Quando si discute della tutela di un edificio storico come si fa a conciliare la conservazione con la sicurezza, il rispetto dei canoni architettonici dell’opera con la sua stabilità strutturale e, quindi, con l’esigenza di salvaguardare le vite umane?
A questo interrogativo si è provato a rispondere nel corso del convegno Tutela e sicurezza del costruito storico: quadro normative e prospettive ospitato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, dal Consiglio Nazionale degli Architetti e dall’Associazione Tecnologi per l’Edilizia (Ate), con la collaborazione della Fondazione Cni.
L’incontro ha rappresentato un’ottima occasione per contribuire a un dibattito che da molto tempo si svolge tanto nelle sedi scientifiche che in quelle del confronto quotidiano sul campo tra gli attori di questo processo. I lavori sono stati preceduti dai saluti iniziali del Presidente del Csllpp Massimo Sessa che ha detto: «È necessario ricercare una sintesi sostenibile tra tutela del bene artistico e tutela della vita umana. Occorre sviluppare delle sinergie per far sì che si arrivi a questa sintesi».
Lo scopo principale di questa iniziativa è stato quello di portare all’attenzione delle istituzioni competenti, la necessità di riflettere su una questione specifica degli edifici sottoposti a tutela ai sensi del dlgs. 42/2004: il rapporto tra l’istanza irrinunciabile della tutela e quelle, altrettanto rilevanti, che attengono alla valutazione della sicurezza ed agli esiti conseguenti del processo progettuale che ne tracci la storia partendo dalla comprensione dell’insieme di segni, espressione del tempo.
La presenza del Mit e del Mic, nella prestigiosa sede del Parlamentino del Cslp, hanno reso quest’occasione davvero centrale in un dibattito che da molto tempo si svolge tanto nelle sedi scientifiche che in quelle del quotidiano confronto, sul campo, tra gli attori di questo processo.
Le relazioni hanno evidenziato come la declinazione di questi argomenti attenga a questioni di varia natura, a cominciare dalla centralità del linguaggio del restauro che pone la necessità di quanto si vuole conservare della complessità identitaria, al valore che la stessa assume quando la si accompagna con la specificazione strutturale, al ruolo dell’ingegneria sismica e delle strutture in generale, agli attori del processo (progettisti, committenti, imprese, enti preposti al controllo), ai profili di responsabilità, all’organizzazione e alle risorse del sistema del controllo.
Il tutto nel quadro generale di riferimento delle norme esistenti, in un Paese in cui la regolamentazione normativa si declina anche tramite decreti ministeriali che, tuttavia, devono necessariamente rispettare la fonte giuridica gerarchicamente superiore.
Alberto Romagnoli | Consigliere Cni con delega alla comunicazione
Se torniamo al tempo un cui sono stati creati gli Albi degli Ingegneri e degli Architetti, l’Italia non era classificata sismica e non esistevano norme per progettare strutture antisismiche. Rispetto ad allora, oggi l’approccio alla tutela del bene deve intendersi integrata e coordinata e deve combinare le questioni più estetiche con quelle di conservazione della struttura e di risposta alle sollecitazioni statiche e dinamiche. La tutela del bene culturale non può più essere garantita con la distinzione dei ruoli tra ingegneri e architetti ma va perseguita con l’integrazione delle competenze di entrambi, in chiave paritetica e non di sudditanza di una categoria professionale rispetto all’altra. Anche il ruolo del coordinatore del progetto non può essere delegato a una specifica categoria professionale, ma deve essere attribuito al professionista che è in grado di coordinare diverse competenze con tecniche di management. La ricerca dell’integrazione professionale paritaria tra ingegneri e architetti è la nuova visione per la tutela dei beni culturali.
Ing. Donatella Guzzoni | Ate
Le opinioni non sono allineate, i pareri sono diversi, il dibattito esiste ma su un punto tutti concordiamo: è necessario conciliare la conservazione e la sicurezza. Le norme attuali non aiutano ma occorre lavorare in quella direzione.
Prof. Carlo Blasi
La normativa tradizionale prevede che gli interventi, anche sismici, su beni tutelati rispondono sempre alle soprintendenze. C’è confusione. Il restauro è sempre un compromesso tra conservazione e stabilità. Sono numerosi gli esempi che illustrano come la legislazione attuale generi un contrasto tra le due esigenze. Servono alcuni principi di riferimento: un’approvazione unica dei progetti; nessuna norma tecnica può essere cogente ma deve valere come riferimento; i progetti relativi agli edifici tutelati devono essere realizzati da tecnici competenti.
Prof. Antonio Borri
Viene prima la conservazione del bene o la sicurezza delle persone? Ricordiamo che se un edificio rimane in piedi, si salvano anche le vite delle persone. Abbiamo innumerevoli casi di edifici danneggiati dai terremoti che hanno subito interventi di restauro ma su cui non erano stati fatti interventi in termini di sicurezza statica. Se non si fa prevenzione si raccolgono macerie. Le norme per conciliare sicurezza e conservazione esistono già, basta interpretarle bene e applicarle. Ma quante sono le Soprintendenze che hanno competenze strutturali?
Arch. Anna Buzzacchi
Nessun aspetto di un bene va privilegiato a scapito di altri. Serve un approccio olistico all’architettura. Abbiamo bisogno di un quadro normativo adeguato e di attività multidisciplinari. Dobbiamo superare l’anacronistica contrapposizione tra ingegneri e architetti.
Edoardo Cosenza | Consigliere Cni
Il caso Norcia è emblematico. Si può vedere come gli interventi successivi al terremoto del 1997 hanno salvato la città nel suo complesso ma, al tempo stesso, sono crollate diverse chiese che non avevano subito interventi di messa in sicurezza statica. Questo dice tutto sulla necessità di intervenire sulla struttura degli edifici. Faccio appello al presidente Sessa affinché si riprendano in mano le Linee Guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale.
Giovanni Cardinale | Già consigliere Cni
Siamo in una situazione in cui si cerca la sicurezza senza se e senza ma, costringendo il progettista ad assumersi tutte le responsabilità, anche quelle che non sono sciolte dalle norme. Dobbiamo capire che il rischio non si può controllare solo attraverso una norma, per quanto ci si sforzi di calcolare tutto è impossibile controllarlo del tutto. Non a caso diciamo che il rischio zero non esiste. È necessario introdurre nella normativa la categoria del rischio.