Cultura del costruito: l’età dei perché e l’obbligo di avere cura

Usciamo da questi tre lunghi anni, ansiosi e ansiogeni, segnati da incertezze, restrizioni e da bonus e superbonus. Ne usciamo, ed è una speranza, con molte domande, con molti perché; vale in generale ma forse in modo ancora più stringente nel settore delle costruzioni.

Bonus

I bonus fiscali hanno in qualche messo sotto i riflettori e sul banco degli imputati i nostri edifici, le nostre case, colpevoli di consumare troppo. E quindi abbiamo consumato per risolvere questo problema, un po’ come si fa per i saldi: per risparmiare alla fine devi spendere. Per poi accorgersi che forse abbiamo speso e basta, e ci siamo dimenticati di un rilevante numero di altre questioni; di non aver posto tutte le domande, chiesto tutti i perché, o che le domande le abbiamo espresse in modo non esatto, non pertinente.

Una questione di cultura

Ai miei nipoti ho sempre ricordato che si studia innanzitutto per sapere domandare; se non sai, non saprai domandare e porre le domande in modo non parziale o fuorviante; e saper chiedere perché. Cultura non è nozionismo, cultura è capacità di dare senso alle proprie azioni. “Trovare una soluzione, o cercare di farlo, richiede soltanto conoscenza: è necessario conoscere soluzioni promettenti e sapere come metterle in pratica. Ma non nuocere richiede una intera cultura.” Nel tentativo di efficientare le nostre case di cosa ci siamo dimenticati? Quali domande non abbiamo posto, quali perché non abbiamo domandato?

Un po’ di domande in sospeso

Forse ci siamo dimenticati di chi avrebbe dovuto continuare a vivere negli immobili, e se al loro interno sarebbero stati bene; se gli ambienti fossero stati salubri; e se fosse poi poco dignitoso dover sforacchiare le pareti perimetrali per installare degli scambiatori d’aria; ed ancora: domandarsi quindi qual è il risparmio effettivo, ammesso per un momento che fosse la priorità. E ancora, se non ci fossero state strategie diverse da esperire; se quei muri non potessero, per esempio, per assurdo, essere in parte abbattuti per fare spazio alla luce, a una serra solare, a un giardino d’inverno.

Se abbiamo pensato, o ci siamo dimenticati, di quelle terribili giornate, a quei bimbi chiusi in casa senza la possibilità di uscire, senza un terrazzo, un piccolo spazio giardino, all’aria aperta. E se fosse giusto applicare un cappotto a un edificio non antisismico, e se magari, e perché, non fosse il caso prima di preoccuparsi della messa in sicurezza antisismica e antincendio.

E rimanendo in tema di sostenibilità, se la scarsa durabilità dei materiali impiegati non mettesse in dubbio l’effettivo risparmio in termini di emissioni. O se non fosse più ragionevole parlare alle persone invitando alla frugalità, cosa che poi hanno fatto per altri motivi.

In fondo, gli interventi di efficientamento effettuati, ad esempio nel 2022 (ultimo dato disponibile) sono, secondo i dati Enea, 91.880 su un totale di oltre 12 milioni di edifici residenziali, ovvero hanno interessato una percentuale modestissima di edifici; un’azione culturale potrebbe efficientare il 100% degli edifici, raggiungere un risparmio energetico sul 100% degli edifici, a costo zero.

Perché no… come ricorda La Tecla “al pari di  qualunque altro sistema commerciale hanno bisogno di trasformare una facoltà umana in un bene di consumo e di produrre dei consumatori ignari che il bene che considerano scarso è invece alla sua origine abbondante e già il loro possesso.”

Oppure, perché non fosse prioritario ripensare al design delle città, al loro microclima, ai venti e alle brezze, all’introduzione di nuovo verde,  a piantare alberi. O se non fosse più coraggioso promuovere interventi di qualità con premialità crescenti e investire sulla complessità e sulla capacità di affrontarla – che si chiama competenza, che si esprime con l’aver cura.

E provare a sperimentare un approccio globale – olistico, se preferiamo con un po’ di idealismo e tanta capacità di visione. Creare, trovare, dare spazio e spazi di umanità, per tutta l’umanità. Stanze dove trovino spazio il conforto e la benevolenza, la cortesia e la cordialità, la quiete, l’armonia, l’equilibrio e la tenerezza, la bontà… “Un lavoro per la cui impresa era necessaria la speranza”.

di Silvia Nanni Architetto

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