Curare le ferite da sisma di un fienile padano

Nuovo padiglione verso nord con l'involucro rivestito in mattoni faccia a vista

Dopo aver percorso un largo tratto di quella campagna emiliana, inconfondibile nella sua uniforme distesa e misurata al più da sparuti filari di pioppi, arrivati qui si ha d’improvviso la straniante impressione anche se l’architettura è chiaramente riferibile a precisi moduli padani di trovarsi lì dove il tempo si è fermato, rapiti a forza da quel “passato mitico” narrato da Bernardo Bertolucci in “Novecento”.

Curare le ferite da sisma

Quella campagna disegnata da gente che vive, lavora e scrive le proprie memorie sulla terra. Il paesaggio silente, liricizzato da tenaci nebbie (“fumane”), cela una sinfonìa di sensazioni e tradizioni sopite, custodite e trasmesse nella materia dell’architettura.

L’operare sulla terra ha col tempo maturato matrici insediative sedimentatesi in vere e proprie ‘strutture-documento’, le cui emergenze precipue sono date dalle corti rurali, aggregazioni di blocchi specializzati per singole funzioni.

Già Pietro Nicolini in “Ferrara Agricola” (1926) parlava di un territorio tutt’altro che “statico, fisso, cristallizzato in forme tradizionali”; era “al contrario pieno di vita e saturo di dinamismo”, al punto da far dubitare che in Italia non vi fosse “un’altra provincia agricola nella quale l’economia rurale abbia avuto dei mutamenti così profondi e caratteristici”.

Recupero dell’invaso spaziale originario al piano superiore con inserimento di nuove incastellature

Il fienile padano e la moderna agricoltura

Il fienile padano, che così copiosamente comincia a popolare questi paesaggi già due secoli or sono, rappresenta una vera e propria “machine à produire”, ovvero macchina a servizio della produttività rurale, costruzione che nulla lascia al caso ed al superfluo, disegnata dalle reali necessità di quella che a metà ‘800 era definita “la moderna agricoltura”.

Straordinarie analogie informano questi edifici sul piano degli aspetti dimensionali, costruttivi ed ergonomici. In esse potremmo riconoscere la prefigurazione di una standardizzazione ante litteram, dettata dalla metabolizzazione di moduli funzionali e costruttivi dedotti dalla pratica empirica.

In “L’agricoltura ferrarese in pratica” (1860), un compendio di informazioni e buone prassi raccolte sul territorio, Michele Cariani “per il bestiame raccomanda per ogni possessione la scala dei 16 buoi”, la dimensione ottimale, ponderata dall’esperienza, che faceva dei cascinali padani delle vere e proprie “machines à produire”.

Configurazione morfologica ante operam

L’edificio oggetto d’intervento costituiva la sezione produttiva di un’antica corte agricola, denominata “Fondo Casazza”, risalente a metà Ottocento. La configurazione della corte è rimasta sostanzialmente inalterata per oltre un secolo, con l’aia baricentrica, dove si consumava il rito della mietitura, il fienile sul lato ovest e l’abitazione con servizi verso est.

Il fienile rappresentava il cuore produttivo dell’insediamento, con la stalla per l’allevamento bovino al piano terreno e il soprastante rimessaggio, interamente libero e ben areato, destinato al deposito vernino di paglia e foraggi.

Corte Casazza, prima dei lavori di recupero

Dal punto di vista tipologico, l’edificio è costituito da 3 moduli paralleli con sviluppo longitudinale nord-sud, due per il ricovero animale più una zona filtro porticata versa l’aia. Sul piano costruttivo, il fabbricato è descritto da una maglia di pilastri in mattoni di pianta quadrata, di lato pari a 70 cm circa, con un piede basamentale che ne incrementa la sezione.

Le murature perimetrali e interne sono anch’esse in mattoni a vista (spessore pari a 2 teste); tracce di intonachino e una documentazione fotografica d’archivio testimoniavano tuttavia la presenza di una velatura a calce, cosiddetta ‘di sacrificio’, a protezione dei paramenti murari.

I solai intermedi erano realizzati in travetti di rovere (di sezione 8×12 cm) e piano di calpestio in mattoni posati di piatto. In corrispondenza del modulo baricentrico, le travi secondarie scaricavano a loro volta su una doppia pilastrata di colonne circolari in mattoni (del diametro di 30 cm), disposte ai lati della corsia di transito e delimitanti le cosiddette ‘poste’ dei bovini.

