La crescente diffusione dei controsoffitti è un trend stabile e va di pari passo con il più frequente ricorso ai sistemi costruttivi a secco. Tra i principali compiti di un architetto c’è il rendere bello ciò che deve essere, necessariamente, anche funzionale. Tra i principali compiti di un costruttore c’è il rendere durevole e funzionale ciò che il progettista immagina, senza snaturarne il senso estetico. È questo continuo rapporto di interscambio, apparentemente in contrapposizione, ma in realtà profondamente complementare, che caratterizza ogni cantiere, a prescindere dalla sua dimensione.
Sistemi di controsoffittatura
Un esempio semplice ma molto ricorrente in questo senso è rappresentato dai sistemi di controsoffittatura. Nascono principalmente per motivi di natura funzionale: il mascheramento di elementi impiantistici o strutturali, la riduzione di un’altezza interna eccessiva per un ambiente abitato, la necessità di coibentare due ambienti su livelli diversi non ugualmente riscaldati. Si trasformano spesso in elementi costruttivi che caratterizzano fortemente un’architettura, sia per particolari scelte geometriche sia per la scelta dei materiali.
La crescente diffusione dei controsoffitti negli edifici ad uso non solo commerciale o produttivo ma anche residenziale, oltre che con la sempre maggior incidenza delle componenti impiantistiche, è un trend stabile e va di pari passo con il sempre più frequente ricorso ai sistemi costruttivi a secco, di cui gli stessi sono un esempio calzante: veloci nella realizzazione, versatili e perfettamente reversibili, sono alcuni delle caratteristiche fondamentali a cui in questo caso si aggiunge, come vedremo in seguito, il vantaggio dell’ispezionabilità che solo una tecnologia a secco è in grado di garantire.
Tre tipologie
A livello tipologico, un controsoffitto è scomponibile in tre elementi costitutivi (Dettaglio 1)
- Una struttura di ancoraggio, che deve essere necessariamente fissata agli elementi portanti del solaio a cui viene collegata (per esempio: trave/travetti nel caso di solai in cls o in laterocemento, travetti in legno, profilati metallici). L’elemento fondamentale di ancoraggio di un controsoffitto è il pendino: realizzato in materiale metallico da una parte è fissato al solaio e dall’altra permette l’aggancio degli elementi di finitura. La sua lunghezza è variabile, a seconda delle necessità funzionali.
- Degli elementi di finitura che sono il lato visibile del controsoffitto, all’intradosso dello stesso, e che trovano collegamento alla struttura portante di ancoraggio. Tale collegamento avviene mediante dei profili metallici a “C”, a “L” o a “T” a seconda del loro posizionamento relativamente alle pareti perimetrali.
- Un’intercapedine di aria di dimensione variabile tra il solaio e gli elementi di finitura. Questo spazio è la parte “vitale” del controsoffitto, in quanto permette l’alloggiamento di impiantistica meccanica, illuminazione, raffrescamento o qualsivoglia altro oggetto che in quella posizione deve essere collocato ma che non è funzionalmente corretto o esteticamente accettabile lasciare a vista. È importante che l’intercapedine sia il più possibile libera da ogni impedimento per consentirne al meglio l’utilizzo: per questo una fase fondamentale nella realizzazione di ogni controsoffitto è il tracciamento delle strutture di ancoraggio, che sono un fattore ineliminabile ma il cui posizionamento può essere ottimizzato se valutato in maniera preliminare, così da ridurre al minimo le interferenze con gli apparati impiantistici.
In alcuni casi, laddove il ricorso a un sistema di controsoffittatura sia unicamente dettato da ragioni estetiche, l’intercapedine sarà ridotta al minimo possibile e gli impedimenti fisici della struttura in questo frangente saranno meno vincolanti. Si definisce con il termine “veletta lineare” l’elemento di tamponamento laterale del controsoffitto che si rende necessario qualora lo stesso non occupi l’intera superficie del locale terminando prima della parete perimetrale.
Suddivisione per caratteristiche meccaniche
Una prima classificazione dei sistemi di controsoffittatura la si può effettuare in funzione delle caratteristiche meccaniche che essi possiedono. In quest’ottica possiamo individuare due macrofamiglie:
I controsoffitti non strutturali che non sono cioè destinati a sostenere alcun sovraccarico se non il peso proprio e sono quelli più comuni. Anzi, in realtà nella maggior parte dei casi siamo solitamente abituati a considerare un controsoffitto come un elemento costruttivo privo di ogni valenza strutturale, con la sola funzione di “nascondere” parti non finite o elementi che non viene ritenuto idoneo lasciare a vista in relazione alla destinazione d’uso specifica.
