Il tema del recupero è una delle sfide dell’architettura contemporanea. L’ingorda attività edilizia continua a fagocitare, a ritmo costante, interi comparti di territorio, nonostante ogni nuovo strumento urbanistico varato riporti, fra i propri slogan, “zero consumo di suolo”.
Evidentemente, il meccanismo si inceppa in qualche complesso ingranaggio della macchina burocratica pubblica, e la tragica conseguenza è che, per gli operatori del settore, risulta ancora più appetibile far avanzare il tessuto urbano piuttosto che intervenire all’interno del perimetro già antropizzato, rimettendo in gioco i piccoli e grandi relitti edilizi che punteggiano le nostre città.
Questi edifici fatiscenti, oltre ad essere antiestetici, sono spesso fonte di degrado ben oltre lo stretto recinto della proprietà interessata, perché spesso portano con sé fenomeni di marginalità fisica e sociale che possono pregiudicare la qualità di vita di interi quartieri.
Riteniamo quindi particolarmente significativo raccontare un intervento che, in modo virtuoso e chirurgico, risolve una situazione di degrado. Ci è sembrato più utile focalizzarci su un intervento tutto sommato di piccola scala, piuttosto che orientarci su processi di rigenerazione di vasta entità, essendo questo più vicino alla pratica professionale quotidiana e quindi per noi maggiormente emblematico.
Il quartiere, l’edificio
Ci spostiamo idealmente a Modena all’interno di un tessuto consolidato posto ad est del centro storico, realizzato, in prevalenza, nel primo ventennio del Novecento.
Un quartiere ordinato e regolare, segnato da una viabilità ampia spesso delineata da filari di alberature, che non di rado include anche piccole attività produttive, in questo caso un’acetaia.
Un contesto connotato da un aspetto sobrio e curato ma privo di emergenze, dove le tinte prevalenti sono il rosso del mattone faccia a vista e il giallo ocra chiaro degli intonaci.
L’edificio ha una forma rettangolare allungata 6,8×23,5 m, ed è segnato da un passo regolare di grandi aperture che vengono mantenute in modo integrale. Un involucro molto semplice e tutto sommato banale che non spicca sul contesto e non si distingue per particolari peculiarità.
La grande scala a chiocciola
Lo studio Lamber+Lamber, di San Giovanni in Persiceto Bologna, decide di non porre in facciata elementi visibili che denuncino il nuovo intervento e giocano sull’effetto sorpresa.
Varcato il portale originario, posto sulla strada pubblica, viene creato un elemento di filtro, una sorta di microspazio urbano aperto ma coperto, che ci fa già intravedere lo spazio interno riqualificato.
L’occhio viene subito calamitato dalla grande scala a chiocciola, realizzata in carpenteria metallica smaltata in verde brillante, che diventa allo stesso tempo fuoco visuale e motore della composizione.
La forma plastica della scala viene ulteriormente rafforzata, e in un certo qual modo ammorbidita, dal rivestimento delle pedate realizzato in legno di faggio. Il resto del piano terra è un grande openspace delimitato, su uno dei lati lunghi, da una parete sinuosa che raccoglie tutti gli spazi di servizio: una kitchenette, i bagni degli operatori, un deposito e un vano tecnico.
Nuovo volume
Nel volume a doppia altezza originario è stato ricavato un ulteriore livello, raggiungibile appunto con la scala metallica, realizzato con una struttura autonoma in carpenteria di acciaio, travi e pilastri in profili Hea ed Ipe e impalcati in lamiera grecata integrata in opera con un getto in calcestruzzo.
La struttura metallica è integralmente colorata in bianco puro, così come l’involucro preesistente, le pareti e il solaio di copertura. La scelta del total-white si applica anche agli arredi interni facendo risaltare, ancor di più, la scala scultorea ammantata nel suo smagliante Ral 6924 Direct Green.
Fanno eccezione solo alcune poltrone della sala riunioni e delle zone di relax, che sono nere, e la pavimentazione, in linoleum naturale, che è di un grigio chiarissimo.
Il piano superiore non occupa l’intera sagoma dell’edificio e quindi determina un piccolo doppio volume che si sviluppa su tutta la lunghezza del fabbricato chiudendosi poi con una parete stondata che richiama la geometria di quella presente al piano terra.
Il soppalco è diviso internamente in vari ambiti operativi, distribuiti da un percorso che diviene il contraltare del doppio volume. La visione trasversale è garantita in quanto tutti i diaframmi fra gli spazi di lavoro sono stati realizzati in cristallo, vincolati alle strutture mediante un semplice e non invasivo telaio metallico perimetrale.
In questo modo, lo spazio non viene compresso e la visione può spaziare da un ufficio all’altro potendo traguardare l’intero sviluppo della copertura lignea.
Gli operatori devono senz’altro fare qualche compromesso con la privacy ma l’effetto di ariosità e luminosità è sicuramente premiante. Ad enfatizzare questo “effetto acquario” vi è un ulteriore stratagemma inventato dai bravi progettisti. La chiusura verso il doppio volume è realizzata con un infisso leggermente inclinato e strapiombante.
Conclusioni
Come accennato in premessa questo è un esempio virtuoso di recupero che ci indica una strada praticabile e possibile. Grazie all’attenta composizione e alla sensibilità per l’uso di pochi elementi compositivamente molto chiari, diventa un pungolo per tutti noi per non adagiarci sulla mera pratica edilizia, banale e sciatta, e per aspirare a risultati di eccellenza, sobria ed elegante.
Di Ilaria Bizzo e Stefano Cornacchini
LA SCHEDA
Cliente: Modena Trade srl
Progetto: Lamber + Lamber
Strutture: Studio tecnico emme
Impianti elettrici: Alba impianti srl
Impresa edile: Antonio Salatiello srl
Realizzazione: 2023
Fotografie: ©Fabio Mantovani
Info: www.lamber.net