L’orditura di copertura del fienile presentava un sistema principale di 3 capriate (7 metri di luce) in corrispondenza delle pilastrate libere centrali. Una sequenza di travi secondarie costituiva l’orditura di appoggio del tavolato ligneo e del soprastante manto di copertura in coppi. Una parte delle aperture perimetrali era stata col tempo tamponata; i 4 fornici verso la corte erano infatti celati da dozzinali blocchi di cemento vibrocompresso.

svuotamento del volume interno con rimozione dell’impalcato intermedio della navata baricentrica

Il progetto di recupero

La natura evocata “per lo vano d’una finestra”. Il progetto ha riguardato il consolidamento e miglioramento sismico integrale dell’edificio, con interventi minimi e misurati sull’involucro esterno, quali la ricucitura del quadro fessurativo indotto dagli eventi sismici del 2012, il restauro di tutti i paramenti murari in mattoni, con ricostruzione, laddove necessario, di porzioni murarie con tessitura analoga a quelle esistenti.

Sul lato verso la corte è stata operata la sostituzione dei precedenti tamponamenti in blocchi cementizi con diaframmi in mattoni faccia a vista (“gelosie”), leggermente arretrati rispetto al piano esterno dei contrafforti esistenti in modo da conservarne l’identità morfologica.

L’intervento ha previsto altresì la ricostruzione del più recente modulo verso nord, che presentava strutture e materiali inadeguati a garantire i livelli di sicurezza antisismica e dissonanti rispetto ai caratteri testimoniali dell’edificio storico. In particolare, l’integrazione volumetrica rispetta gli allineamenti dell’edificio esistente, armonizzandone il reinserimento.

Dettaglio dei tessuti parietali con le giaciture da corsi di mattoni disposti in orizzontale

Un lucernario lineare in copertura dichiara la separazione tra i due corpi di fabbrica, restituendo all’interno la percezione unitaria degli antichi paramenti, riscaldati e modellati dalla luce zenitale. Entrando nel cascinale, si rivive la memoria dell’antica stalla la grande stanza-cripta al piano terra recuperata ai suoi paramenti murari originari e misurata da colonne ricostruite con un’anima in ferro.

Al piano terra, la luce che entra dalle antiche finestre rievoca la penombra e il mistero degli usi di un tempo: sembra voler dire che l’antica architettura già indicava, da parte dei vecchi contadini, una difesa dalla Natura, un riparo dai rigidi inverni e dalla calura estiva, un luogo dove vivere in simbiosi col tepore di quei “16 capi” di bestiame che rappresentavano la propria ragione di vita.

Nella parte superiore domina invece la natura: dove un tempo c’era il fienile, si estende ora uno spazio aperto, flessibile, scandito dalle traiettorie di luce naturale disegnate dalle “gelosie” in mattoni dei diaframmi murari ricomposti. Una luce filtrata e modulata, che in ogni istante del giorno e dell’anno assume diverse vibrazioni, descrivendo atmosfere liriche e mutevoli.

L’antico fienile diventa, così, un caleidoscopio in cui si osservano visioni e trasparenze multiple e complesse, proiettate dall’incidenza e dall’intensità della luce naturale. La vibrante narrazione visivoluministica proietta e intreccia trame multiformi su pareti e pavimenti, divenendo timbro spaziale del fienile recuperato.

L’involucro-diaframma trasfigura uno degli elementi primari della Natura la Luce nell’empatìa dello spazio, luogo in cui coltivare, come ben sapeva Sir Brewster, la piacevolezza della visione.

dettaglio dei piedritti del nuovo telaio metallico accostato alla scatola muraria esistente

Il vecchio contadino padano aveva così costruito con spirito di difesa la sua piccola scatola per rifugiarsi dalla Natura, troppo impegnativa e ostile alla propria raison d’etre. Quella Natura, ora, rivive e partecipa alla nuova vita dell’edificio, catturata da calibrati tagli oppure “per lo vano” delle piccole finestre esistenti che ritagliano il paesaggio “in isfuggita”, mentre fuori l’orizzonte sembra perdersi nelle caparbie nebbie e non finire mai.

A demolizioni avvenute, gli interventi di restauro delle murature sono stati operati con l’intento di porre in luce le successive stratificazioni che le hanno plasmate, rendendole documenti anonimi ma non per questo insignificanti, atti a narrare le storie e le vicende che hanno progressivamente trasformato l’edificio.

