Dopo il decreto certezze in più per le comunità energetiche

Tutto è iniziato con Nicolas Flamel, mago e alchimista francese vissuto nel Trecento, a cui si accredita una pietra filosofale capace di trasformare il piombo in oro. Perduta traccia della formula magica, rievocata nel primo episodio di Harry Potter, l’incantesimo è tornato, seppure aggiornato ai nostri tempi: questa volta l’obiettivo è trasformare il condominio da consumatore a produttore di energia, inoltre aumentano le certezze per la Cer.

Nel migliore dei casi, quindi, non solo con l’azzeramento dei consumi, ma anche con la fornitura di elettricità. La stregoneria si chiama Cer, acronimo che sta per Comunità energetiche rinnovabili. E alcuni casi di utilizzo sperimentale della formula indicano che, se applicata con gli ingredienti giusti, la magia funziona. Il governo, tempo fa, ha indicato un’aspettativa di almeno 15 mila comunità energetiche in Italia nei prossimi quattro anni.

Le nuove regole

Perché avvenga la trasformazione di un soggetto energivoro, l’edificio, in un esempio virtuoso di salvaguardia dell’ambiente (e del portafoglio), mancava però un elemento: il corpus di regole operative per guidare i soggetti interessati alla realizzazione delle comunità. Con il consueto lieve ritardo di quattro anni (le Cer sono state istituite in Italia nel 2019 inzuppate nel decreto Milleproroghe e questo dice tutto), il governo a gennaio ha pubblicato l’atteso decreto del ministero dell’ambiente, che dovrebbe spianare la strada alle comunità.

«Comunità energetiche rinnovabili e autoconsumo diffuso sono due ingranaggi centrali della transizione energetica del Paese: oggi siamo dunque ancor più vicini a questo atteso obiettivo, che potrà veramente dare una svolta per lo sviluppo delle rinnovabili in Italia, rafforzandone la sicurezza energetica e avvicinandoci agli obiettivi climatici», è stato il commento standard del ministro all’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin.

Tempi tecnici

Tutto a posto? Calma. Dopo essere passata nei mesi scorsi al vaglio della Corte dei Conti e della Commissione europea, la palla è stata smistata alla verifica da parte di Arera, Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, che dopo la proposta del Gestore dei Servizi Energetici (Gse) arrivata a fine febbraio, ha tempo 45 giorni per fissare le regole operative per disciplinare le modalità e le tempistiche di riconoscimento degli incentivi.

Un altro mesetto, quindi. D’altra parte, dal momento dell’introduzione delle Cer sono passati solo 1.460 giorni (se il conteggio si ferma a dicembre 2023): un battito di ciglia per la burocrazia.

Una volta che si sia ripreso da questo improvviso decreto, il Gse, cioè il gestore dei servizi energetici, pubblicherà online su portali web dedicati le modalità per presentare le richieste, trovare documenti e guide informative, canali di supporto.

Gli incentivi

Anche se la velocità non sembra la caratteristica principale delle istituzioni, le notizie sono positive. Con il decreto sono previsti due tipi di aiuti: una tariffa con incentivo sulla quota di energia condivisa per gli impianti a fonti rinnovabili e un contributo in conto capitale finanziato con il Pnrr. I due incentivi sono cumulabili, ma con qualche limite. Intanto, sono ammessi con un tetto del 40%, ma a fronte di una decurtazione lineare della tariffa incentivante.

Per esempio, se il finanziamento a fondo perduto sulla realizzazione dell’impianto è pari al 40% dei costi ammissibili, la tariffa incentivante è ridotta della metà. La tariffa incentivata, come accennato, riguarda gli impianti alimentati con energie rinnovabili delle Cer.

La potenza nominale massima del singolo impianto, o dell’intervento di potenziamento, non deve superare 1 Mw. La tariffa con incentivo avrà una durata di 20 anni, sperando che i futuri governi non cambino idea come è avvenuto in passato per il fotovoltaico. In che cosa consiste l’incentivo?