I controsoffitti strutturali che sono quelli che possiedono, oltre alle funzioni base tipiche dei controsoffitti, anche una determinata resistenza meccanica qualora sottoposti a sovraccarichi più o meno rilevanti. Hanno cioè dei limiti di portata prestabiliti all’interno dei quali le deformazioni dimensionali del controsoffitto risultano essere molto ridotte.
Ispezionabilità
Allo stesso modo, c’è un’ulteriore caratteristica che identifica e suddivide in maniera netta i controsoffitti in due differenti macrotipologie: l’ispezionabilità. Con questo termine si definisce la possibilità di accedere in maniera agevole all’intercapedine posta tra gli elementi di finitura e il solaio, principalmente per motivi di ordine pratico.
I controsoffitti ispezionabili sono tanto più facilmente riscontrabili quanto più rilevante è la richiesta di garantire una flessibilità funzionale dello spazio abitato (es. uffici, negozi), in particolar modo in relazione all’impiantistica. Generalmente sono costituiti da elementi modulari di finitura che lavorano in solo appoggio rispetto alla struttura portante e che sono facilmente rimovibili, anche per l’intera superficie di ogni locale, a seconda delle necessità.
I controsoffitti non ispezionabili sono invece utilizzati principalmente in ambito residenziale, laddove gli spazi sono solitamente ben definiti nel tempo e la qualità estetica richiesta è decisamente superiore. Sono perciò costituiti da elementi continui, in cui le uniche possibilità di accesso all’intercapedine sono rappresentate da botole d’ispezione di dimensioni variabili (generalmente da 20×20 cm a 60×60 cm) e aventi carattere puntuale.
Materiale principe nella realizzazione dei controsoffitti è il cartongesso, per la sua leggerezza e versatilità, ma abbastanza comunemente è possibile riscontrare l’utilizzo anche di lana di roccia, metallo o talvolta legno, soprattutto nel caso delle tipologie ispezionabili.
Individuate le macrotipologie, possiamo ora affrontare una panoramica delle principali tecniche di realizzazione di controsoffitti; le più comuni, senza peraltro pretendere di essere esaustivi su una materia comunque articolata e, soprattutto, in costante evoluzione.
Tecniche realizzative
Prima dell’avvento del cartongesso o, in generale, dei sistemi di costruzione a secco come li conosciamo oggi, esistevano già delle metodologie di rivestimento all’intradosso dei solai. L’incannucciato (o controsoffitto in arelle) può essere definito come la prima forma di controsoffittatura: una struttura leggera di canne intrecciate applicata direttamente in aderenza all’orditura del solaio e successivamente intonacata.
Si tratta di un sistema che aveva l’unica finalità di nascondere la finitura grezza dei solai lignei con una superficie planare. L’intercapedine è in questo caso minima e non idonea ad ospitare alcun elemento impiantistico e conseguentemente non è prevista alcuna ispezionabilità (Dettaglio 2).
Una variante del controsoffitto in arelle è data dall’applicazione di una rete metallica molto sottile (detta rete cameracanna) in sostituzione dell’incannucciato, anch’essa successivamente oggetto di intonacatura. Si tratta di tecniche oggi cadute in disuso, sulle quali è però possibile intervenire mediante interventi di recupero conservativo. Con l’avvento dei sistemi costruttivi a secco si sono aperte molteplici possibilità, che hanno portato allo sviluppo di diverse tipologie.
Sistemi costruttivi a secco
La più semplice, versatile ed economica è il controsoffitto modulare a pannelli (Dettaglio 3). Costituito da una struttura portante molto snella, a una classica pendinatura metallica accoppia dei profili a incastro componibili che in maniera molto rapida permettono di creare lo scheletro all’interno del quale vengono posizionati i pannelli.
Il modulo base è generalmente di 60×60 cm e i pannelli possono di essere di vari materiali: si va dalla fibra minerale leggera ed economica utilizzata in uffici o spazi commerciali dove le prestazioni richieste sono molto basiche, fino a più pesanti pannelli in gesso o in lamiera d’alluminio.
Il ricorso a controsoffitti metallici avviene solitamente in spazi esterni, laddove il cartongesso non è indicato per motivi di igroscopicità e negli ambienti interni ad alto tasso di umidità, come per esempio bagni e cucine industriali. In questi casi il mercato offre anche delle modularità “a doghe” che seguono lo stesso principio costruttivo sopra descritto.
I controsoffitti, oltre che per le funzioni sopra descritte, possono essere utilizzati anche laddove sia necessario intervenire in ambito acustico: non tanto nell’ottica di un abbattimento sonoro tra ambienti confinanti quanto in termini di fonoassorbimento.
I controsoffitti modulari a pannelli sono particolarmente indicati per questa finalità: in locali di medio affollamento (per esempio scuole, aule universitarie, bar, ristoranti) così come di pubblico spettacolo (cinema, teatri) è molto frequente riscontrare la presenza di elementi a soffitto che non hanno principalmente il compito di alloggiare componenti impiantistiche, quanto di effettuare delle correzioni acustiche all’interno dell’ambiente.