Tra queste molteplici tracce sono stati inseriti interventi radi e puntuali, limitati a una gamma ristretta di materiali. Gli spazi sono ridisegnati prestando particolare attenzione allo snodarsi dei percorsi di passaggio tra un locale e l’altro, operando scavi selettivi e quelle che Carlo Scarpa chiamava “demolizioni creative”.

I nuovi inserimenti, cromaticamente neutri e dall’aspetto minimale, esibiscono il silenzioso commento all’antico e tormentato involucro che li accoglie. Dalle ‘incastellature’ metalliche delle nuove strutture ‘intra muros’, di colore grigio antracite, ai pavimenti di cemento lisciato al quarzo, dello stesso colore, sui quali danzano mirabolanti le mutevoli figure disegnate dalla luce naturale.

Qualsiasi nuovo inserimento dai profili accoppiati dei piedritti ai controventi, ai grigliati metallici fino ai solai in lamiera grecata rispetta una regola soltanto, quella che impone che materiali e nuove strutture “si accostino sfiorandoli e quasi senza toccarli ai preesistenti apparati murari”, dichiarando la propria alterità.

Preparazione delle sedi per l’ancoraggio del nuovo telaio metallico

Tra la fabbrica esistente e quanto vi è stato aggiunto o sostituito non si osservano mediazioni né intenzioni mimetiche, poiché si è voluto “incastonare” tra le stratificazioni che formano l’antico edificio strutture e piani che le separano e le ricompongono come un “museo di sé stesso”, narrato dallo scorrere del tempo, che si appresta a rivivere nella futura veste di laboratorio di ricerca sul paesaggio.

I materiali impiegati per i nuovi inserimenti sono meccanici, asettici, privi di imperfezioni, tali da non opporre ostacoli al tatto; artigianali, corrosi, mescolati e tormentati sono invece quei materiali dei quali il tempo si è avvalso per scrivere la storia dell’edificio. Le stesse cancellate esistenti a protezione delle aperture interne ed esterne sono state ripulite e restaurate con cura.

Dei rispettivi pannelli di chiusura in lamiera sono state conservate le tenaci incrostazioni di vernice antiruggine, di un color rosso intenso, in una singolare assonanza con certe trasmutazioni materiche tratte dall’arte informale del Novecento, come i calligrafismi e le “texturologie” di Jean Dubuffet.

Agenda di cantiere

La specifica natura dell’edificio e le caratteristiche intrinseche degli interventi previsti hanno richiesto la cronoprogrammazione e il coordinamento continuativo tra diverse fasi e imprese assuntrici, talvolta contestuali e tra loro interrelate. La buildsite Agenda ha delineato le seguenti operazioni:

• Realizzazione di tutte le strutture funzionali all’irrigidimento del piano fondale dell’edificio, previa liberazione dalle parti compromesse e messa in sicurezza provvisionale di pilastri interni e murature perimetrali. Appositi verbali hanno registrato tutti i materiali recuperabili, ripuliti e stoccati ordinatamente con cartellini identificativi: “antique tegole” per ricoprire tegumenti e campionare i ‘cocci pesti’, pianelle di cotto e mattoni, travature lignee, catene e bolzoni.

• Fornitura e montaggio dei piedritti della nuova ossatura interna su appositi tirafondi già predisposti nei cordoli di fondazione. La produzione in stabilimento è avvenuta contestualmente alle demolizioni, previe verifiche metriche in situ, in modo da sovrapporre più lavorazioni ed ottimizzare tempistiche di cantiere.

Prospetto principale verso la corte interna, con i nuovi diaframmi murari ricomposti tra i pilastri esistenti

Con l’avvenuto serraggio del telaio interposto, a sua volta usato come ponteggio definitivo, ha avuto inizio la ricucitura del tormentato involucro, già sottoposto a una morbida pulitura a pressione controllata. La sagramatura dei paramenti ricomposti ed i nuovi diaframmi murari (gelosie) hanno preceduto la copertura della fabbrica e le complementari lattonerie.