È fissato nel decreto in una forbice tra 60 euro per megawatt orario e 120 euro: la variazione è proporzionale alla potenza dell’impianto e al valore di mercato dell’energia.

Per gli impianti fotovoltaici, che si suppone saranno il sistema più utilizzato, è prevista una maggiorazione secondo i diversi livelli di insolazione, fino a 10 euro per MWh destinati agli impianti nel Nord Italia. Non solo.

Questa tariffa speciale si somma al corrispettivo di valorizzazione individuato da Arera, che lo scorso anno era di circa 8 euro per MWh. Le tariffe resteranno in vigore fino a 30 giorni dopo il raggiungimento di un contingente di potenza incentivata pari a 5 Gw, e comunque non oltre il 31 dicembre 2027.

Contributo a fondo perduto

Il secondo incentivo è il contributo in conto capitale: è destinato per i Comuni sotto i 5 mila abitanti e fino a esaurimento dei fondi messi a disposizione da Pnrr, cioè 2,2 miliardi di euro. È destinato comunque agli impianti con potenza nominale non superiore a 1 Mw.

In questi Comuni il contributo per l’investimento nelle Cer riguarda fino al 40% dei costi ammissibili. Il contributo va dai 1.500 euro per kilowatt massimi per gli impianti fino a 20 kW, fino ai 1.050 euro per kW massimi per gli impianti di potenza compresa tra 600 e 1.000 kW.

Le spese ammesse al contributo sono quelle che incidono dopo l’avvio dei lavori, tra cui fornitura e posa in opera dei sistemi di accumulo, lavori edili necessarie alla realizzazione dell’intervento, costo della direzione, sicurezza, progettazioni, indagini geologiche e geotecniche (onere è a carico del progettista).

I contributi si dovranno chiedere direttamente al Gse entro il 31 marzo 2025. Per ottenere le agevolazioni le comunità energetiche rinnovabili devono risultare regolarmente costituite alla data di presentazione della domanda di accesso agli incentivi, mentre gli impianti dovranno entrare in esercizio entro 18 mesi dalla data di ammissione al contributo e comunque non oltre il 30 giugno 2026. Non c’è molto tempo a disposizione.

Stop con i bonus

Attenzione: chi ha approfittato del superbonus per impiantare pannelli sul tetto di casa viene escluso dall’incentivo, ma conserva il diritto di ottenere il contributo di Arera per l’energia elettrica autoconsumata.

Al contrario, se per il pannello si è usufruito solo del bonus ristrutturazione (50%), si può ottenere la tariffa incentivata, anche se non il contributo in conto capitale, come era prevedibile.

Infine,  l’erogazione del contributo potrà essere in un’unica soluzione o in più quote (con possibilità anche di un’anticipazione), in relazione allo stato di avanzamento dei lavori. Chissà se, ora, le Cer potranno decollare.

Come si comincia a produrre energia

I condomini saranno i principali utilizzatori delle Cer. Ma, più in generale, le comunità energetiche sono rivolte a un insieme di cittadini, a piccole e medie imprese, a enti e autorità locali, cioè ai soggetti che decidono di condividere l’energia elettrica rinnovabile prodotta da impianti di diverso tipo, spesso con pannelli fotovoltaici.

L’energia prodotta dalle Cer è gestita attraverso la rete nazionale di distribuzione, a patto che i punti di connessione siano sottesi con la stessa cabina elettrica primaria. Oltre al fotovoltaico, in teoria si possono utilizzare fonti come l’eolico, l’idroelettrico, il biogas e le biomasse, ma difficilmente sono mezzi alla portata di piccole comunità. Come si fa una Cer?

Il primo passo è individuare le aree dove realizzare gli impianti alimentati da fonti rinnovabili: non è detto che i pannelli fotovoltaici siano installati sul tetto dell’edificio. La comunità può individuare in alternativa terreni (non agricoli) dove installare l’impianto solare. Poi, va delimitato il perimetro degli utenti con cui associarsi e condividere l’energia elettrica, che devono essere connessi alla medesima cabina primaria.

