Lo scorso cinque giugno presso il Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II si è tenuto il simposio internazionale dal titolo: “La progettazione tecnologica e ambientale per l’eco-transizione dei quartieri residenziali” promosso da Paola Ascione (Prof. associato Diarc Unina, Docomomo Italia) al quale è intervenuta anche Paola Marone, presidente Federcostruzioni, portando il punto di vista della federazione.
Durante il simposio, tra i progetti che hanno vinto il premio Europa Nostra, è stato illustrato quello relativo alla «La Cité du Lignon di Ginevra», un’operazione di rinnovo e riqualificazione energetica di involucri edilizi residenziali per la quale è stata premiata la ricerca sviluppata dal professor Franz Graf (Università della Svizzera italiana / Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne) e da Giulia Marino (Université catholique de Louvain / EcolePolytechnique Fédérale de Lausanne) sugli involucri di facciata.
Cité du Lignon – 1963 e il 1971
L’insediamento di Le Lignon (Ginevra) costituisce una città nella città. Per le sue eccellenti qualità urbanistiche, architettoniche e tecniche, è considerata un’opera pionieristica e il progetto edilizio svizzero più ambizioso del suo tempo. L’insediamento ospita oggi circa 6500 persone.
Subito dopo la guerra, la ripresa economica di Ginevra costrinse le autorità ad adottare misure rapide per far fronte alla grave scarsità di alloggi. In questo contesto, nacque la Cité du Lignon tra il 1963 e il 1971.
Questa città satellite colpisce per il suo aspetto monumentale. Collocata su una linea di displuvio, una gigantesca schiera da 12 a 16 piani, punteggiata da due grattacieli, si estende a zig zag per quasi un chilometro. L’imponente costruzione si adatta perfettamente all’irregolarità del terreno, caratteristica che conferisce al complesso una particolare leggerezza.
Il trattamento sobrio delle facciate dona un tocco di eleganza sia alla schiera che alle torri. Le tende da sole colorate rompono delicatamente la monocromia degli edifici. Un ampio parco con grandi prati, alberi, sentieri, piazze e aree giochi si estende intorno agli edifici residenziali. Nel cuore del complesso si trovano strutture pubbliche come un centro commerciale e medico, una chiesa, un ufficio comunale e una scuola. L’obiettivo era di creare un insediamento autonomo.
Il futuro della città
Il tema discusso al simposio racchiude molto del futuro delle città italiane e dell’ambiente costruito. La progettazione tecnologica e ambientale per la eco-transizione dei quartieri residenziali ne rappresenta l’essenza. La ricerca e la sua metodologia potrebbero infatti essere estese al patrimonio di architettura contemporanea.
Il metodo di valutazione multicriteri, fondato sulla conoscenza esaustiva dell’oggetto costruito, la sua materialità e le sue caratteristiche intrinseche, ha conquistato la giuria, che si è detta affascinata dalla problematica che potrebbe essere allargata a diversi complessi abitativi del dopoguerra in Europa e dal rigore metodologico del progetto pilota sviluppato.
In Europa
I dati statistici a scala europea, sulla necessità di intervenire sul patrimonio immobiliare, sono molto eloquenti: il costruito esistente rappresenta circa il 40% dei consumi energetici globali. Sulla base di questa constatazione, il miglioramento delle performance termiche del settore edilizio è considerato come una vera priorità in una logica, molto in voga ma spesso mal interpretata, di sviluppo sostenibile.
Questo avviene però spesso con interventi massicci sulla materialità originaria degli edifici. Nel confronto europeo il 63% del patrimonio residenziale nazionale è nelle classi F e G. In Germania il 45% è nelle classi F e G, in Spagna il 25% ed in Francia il 21%. L’opera di riqualificazione richiesta dall’Europa, la cosiddetta Direttiva Green, dovrà portare a un taglio del 16% dei consumi al 2030 e del 20/22% entro il 2035, un’opera molto costosa e complessa. Ma è anche occasione per un piano di rigenerazione urbana da affrontare con una visione interdisciplinare e integrata.
Per tale motivo il confronto promosso dalla professoressa Ascione è un primo passo per l’identificazione di una strategia con approccio integrato in attesa che una legge sulla rigenerazione urbana fornisca tutti gli strumenti operativi necessari.