L’invaso interno è stato quindi completato con gli impalcati intermedi in lamiera grecata, per poi procedere alla posa di impianti e al getto dei pavimenti lisciati al quarzo. Serramenti interni ed esterni, nuovi e restaurati, e ulteriori dotazioni impiantistiche hanno riabilitato l’edificio, in attesa che il programma scientifico che presiede alla sua futura destinazione ne definisca criteri e dettagli di allestimento.

Vi è poi una singolare incognita che grava su un intervento di recupero a seguito di uno sciame sismico: l’incombenza minacciosa di ulteriori scosse di assestamento. Così è successo, ad esempio, che durante le prime fasi di svuotamento, un inaspettato prolungamento dell’onda sismica accelerasse il già critico stato fessurativo del quadrante murario a sud, provocandone il definitivo ribaltamento e richiedendo variazioni ai primi indirizzi progettuali.

Prospetto verso ovest demolizione dei quadranti murari lesionati

Come si è verificato, inoltre, che durante i lavori i prezzi di materiali e lavorazioni subissero sostanziali aumenti, dovuti ad ingovernabili fisiologie di mercato. Tutto ciò travalica la generica locuzione di imprevisto, suggerisce una gestione elastica e flessibile di previsioni e risorse disponibili e richiede un elevato grado di specializzazione tecnica congiunto a una visione olistica del cantiere.

Le incastellature metalliche

La configurazione morfologica e strutturale dell’impianto esistente ne delinea i criteri di ripristino e integrazione. L’intervento ha previsto la conservazione chirurgica dell’involucro, risarcito nelle lacune e nelle lesioni con “qualche calibrato colpo di bisturi”, quello necessario a restituirne l’immagine unitaria e l’identità storico-testimoniale.

All’interno, invece, la scatola muraria è liberata da incongruenze e strutture compromesse e, quindi, rimodulata da un interposto telaio metallico che ricalca lo schema statico d’origine. L’incorporazione della nuova struttura traduce una duplice finalità. Da un lato, s’impone la conservazione dell’involucro murario con il ripristino delle originarie strutture ferite dal sisma.

Prospetto verso ovest, con i nuovi diaframmi murari composti tra pilastri esistenti e il nuovo corpo di completament ricostruito

Dall’altro, pur rispettandone i caratteri identitari, l’edificio include una struttura snella, indipendente dall’involucro ma ad esso ancorata, flessibile e reversibile all’uso. La soluzione adottata risolve il contrasto con l’inserimento di uno telaio metallico (interior steel skeleton) di colore neutro (color dell’ombra, Ral 7016), autonomo dalla scatola muraria, a sostengo dell’impalcato intermedio.

La nuova griglia strutturale rilegge e abbraccia le murature esistenti. Le maniche laterali (est e ovest) sono scandite da quattro campate di luce pari a 3,5 m, mentre il modulo baricentrico (ex stalla) ripropone le geometrie strutturali originarie, con le tre campate longitudinali (di luce 2 – 2,5 – 2 m) misurate da 5 colonne circolari in luogo dei pilastri demoliti, di interasse pari a 2,25 m. Pilastri e travi del nuovo telaio sono assemblati con doppi profili (Upn 160, L = 65×9 mm) calastrellati con piatti metallici (110x160x15 mm).

Appositi collari di acciaio (in profili Upn 160) – intermedi e sommitali – solidarizzano i piedritti del nuovo telaio ai pilastri in muratura tramite pernature (1Ø12, L = 15 cm) inghisate con speciali resine. In corrispondenza delle pilastrate perimetrali, l’azione vincolante è corroborata da piatti metallici passanti (sp. 15 mm), con funzione di catena, alloggiati in sedi ricavate ad hoc tramite carotaggi di sezione circolare ed ancorati sul piano esterno delle colonne con cosiddetti bolzoni di contrasto, costituiti da doppi profili (2L 65×9 mm) accoppiati.

Planimetrie di progetto con la sequenza dei 3 moduli paralleli

Il solaio intermedio è stato interamente ricostruito in lamiera grecata collaborante (Hi-Bond A55/P600 S100) con soprastante soletta armata con rete elettrosaldata (Ø 10/20×20). I nuovi solai risultano così corrugati espressivamente all’intradosso, in assonanza con i travetti lignei (in batteria) dei vecchi orizzontamenti; i soprastanti pavimenti industriali al quarzo, lisciati con apposite macchine levigatrici, costituiscono un commento neutro ai tessuti parietali, chirurgicamente ricuciti e riscaldati dalla luce radente.