Sul sito Gse si trova una mappa interattiva delle aree convenzionali e le cabine primarie. Il secondo passo è la costituzione di un’associazione, ente, cooperativa, cooperativa benefit o consorzio, per dare forma giuridica e uno statuto alla Cer. La regolarità è sottoposta al giudizio del Gse.

I vantaggi, se tutto è realizzato a regola d’arte, possono essere cospicui. Per esempio, le Cer consentono di valorizzare al meglio gli spazi disponibili per l’installazione di nuovi impianti fotovoltaici, consumare energia elettrica rinnovabile prodotta in prossimità del consumatore e condividerla, senza dover modificare le reti di distribuzione esistenti. Di conseguenza promuovono anche benefici socio-economici e ambientali.

Le 4 figure legate alle Cer

La normativa prevede l’esistenza di quattro figure legate alle Cer. La prima è il cliente finale, pubblico o privato, che preleva e consuma l’energia elettrica ed è intestatario della bolletta.

La seconda figura è quella del referente, a cui è affidato il mandato dalla configurazione per la gestione tecnico-amministrativa, dai rapporti con il Gse, alla gestione dell’accesso al servizio, della fatturazione, della ripartizione degli incentivi tra i membri.

Poi, c’è il produttore, la persona fisica o giuridica che produce l’energia elettrica, che non necessariamente coincide con il proprietario dell’impianto e non necessariamente membro della comunità energetica rinnovabile. Per esempio, può essere una società, come una esco.

Infine, c’è il proprietario, soggetto che ha piena la disponibilità dell’impianto. Può essere membro della configurazione o un terzo, purché soggetto alle stesse regole della comunità e può non coincidere con il produttore.

Come funziona, in pratica, una Cer? Un impianto fotovoltaico concentra la produzione nelle ore centrali della giornata. Questa energia viene immessa nella rete nazionale. il migliore utilizzo è quello di consumare l’energia elettrica durante questo arco di tempo: è praticamente gratis.

L’energia non consumata, invece, è retribuita secondo i parametri stabiliti, con l’incentivo stabilito per legge. A questo punto la comunità energetica può fare ciò che vuole del contributo che deriva dell’energia in eccesso: di solito il surplus è utilizzato per coprire i costi operativi di gestione della comunità energetica come soggetto giuridico, può essere restituito al produttore, oppure ridistribuita ai membri consumatori.

E in trentino lo fanno così

Al momento le comunità energetiche su tutto il territorio nazionale sono 85, secondo il Report Electricity Market 2023 dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano. Ma in futuro, si spera, saranno di più. Ma come si costituiscono nel mondo reale?

Un esempio è quello di Tenna, piccolo Comune in provincia di Trento. Tre anni fa un gruppo di semplici cittadini si sono accordati per fondare una comunità energetica nella forma di associazione. Da 20 famiglie iniziali, l’iniziativa è cresciuta fino a coinvolgere oltre 90 famiglie, che hanno installato sui tetti delle loro stesse case i primi impianti fotovoltaici. Ma non hanno fatto tutto da sole.

La realizzazione, aspetto burocratico compreso, è stata affidata a un partner tecnico, il Gruppo Dolomiti Energie. La società ha firmato un contratto con la comunità energetica, secondo cui si occuperà di tutte le attività tecnico-amministrative per la gestione degli incentivi e la successiva verifica e ridistribuzione, nel rispetto della normativa e delle regole di ripartizione individuate dalla comunità stessa.

Inoltre, supporterà le valutazioni tecnico-economiche necessarie per lo sviluppo di nuovi impianti a fonte rinnovabile e per la massimizzazione dell’energia rinnovabile condivisa, proponendosi anche come investitore sui nuovi impianti a fonte rinnovabile. Ovviamente l’intervento non è gratis, ma libera la comunità dalle incombenze pratiche.

di Paolo Caliari

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