I sistemi edilizi destinati alla parte superiore degli edifici hanno vissuto una rivoluzione spinta da nuovi materiali, digitalizzazione e metodi di lavoro. Fino a perdere la distinzione tra superfici che guardano il cielo e le pareti. Le coperture sono tra i sistemi edilizi più complessi tra quelli esistenti e, dalla Rivoluzione Industriale in poi, l’innovazione è avvenuta a ritmo crescente e sotto la spinta di dinamiche sempre più complesse e sempre meno univocamente legate alla sola erogazione di prestazioni funzionali. Credo sia possibile inquadrare le modalità proprie dell’innovazione nel campo delle coperture come il prodotto di tre tipi di dinamiche: la comparsa di nuovi materiali e nuove tecnologie, il miglioramento incrementale di soluzioni esistenti e l’evoluzione della disposizione dei progettisti rispetto a ciò che è da considerarsi desiderabile e possibile nella progettazione architettonica. Nelle righe che seguono, si prova a individuare delle peculiarità di questi tre percorsi dell’innovazione e ad identificarne il ruolo nello scenario produttivo riguardante le soluzioni di copertura.
Nuove tecnologie e materiali
Questo tipo di innovazione deriva nella maggior parte dei casi dall’applicazione all’ambito delle coperture di materiali e tecnologie innovative derivati da ricerche di base o da ambiti diversi rispetto a quello edilizio, ma utilmente applicabili al campo delle coperture. Si tratta, insomma, di innovazioni generate da altre innovazioni, che possono essere considerate (all’origine della catena di innovazione) di tipo per così dire primario. Il livello di interesse di una innovazione primaria non dipende dal suo livello di sofisticatezza, ma dalla sua capacità di ampliare l’ambito delle soluzioni esistenti. Una nota dimostrazione del rapporto lasco di importanza esistente tra il grado di sofisticazione di una innovazione primaria e la portata dell’innovazione secondaria da essa derivata è costituito, nell’ambito della storia dell’architettura moderna, dall’enorme importanza rivestita alla fine dell’Ottocento dalla diffusione sul mercato dei bitumi naturali (in seguito sostituiti, ai fini dell’impermeabilizzazione delle coperture, dai bitumi artificiali e poi dai manti fibrorinforzati plastici) per la diffusione delle coperture piane nei climi temperati. Una funzione di simile portata generativa lo hanno avuto, negli ultimi anni, le più sofisticate nanotecnologie che hanno permesso, tra le altre cose, lo sviluppo dei manti sintetici microforati impermeabili all’acqua, ma permeabili al vapore, che hanno a loro volta aperto la strada alle coperture a giunti aperti. Sono coperture che consentono l’adozione di configurazioni microventilate che occultano i canali di gronda e i pluviali. E che oggi, per questo, occupano una posizione centrale nella produzione architettonica internazionale «d’autore».
Significativi esempi di innovazione generata dalla metabolizzazione di nuove tecnologie in campo edilizio sono costituiti dalla comparsa di coperture in cuscini pneumatici in Etfe mantenuti in pressione, trasparenti e dalle elevate prestazioni termiche, dall’applicazione di strati a bassa emissività a film plastici sottili formanti camere secondarie all’interno delle camere primarie nei pannelli estrusi alveolari in policarbonato e in polimetilmetacrilato. Che, a loro volta, hanno aperto la strada alla possibilità di perseguimento dell’ingresso della luce diffusa nelle coperture dei vani abitati senza rischi di conseguenze negative in termini di dispersioni termiche. È anche interessante notare che non sempre e non necessariamente le nuove tecnologie generanti innovazione sono di tipo materiale, concreto. Importanti innovazioni nel campo delle coperture sono, infatti, state favorite dallo sviluppo dei cosiddetti software Cad parametrici (antenati degli odierni sistemi Bim) e dalla messa a sistema di tecnologie Cad e Cam, che hanno aperto la strada a geometrie a curvatura variabile e complessa, non per niente inaugurate da grandi studi di progettazione internazionali che hanno iniziato a farne uso con anticipo rispetto alla concorrenza, primo tra tutti lo studio Gehry Partners.