Paola Marone | Presidente Federcostruzioni
L’efficienza energetica rappresenta un pilastro di qualsiasi strategia per la sostenibilità del nostro patrimonio edilizio. La nuova direttiva Epbd pone l’obiettivo di un parco immobiliare decarbonizzato entro il 2050, e per arrivarci stabilisce importanti obiettivi intermedi di riduzione dei consumi energetici e delle emissioni climalteranti.
Per il comparto residenziale, la direttiva prevede che debba essere ridotto del 16% il consumo medio di energia primaria degli edifici esistenti entro il 2030. Gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero a partire dalla stessa data, mentre già oggi devono essere a energia quasi zero.
Per conseguire i nuovi target di risparmio energetico, occorrerebbe mantenere lo stesso ritmo di ristrutturazioni degli ultimi tre anni (quelli del Superbonus), sia per numero che per entità degli interventi. Purtroppo, il tasso annuo di ristrutturazioni precedente al Superbonus – a cui rischiamo di tornare oggi – è del tutto insufficiente, come anche riconosciuto dalla Commissione europea.
La riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare diventa un processo importante per promuovere la sostenibilità ambientale nell’intera economia, soprattutto in Italia dove il patrimonio immobiliare presenta caratteristiche energetiche scadenti. Secondo stime Ance sui dati Enea, il 54% delle unità immobiliari residenziali ricade nelle due classi energetiche peggiori (G ed F).
Occorrerà stimolare la crescita della consapevolezza e dell’educazione al risparmio energetico e alla messa in sicurezza, anche attraverso la realizzazione di specifiche occasioni di approfondimento e di iniziative di informazione. La posizione Ance sulla riqualificazione energetica degli edifici mira a focalizzare sugli edifici con le classi energetiche peggiori. Solo concentrandoci su questa grande porzione di immobili sarà possibile conseguire, o perlomeno avvicinarci agli obiettivi europei e nazionali.
Il Governo, innanzitutto, dovrà attuare il piano nazionale di ristrutturazione previsto dalla Direttiva Epbd, che contiene la traiettoria da seguire per le scadenze del 2030 e oltre. Serve visione e prospettiva. Ma quel che è più importante, è che si mettano a punto nuovi strumenti incentivanti per premiare le ristrutturazioni integrate, quelle che migliorano l’edificio in tutti gli aspetti: involucro, impianti, componenti edilizi.
Occorrono meccanismi certi, efficaci sotto il profilo dei costi, e con orizzonte almeno decennale. Serve, anzi, un vero e proprio piano industriale, solo così sarà possibile raggiungere gli obiettivi imposti dalla Direttiva Case Green. Il settore delle costruzioni e l’intera filiera sono pronti dal punto di vista tecnico per adeguarsi ai nuovi standard europei.
Paola Ascione | Prof. associato Diarc Unina, già vicepresidente Docomomo e promotrice del simposio
Occorre guardare al patrimonio immobiliare come un’eredità da tramandare ma anche come una risorsa per l’abitare contemporaneo.
Con il simposio del 5 giugno abbiamo voluto presentare sia casi di riqualificazione di edifici residenziali d’autore, che avevano una qualità architettonica riconosciuta, sia fare il punto sullo stato dell’arte della ricerca nella progettazione tecnologica e ambientale che riguarda la più ampia porzione di patrimonio costruito diffuso.
Nell’esaminare criticamente il contesto emerge una tendenza al tecnicismo, basato sulla mera valutazione delle prestazioni energetiche arrivando ad agire sul patrimonio costruito con soluzioni conformi non adattive che hanno mostrato grandi criticità, derivanti dall’assenza di una visione olistica del problema.
Il tema dell’eco-transizione non soltanto è attuale ma sempre più urgente. È necessario l’impegno di tutti, Enti, Istituzioni e soprattutto delle Università, a rinnovare approcci metodologici che superino la mera applicazione diffusa di soluzioni tecniche codificate e generalizzate, per innescare processi innovativi che includono aspetti progettuali e procedurali.
Abbiamo scelto di presentare il lavoro del Politecnico di Losanna come esempio di un metodo di lavoro condiviso, versatile e reiterabile, basato su un’attenta conoscenza del valore architettonico del patrimonio. È necessario adottare un approccio olistico alla rigenerazione, ponendo attenzione alla progettazione ambientale, sottovalutata dalle attuali norme che escludono quanto non afferisca a parametri quantificabili. In estrema sintesi, siamo difronte a un problema sostanziale di valutazione della qualità.