Molto frequente, laddove sia richiesto anche un particolare risultato estetico, il ricorso a pannelli in legno-cemento, la cui finitura grezza è in grado sia di garantire ottime performance acustiche sia ritocchi estetici cromatici particolarmente piacevoli. Per contro, una soluzione esteticamente più tradizionale ma altrettanto performante è l’utilizzo di pannelli modulari in lana di roccia spessore 20-25 mm: la struttura rimane quella medesima di un normale controsoffitto in fibra minerale, la differenza sta tutta nella differente tipologia di pannello e nelle sue capacità fonoassorbenti intrinseche nel materiale stesso.
Controsoffitti continui
Quando la funzionalità lascia il posto all’estetica, ecco che entriamo nel mondo dei controsoffitti continui. Accade che l’ispezionabilità completa non sia un requisito fondamentale, ma possa essere risolto mediante l’inserimento di alcuni punti di accesso localizzati: di dimensioni variabili da 20×20 cm a 60×60 cm ed anche oltre, tali ispezioni appaiono nella maggior parte dei casi sotto forma di botole rasomuro con apertura push.
Per il resto, il controsoffitto diviene una superficie continua, modellabile a seconda delle esigenze architettoniche per creare alloggiamenti a corpi illuminanti (gole luminose, faretti a incasso, ecc.) e altri elementi impiantistici (bocchette di ventilazione, Uta, ecc.). (Dettaglio 4 e Dettaglio 5 – gola)
Il materiale principe per questa tipologia è il cartongesso in lastra piena: lastre in spessore standard da 12,5 mm fissate a una sottostruttura metallica fatta di guide e montanti a “C”, il tutto sempre collegato ad una pendinatura di lunghezza variabile. Va da sé che, in questi casi, essendo l’intercapedine scarsamente ispezionabile, tutte le predisposizioni impiantistiche devono essere studiate preliminarmente in maniera accurata, in quanto ogni modifica successiva implicherebbe una parziale demolizione e ricostruzione di quanto già realizzato.
Nel caso il controsoffitto separi un ambiente riscaldato da uno freddo non riscaldato, questa tipologia rende particolarmente agevole il posizionamento di un materassino termoisolante all’interno dell’intercapedine: si tratta normalmente di lana di roccia o di fibra di vetro a bassa densità.
La variante per esterni di un controsoffitto continuo vede l’utilizzo di lastre in fibrocemento al posto del cartongesso, non adatto per gli ambienti umidi o a diretto contatto con l’acqua. Tutte le tipologie finora illustrate sono accomunate dalla non strutturalità degli esempi citati. Quando, invece, ad un controsoffitto sono richiesti anche dei requisiti specifici in termini di portata relativamente a sovraccarichi di esercizio, si parla di controsoffitti strutturali.
Controsoffitti strutturali
L’esempio più semplice è un abbassamento, per esempio in ambito residenziale, la cui intercapedine vuole essere sfruttata anche come spazio per l’alloggiamento di oggetti, valigie, ecc. In questo caso, la struttura portante del controsoffitto viene resa più fitta, con un conseguente aumento delle capacità meccaniche dello stesso.
Presidi antisfondellamento
Più delicata e complessa invece è la situazione quando si parla di presidi antisfondellamento. Lo sfondellamento di un solaio in laterocemento è un fenomeno di distacco di porzioni dall’intradosso del solaio stesso (parte inferiore delle pignatte e/o fondello in cotto dei travetti, intonaco) che avviene in maniera improvvisa e può essere estremamente pericoloso sia per le persone che abitano lo spazio sottostante sia per la struttura del solaio.
Esso può avvenire per un deterioramento progressivo dei materiali che compongono il solaio, a causa di ripetute infiltrazioni di acqua, in caso di forti shock termici oppure qualora siano presenti delle partite di pignatte difettose. Essendo il laterocemento la tipologia più diffusa di solaio nei nostri edifici, in particolar modo negli edifici scolastici la messa in sicurezza di tali elementi è diventata una priorità assoluta negli ultimi anni, proprio perché con il progressivo invecchiamento degli immobili il rischio di episodi di sfondellamento diviene sempre più concreto.
Una delle principali soluzioni tecniche in tal senso è l’applicazione di un controsoffitto antisfondellamento, che abbia cioè le capacità meccaniche sufficienti per contenere l’eventuale distacco di detriti dall’intradosso del solaio all’interno dell’intercapedine, senza cedimenti e senza diventare a sua volta un elemento di pericolo per gli utenti sottostanti. Si parla quindi di controsoffitti strutturali.
di Matteo Cazzaniga