Miglioramenti incrementali
Si tratta di un approccio all’innovazione che è per certi versi più prevedibile del precedente, ma che produce effetti non meno interessanti, originati dall’accumulo di miglioramenti graduali, ma costanti, di soluzioni e di prodotti sotto la spinta del feedback del mercato e degli utenti. L’innovazione in questo caso procede per effetto dell’ampliamento della gamma dei prodotti, della differenziazione dei prodotti alla ricerca di nuove risposte alla domanda di protezione dall’ambiente esterno e di mediazione tra ambiente interno ed esterno affidata alle coperture. Questo tipo di innovazione è per esempio all’origine della diffusione dei sistemi a scatto per il fissaggio delle doghe, lastre o pannelli di copertura; dei rivestimenti in lastre di zinco e alluminio, o in zinco-titanio; della diffusione dei sistemi tessili tesi basati sull’impiego di teli in poliestere, o in Pvc, o in Etfe. O, ancora, della pratica pionieristica della possibilità di piantumare con specie botaniche da zona umida le coperture verdi, così da dare luogo a fitodepurazione.
È difficile perimetrare questo tipo di innovazione, perché è difficile individuare un ambito tecnico nelle coperture che ne sia esente. Un caso di miglioramento incrementale particolarmente interessante riguarda le coperture con chiusura massiva in calcestruzzo a vista. Tale soluzione può essere ottenuta sia portando a conseguenze estreme la soluzione ordinaria dell’utilizzo di spessori rilevanti di calcestruzzo copriferro abbinati all’impiego di amalgami fini e ricchi di cemento; sia attraverso l’adozione di soluzioni innovative quali l’impiego di resine in grado di migliorare l’impermeabilizzazione del conglomerato (talvolta costituito da un calcestruzzo cellulare a celle chiuse, in grado di ridurre la trasmittanza termica della parte massiva delle chiusure); sia attraverso l’impiego di lastre prefabbricate di calcestruzzo drenante, del tipo anche usato nei campi da tennis, sovrapposto a manti impermeabili tradizionali per coperture piane.
Disposizione dei progettisti
Si tratta del tipo di innovazione per certi versi più profondo ed imprevedibile ai fini dei risultati architettonici, perché derivato dall’evoluzione della coscienza collettiva, del comune sentire dei progettisti nel corso dell’epoca in cui operano, nel quadro di prospettive di lungo periodo. Si tratta di una evoluzione la cui direzione è difficilmente individuabile mentre sta avvenendo, ma che è agevole da riconoscere a cose fatte, dopo che si è consolidata. Questo tipo di innovazione si direbbe oggi dominato da una crescente convergenza, perdita di distinzione tra la parete e la copertura, e dall’assunzione da parte della parete di caratteristiche delle coperture, e viceversa; e dalla crescente tendenza di entrambe a stratificarsi sempre più, e talvolta a smaterializzarsi sempre più, e in un modo sempre più programmatico e radicale. Ne è un esempio il completo disaccoppiamento della funzione di tenuta all’acqua da quella di barriera termica, operato nelle coperture caratterizzate da manti impermeabili tesi messi in trazione su coperture non impermeabilizzate.
Nell’alveo di questa tendenza alla stratificazione e alla convergenza di ciò che è copertura e ciò che è chiusura è anche inquadrabile il filone di sperimentazioni mirato alla riduzione dell’impatto ambientale reso possibile dal ricorso a materiali naturali porosi di derivazione lignea in soluzioni stratificate rese impervie all’acqua per effetto della forma e della configurazione prima ancora che della impermeabilità materica come nella figura qui sopra. Nel caso di questa copertura, l’acqua, grazie alla presenza di scossaline interne posizionate nello spazio ricavato in fresature effettuate nei correnti, è inconsuetamente ammessa sotto le lastre seppure in assenza di un manto impermeabile del tipo di quello ad alta affidabilità usato nelle coperture piane.
Immagine in evidenza: Ampliamento del British Museum a Londra. Foster and Associates. Foto: Diliff, 2013, Licenza Creative Commons