Coperture

Le capriate lignee di copertura, di luce pari a 7 metri, sono state recuperate alla loro funzione statica tramite interventi puntuali di miglioramento dei nodi, a mezzo di piastre e fascette metalliche sagomate e viti autoperforanti a tutto filetto (n. 9Ø9×360 per ogni nodo, tipo Rothoblass, classe 10.9).

Il soprastante tegumento, invece, è stato integralmente ricostruito con un doppio tavolato di abete (sp. 32+25 mm), battentato e impermeabilizzato, sul quale corre l’orditura secondaria (magatelli sp. 40 mm) a supporto del manto in coppi di recupero.

Dettagli delle colonne ricostruite nella navata baricentrica di piano terra

Rafforzamenti fondali

Le indagini preliminari volte ad approfondire il livello di conoscenza dell’edificio hanno fatto emergere quell’abilità costruttiva, spontaneamente operante, che suggeriva al sapiente carpentiere ottocentesco di radicare la costruzione nei terreni “argillosi” per almeno
un metro di profondità, sovente allargandone la base con precise scalettature.

Purtuttavia, l’esigenza di migliorare sismicamente le strutture esistenti e l’interposizione di un nuovo telaio al loro interno hanno comportato la realizzazione di “vincoli di base” delle colonne esistenti, con relativi collegamenti al piano tra gli stessi. In particolare, sono stati eseguiti cordoli perimetrali in c. a. a “confinamento” di tutti i plinti isolati in muratura, atti ad impedirne la rotazione, sui quali è vincolato altresì il nuovo telaio in acciaio.

Dettagli degli incatenamenti metallici incorporati nell’impalcato

Il mattone vero

É vero mattone quello che forma la fabbrica o la cura dalle ferite aperte dal sisma, oppure quello che si rincorre lungo l’involucro come particella costruttiva dei diaframmi ricomposti, o ancora quello ,dichiaratamente nuovo nella fattura e nella trama ‘a casellario’, che veste pareti e specchiature di taglio contemporaneo.

All’arte del murare, custodita nei forzieri parlanti dell’archeologia padana, è demandato il modellato ritmato dei conci posati ‘a bandiera’, gli uni rientranti gli altri sporgenti, a catturare la luce meridiana per orientarla all’interno tramite la propria vibratile grana. Trame disegnate dal filo teso tra le tacite tradizioni di cui il carpentiere è sapiente garante.

La ‘gravitas’ del mattone si trasfigura nel ritmico e leggero contrappunto degli spartiti perimetrali: la luce vibra sulla materia, la materia vibra nella luce. Il mattone, diversamente declinato, fa rivivere il cascinale padano come “museo di sé stesso”, custode delle “feraci” terre su cui siede, archivio a cielo aperto di un sapere costruttivo indelebile ai tormenti del tempo.

Tenace all’usura, aggregabile in forme e giaciture multiple, ricucibile nelle trame e nelle ferite, fatto per la mano di chi lo posa, il mattone rivendica la propria natura di atomo di un’alchimia costruttiva che l’architettura trascrive lungo le infinite traiettorie della cultura.

LA SCHEDA

Opera: restauro e riuso della Corte Casazza, Bondeno, Ferrara
Committente: privato
Progetto architettonico e direzione lavori: arch. Moreno Pivetti
Progetto strutturale: ing. Michele Saporito
Superficie totale: 550 mq
Destinazione futura: centro studi sul paesaggio
Appaltatore, opere murarie e affini: Ediltor srl
Carpenterie metalliche primarie: Metal Service srl
Montaggio carpenterie metalliche primarie: Tecnomontaggi srl
Sabbiatura paramenti murari a vista: Sabbiatura Estense srl
Trattamento pavimenti industriali: Nodari Trattamenti di Mirko Nodari
Serramenti: Top Infissi srl
Impianti speciali: Tecnimpianti srl
Bonifiche ambientali: Csa Consulenze e Servizi Ambientali srl
Indagini geologiche: Gaia srl
Foto: ©Moreno Pivetti

I FORNITORI

Collegamenti carpenterie lignee: Rothoblass srl
Barriere al vapore: Riwega srl
Lastre sottocoppo in fibrocemento: Landini srl
Sistemi anticaduta: Sekure srl
Mattoni faccia a vista: Fornace Polirone snc
Malte e prodotti per restauri: Opificio Bio Aedilitia sr

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