, nei loro rapporti spaziali e percettivi, individuano ciascuno differenti aspetti dell’apprendimento: rosso per la creatività, il blu per la cognitività, il verde per il sociale e il giallo per l’emozionale.
La Lego House è gioco, ma un gioco serio
La Lego House, per stessa ammissione dei progettisti, è un esperimento di creatività che porta la scala del mattoncino Lego da quella del gioco a quella dell’architettura affinché ognuno possa «creare i propri mondi ed esplorarli attraverso il gioco» immaginandoli più «eccitanti ed espressivi dello status-quo». Esattezza, questa è la caratteristica geometrica del brand che descrive tutto il Museo. La perfezione dei componenti, insieme alla modularità e alla componibilità, fa in modo che le combinazioni possano essere infinite e continue nel tempo.
Questa è la natura distintiva del mattoncino Lego. Il Museo la racconta attraverso quattro sezioni, concepite secondo combinazioni possibili del gioco e riferibili ai colori primari Lego, poggiate su una base (la piazza) che diventano un sistema centripeto per uno spazio espositivo continuo, fluido, aperto al contesto e alle infinite possibili configurazioni cui il progetto allude.
Lego House e Lego Piazza per i bambini
L’idea spaziale è concepita intorno ad una piazza urbana, simbolo della Capitale dei Bambini, su cui è organizzato un programma funzionale che comprende sia i servizi del Museo (biglietteria, caffè, ristoranti, Lego store) sia altri a uso della città, quali la sala conferenze e altre facility, che permettono alla nuova architettura di diventare un vero luogo di aggregazione aperto alla collettività.
La piazza ha come fulcro una rampa che avvolge un enorme albero di mattoncini e, allo stesso tempo, organizza lo spazio verticale introducendo il visitatore agli ambienti espositivi veri e propri. Questi si presentano come aperti e continui, accessibili da punti diversi e organizzati sui due piani in una sequenza di gallerie espositive contenute in 21 blocchi sovrapposti, plasticamente sospesi.
Una permeabilità verticale, che tende a far confluire lo sguardo verso l’ultimo livello, dove è collocata la Masterpiece Gallery, in cui è celebrato e innalzato alla scala urbana il pezzo base dei mattoncini Lego, il 2×4 Block, con i suoi otto lucernai circolari, che corona il sistema compositivo quale simbolo identitario di un vero e proprio urban-brand. Sopra questo elemento si trova una terrazza panoramica che consente di osservare lo skyline della città di Billund, le cui vicende urbane sono strettamente legate alla fabbrica Lego prima, e al suo parco tematico poi.
Architettura modulare, economia circolare
La Lego House rappresenta un monumento alla testimonianza di radicamento e identità di un’intera città e al contempo è una celebrazione della sua operosità che, dalla felice intuizione di lavorare degli scarti di produzione, dagli anni Trenta del Novecento è diventata un riferimento educativo e culturale per milioni di bambini e di adulti.
Il Museo, sebbene posto in posizione marginale rispetto al complesso industriale Lego, rappresenta un luogo di interazione con la città stessa. Un allestimento esterno, pensato anch’esso come un gioco, definisce una soluzione di continuità che permette una relazione con un’area urbana in cui la decontestualizzazione è la norma.
Big sperimenta il limite tra gioco e realtà, creatività e tecnica, e ci rende partecipi del fatto che non tutto è risolvibile con un semplice mattoncino. Usa una grammatica raffinata e invisibile, che restituisce un aspetto patinato dove l’appropriatezza delle soluzioni tecnologiche è volta all’eliminazione di conflittualità tra l’immagine del prodotto Lego e la sua evocazione architettonica, in ogni dettaglio e a ogni scala.
Qui, infatti, a differenza di quelli costruiti da bambini e grandi di tutto il mondo, l’edificio non è un giocattolo, non si smonta facilmente, e il suo assetto è fisso, al massimo può essere allestito con flessibilità. La sfida comunque è vinta, aspettando tanti altri piccoli architetti pronti a cimentarsi con il gioco più bello del mondo. E tutte le architetture ancora da inventare.
LA SCHEDA
Committente: Lego Group
Progetto: BIG_ Bjarke Ingels Group – www.big.dk
Collaboratori: Cowi, Dr. Lüchinger+meyer Bauingenieure, Jesper Kongshaug, Gade & Mortensen Akustik, E-types
Superficie totale: 12.000 mq
Emilia Corradi, Architetto PhD e ricercatore in Composizione Architettonica e Urbana presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, Politecnico di Milano. Si occupa di progettazione architettonica in particolare sui temi del riciclo dei manufatti infrastrutturali alle diverse scale soprattutto nei territori minori. Ha partecipato a numerosi concorsi e bandi nazionali e internazionali ottenendo diversi riconoscimenti. I suoi progetti e i suoi scritti sono pubblicati su cataloghi e riviste nazionali ed internazionali.
Complimenti, articolo interessante e bel sito! 🙂