La presenza di un fiume è sempre stato, storicamente, un fattore determinante per la fondazione di una città. La risorsa idrica risultava imprescindibile in quanto garantiva, oltre a un’agevole fonte di approvvigionamento per gli usi domestici e irrigui, anche forza motrice per gli opifici e una via di comunicazione per i commerci.
Non fa eccezione la città di Ferrara, attraversata dal Po di Volano, ramo che si stacca a Stellata dal corso del fiume principale. Qui troviamo un pregevole esempio di architettura militare medioevale poi ampliata dagli Estensi in epoca rinascimentale.
Il fiume, attraversando il primo nucleo industriale della città, amplia la propria sezione per formare una darsena che nei primi anni del ‘900 viene dotata di banchine e di vasti magazzini.
L’avvento massiccio del trasporto su gomma, che inizia nel primissimo dopoguerra, comporta una progressiva dismissione della funzione logistica fino ad arrivare a un completo abbandono negli anni ‘70.
Nel decennio successivo si registra un tentativo di rilancio dell’area a fini diportistici e ludico-sportivi, ma l’operazione risulta fallimentare. Le funzioni insediate si sono rivelate scarsamente attrattive e il luogo, in generale, è risultato mal strutturato e poco accogliente. La darsena era inoltre completamente scollegata dai percorsi da e per il centro storico e mal servita da parcheggi.
Kintsugi urbano
L’occasione di riqualificazione arriva con il finanziamento ottenuto dal Comune di Ferrara con la partecipazione al bando nazionale per la rigenerazione delle periferie. Viene incaricato, a seguito di concorso bandito nel 2019, lo studio Inout, sodalizio umano e professionale formato da Valentina Milani e Mario Assisi.
Il progetto viene premiato proprio perché, meglio di altri, affronta il tema della riconnessione dei nuovi percorsi in calcestruzzo che affiancano le pavimentazioni preesistenti in porfido di quest’area con la trama del tessuto circostante riflettendo sui cambiamenti in atto nell’intero comparto e scoprendo le potenzialità nascoste del sito.
La darsena pressoché abbandonata e fortemente degradata non viene stravolta ma reinterpretata mediante alcuni chirurgici inserti e mirate sostituzioni. I progettisti, pur non seguendo l’impostazione formalista del progetto precedente, ne mantengono molte componenti applicando un approccio molto simile al “Kintsugi” della cultura giapponese.
In questa pratica, gli oggetti rotti non vengono buttati ma riparati, rendendo evidente, anzi preziosa, la risarcitura. Allo stesso modo Valentina e Mario conservano la pavimentazione in porfido della banchina, presente sull’intera lunghezza del sito con sezione variabile, l’invaso dell’anfiteatro, posto in posizione mediana, e il verde, eroicamente sopravvissuto alla cementificazione degli anni ‘80 in forma di asfittiche aiuole.
I nuovi percorsi
A questi frammenti aggiungono nuovi layers dedicati a nuovi percorsi e dotazioni utili per prefigurare possibili inediti usi. Il selciato in cubetti viene intersecato o affiancato da nuovi tracciati, realizzati in calcestruzzo di colore chiaro finito a elicottero, che nelle testate creano efficaci connessioni alla viabilità pedonale e ciclabile.
I getti in calcestruzzo vengono poi risvoltati divenendo sedute, rampe per skaters e bordature per il verde. L’anfiteatro, da elemento statico, diventa piazza dinamica che accoglie una nuova pavimentazione anti trauma, color giallo oro, su cui vengono posizionati nuovi arredi, nuovi giochi e un’esile rampa metallica che connette la banchina con la strada carrabile che corre parallela a tutto il comparto.
Fra questa arteria e la passeggiata del lungo fiume viene creato, de-pavimentando vaste aree, un parco lineare. Questo nuovo elemento riconnette e mette a sistema le alberature preesistenti, in massima parte ontani e pioppi bianchi, integrandoli con nuovi esemplari di acero campestre e di pruno.
La superficie viene vegetata in forma di prato rustico, sia con essenze estensive, graminacee e fiorite, sia con essenze arbustive. I progettisti hanno avuto cura di scegliere vegetali a basso consumo di acqua e con limitata necessità di manutenzione quali la cannuccia palustre, i salici, i sambuchi e i cornus, tutte tipiche delle aste fluviali padane.
Il nuovo spazio pubblico è stato di recente integrato, in una delle testate, con una pensilina fotovoltaica utile alla sosta ed alla ricarica delle e-bike.
In ascolto del contesto
L’insieme ci restituisce un’immagine molto rilassante, armonica e cangiante, grazie alla componente vegetale che varia come colori e profumi nelle diverse stagioni dell’anno.
Ci sembra evidente che i progettisti abbiano volto il loro sguardo ai migliori esempi europei, adattando alla cultura italiana modelli iberici e in parte francesi. Lo studio Inout ha compiuto un piccolo miracolo restituendo ai ferraresi un brano della loro città che per decenni è stato marginale. Il successo del progetto è testimoniato dall’uso assiduo e quotidiano in diverse fasce orarie e con la presenza di un ampio spettro generazionale di utenza.
Un’area così degradata poteva risorgere solo grazie alla grande sensibilità dimostrata da Inout che ha scelto d’intervenire in modo allo stesso tempo discreto e deciso, senza ricercare stucchevoli effetti speciali ma mettendosi in ascolto del contesto, creando così un riuscito esperimento di spazio pubblico che coniuga la città con gli elementi naturali nascosti e vilipesi.
Ora il testimone passa alla comunità, che dovrà farne un uso rispettoso e consapevole, e all’amministrazione, che dovrà programmarne l’uso e la manutenzione in modo accorto e costante.
di Ilaria Bizzo e Stefano Cornacchini
LA SCHEDA
Opera: Riqualificazione Parco della Darsena
Committente: Comune di Ferrara
Progetto e foto: Inout architettura