All’interno dei tessuti urbani del nostro Paese non è inconsueto imbattersi in vecchi edifici abbandonati i quali, spesso ancora integri, hanno perso la loro funzione originale rimanendo come involucri vuoti, che possono però dare spazio a nuove dinamiche sociali e progettuali.
Il progetto Daste Bistrò si confronta in maniera diretta con questo tema: nasce dal riuso e riattivazione degli spazi di una vecchia centrale termoelettrica in un quartiere periferico di Bergamo. Qui, la rigenerazione ha trasformato un edificio chiuso in un nuovo luogo pubblico, producendo una nuova possibilità per il dialogo, la produzione e contaminazione tra idee e comunità, in cui il riuso dell’architettura, in relazione agli spazi aperti, ha prodotto nuova energia tra istituzioni, associazioni e cittadini che hanno collaborato sia nel processo precedente alla riattivazione delle aree, come motore per la trasformazione, sia nell’attuale fase d’uso, andando a creare nuove attività per il quartiere e per la città.
Il ripensamento della struttura in disuso è nato a opera del gruppo di architetti composto da Michele Bonetti, Luca Cerinza Pettreca, Emanuele Maria Munaretto e Claudio Rossi, che hanno fondato, nel 2014, Okam. Lo studio opera su progetti a scala differente, spaziando dalle installazioni temporanee a interventi urbani, confrontandosi frequentemente con azioni di riuso di vario tipo. Nel caso specifico di Daste, il gruppo di architetti si è commisurato con un progetto di riuso e rigenerazione dell’edificio dell’Ex-Centrale Termoelettrica nel quartiere di Celadina, all’interno del capoluogo orobico. Qui gli elementi trainanti sono stati quelli di voler far diventare il vecchio edificio un nuovo polo di attrazione e sociale per la comunità locale.
L’ex centrale è stata trasformata in un centro culturale, capace di coniugare il mondo dell’inclusione sociale, dell’imprenditoria e degli abitanti del quartiere. Condotto in collaborazione con Daniele Fazio Studio, il progetto ha così tracciato un processo di rinnovamento in cui il fascino industriale è stato mantenuto nella sua leggibilità, conservando la sua relazione e immagine urbana e ripensando gli spazi interni in maniera fortemente eclettica e scenografica.
La rigenerazione propone uno spazio a doppia altezza di circa 400 metri quadrati, distribuito su due livelli e caratterizzato da un rapporto diretto tra interno ed esterno: mette in comunicazione diretta e visiva le grandi aree comuni interne con gli spazi aperti esterni, che garantiscono la possibilità di intessere una relazione forte tra il tessuto urbano e il riuso dell’architettura, con una relazione tra le possibili attività pubbliche e la vita nel bistrò.
L’ex-centrale è così trasformata attraverso azioni minime, utilizzando pochi materiali quali il cemento industriale per i pavimenti e l’acciaio per gli elementi d’arredo principali. Riesce però a riconoscere una relazione di accostamento tra esistente e nuovo, valorizzando il tema del riuso non solo come progetto orientato all’utilizzo di ciò che già c’è, ma anche come capacità del progetto di individuare le potenzialità insite all’interno dell’ambiente costruito.
Pietra angolare del progetto è la possibile flessibilità degli spazi dove, attraverso l’inserimento di quattro elementi d’arredo principali, si possono generare configurazioni spaziali orientate all’aggregazione sociale, dove gli elementi d’arredo sono pensati come oggetti architettonici. Sono il banco bar, la bottiglieria che copre lo spazio a doppia altezza, la cucina su ruote, che permette una movimentazione nello spazio interno, e il tavolo sociale. Pochi semplici oggetti che rendono abitabile lo spazio, favoriscono il riuso attivo dello spazio e generano a loro volta una nuova scenografia all’interno della centrale.
Inoltre, le forme stereometriche in acciaio inox disegnano corpi autonomi all’interno dello spazio della vecchia centrale, restituendo un’estetica contemporanea seppur in relazione a quella dell’architettura esistente. Infine, le superfici in acciaio, luminose e riflettenti, contrastano con le pareti opache e, grazie anche ai punti luci posizionati all’interno del progetto, riverberano la luce in tutto lo spazio continuo interno.
Il progetto mostra come il tema del riuso architettonico può avvalersi di nuove prospettive per l’orizzonte urbano, dove l’azione dell’architettura non si limita ad agire sul costruito, ma lavora sul terreno fertile delle relazioni sociali, coniugando architettura, arredo e interazioni con la comunità.
In sintesi, nel progetto per il Daste Bistrò, il tema del riuso viene affrontato come possibilità di riattivazione di un vecchio manufatto per la produzione di energia, ripensando il ruolo urbano e sociale dell’architettura, cogliendo l’opportunità di trasformare involucri chiusi in spazi attivi e dinamici. In questo processo, la possibilità del progetto è inserirsi in maniera riconoscibile, dove il linguaggio architettonico della centrale e dell’intervento rivelano identità distinte, capaci però di instaurare un nuovo processo di necessità tra riuso e società.
di Kevin Santus, Politecnico di Milano (da YouBuild n. 26)
LA SCHEDA
Opera: Daste Bistrò
Luogo: Bergamo
Progetto: Okam Studio, con Daniele Fazio Studio
Anno di realizzazione: 2021
Info: www.okamstudio.it
Fotografie di: Luca Argenton