Quello della vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano nei confronti dell’azione sismica è un argomento largamente trattato, soprattutto a seguito degli eventi dell’ultimo decennio. Vista l’impossibilità di prevedere l’approssimarsi di un terremoto, unica alternativa è farsi trovare preparati quando la terra comincia a tremare. Non è però semplice adeguare o migliorare il comportamento strutturale degli edifici nei confronti dell’azione orizzontale dovuta al terremoto: bisogna conoscere la storia della costruzione, le sue caratteristiche e quale tipo di intervento intraprendere. Con un occhio all’aspetto economico.
Purtroppo, la maggior parte dei nostri edifici non è preparata ad affrontare un evento sismico di alta intensità. Ci si potrebbe chieder come sia possibile, visto che le prime prescrizioni sismiche risalgono al 1906 e la prima classificazione sismica del territorio è del 1927. Inoltre con il tempo, l’ampliarsi delle banche dati sui terremoti e l’approfondimento della geofisica del territorio, anche le mappature delle zone pericolose sono state affinate e aggiornate, fino a giungere alla più recente catalogazione del 2003.
Affrontare il sisma
Ci troviamo quindi oggi a dover affrontare la necessità di adeguare o migliorare il comportamento strutturale degli edifici esistenti nei confronti dell’azione orizzontale dovuta al terremoto. La normativa di riferimento attualmente è il decreto ministeriale del 14 gennaio 2008 e la successiva circolare esplicativa del 2009 nella quale vengono definiti tre principali livelli di intervento sulle costruzioni: interventi di adeguamento, finalizzati al raggiungimento degli stessi livelli di sicurezza di un edificio di nuova costruzione, di miglioramento per l’incremento della sicurezza strutturale dell’edificio pur non raggiungendo i livelli di sicurezza di un edificio nuovo e, infine, azioni locali, che non modificano il livello di sicurezza dell’edificio, ma soprattutto non lo peggiorano. Per esempio, aprire un passaggio in una muratura portante senza posare in opera un’adeguata cerchiatura non migliora la statica della costruzione.
Il primo passo, qualsiasi intervento si intenda affrontare, prevede un’accurata conoscenza dell’edificio in termini di materiali, dettagli costruttivi, geometria e storia, cioè le variazioni strutturali eventualmente apportate allo schema originario. Perché intervenire su un edificio senza averne una buona conoscenza sarebbe come operare un malato senza sapere quale malattia lo affligge. Passo successivo all’indagine è l’esecuzione di un’analisi a elementi finiti, che consenta di determinare il livello di sicurezza dell’edificio nello stato di fatto. Con i risultati ottenuti, si può quindi fare una valutazione in merito alla tipologia e all’estensione dell’intervento da realizzare.
La strada del miglioramento
Non è sempre facile intervenire con tecniche tradizionali, se non a scapito di costi elevati comparati al valore della struttura. Edifici esistenti progettati in assenza di specifiche norme sismiche sono caratterizzati da dettagli esecutivi insufficienti, tali da non riuscire a evitare danni rilevanti alle parti strutturali o, addirittura, si raggiunge il collasso anche con terremoti di bassa entità. Spesso avviene che a seguito delle analisi svolte sull’edificio si arrivi alla conclusione che un adeguamento sarebbe troppo oneroso rispetto al valore del bene e si decide per un intervento di miglioramento. Discorso analogo si può fare per tutti gli edifici di pregio architettonico soggetti a vincolo monumentale o paesaggistico, dove la possibilità di intervento risulta spesso limitata e ci si deve limitare a interventi mirati a risolvere specifiche criticità senza ottenere un adeguamento sismico.
Due categorie resistenti al sisma
Gli edifici adeguati sismicamente o resistenti ai terremoti si dividono principalmente in due categorie, quelli che a seguito delle scosse rimangono pienamente operativi e quelli che sopravvivono al sisma danneggiandosi. Nella prima categoria rientrano gli edifici isolati alla base o dotati di dissipatori, mentre nella seconda quelli tradizionali realizzati con criteri antisismici e che, quindi, dissipano l’energia accumulata danneggiandosi.
I metodi di adeguamento tramite dispositivi di protezione sono mediamente più onerosi rispetto a un intervento tradizionale. Hanno però il vantaggio di un danneggiamento limitato della struttura a seguito dell’innesco di questi ultimi. Questi interventi mirano all’utilizzo di dispositivi sismici posizionati tra il terreno e la struttura o, addirittura, all’interno. L’obiettivo consiste nel diminuire la domanda sismica o incrementare la dissipazione del terremoto. Una delle tecniche più efficienti è quella di inserire dei sistemi di isolamento sismico alla base dell’edificio. Questa tecnica sta diventando una soluzione quasi di uso corrente, almeno nelle nuove costruzioni, ma è applicabile anche a edifici esistenti.
L’isolamento sismico posto alla base della costruzione disaccoppia il movimento del terreno da quella della struttura introducendo uno svincolo tra le fondazioni collegate rigidamente al terreno e la sovrastruttura isolata (1). La trasmissione dei carichi verticali è comunque garantita dall’introduzione degli isolatori (2) che hanno una notevole rigidezza in direzione verticale. Allo stesso tempo hanno una elevata deformabilità e perciò bassa rigidezza orizzontale. L’elevata deformabilità degli isolatori incrementa il periodo fondamentale della struttura, intesa come sistema di fondazioni, isolatori e sovrastruttura, verso il campo dove le accelerazioni spettrali diminuiscono allontanandosi dalla zona di plateau. Questo approccio permette di progettare edifici con un’azione sismica inferiore. Ovviamente l’aumento del periodo fondamentale della struttura comporta un incremento in termini di spostamento che si concentra nel sistema di isolamento, dove è dissipata gran parte dell’energia. Un’altra caratteristica di alcuni sistemi di isolamento è la capacità di ricentraggio, ovvero di ritornare pressappoco nella posizione iniziale a seguito di uno spostamento, evitando così di avere elevati spostamenti residui. Un sistema di isolamento è costituito da diversi dispositivi che insieme possono soddisfare le prestazioni richieste.
Un altro approccio consiste nell’utilizzo di speciali dispositivi da posizionare all’interno dei sistemi di controvento per dissipare energia (3). Questa tecnica viene utilizzata nel caso di adeguamento di strutture intelaiate. È una tecnica di protezione applicata inizialmente a strutture nuove, ma offre grandi potenzialità anche per strutture esistenti. I controventi tradizionali incrementano la resistenza e rigidezza del sistema strutturale mentre i controventi dissipativi permettono di raggiungere una capacità dissipativa senza incrementare notevolmente la rigidezza e la resistenza. A differenza dell’isolamento sismico alla base, questo approccio non muta l’energia sismica, ma mira ad aumentare in modo significativo la dissipazione di energia attraverso questi dispositivi. La struttura è protetta dal danneggiamento in quanto l’energia sismica è immagazzinata prevalentemente da elementi con rigidezza prevalente quali i controventi dissipativi.
Nell’ambito degli interventi locali esistono, invece, tecniche di rinforzo basate sul confinamento degli elementi strutturali o in cemento armato o in muratura che permettono di ottenere incrementi significativi della resistenza e della duttilità. Un esempio è l’utilizzo di nuovi materiali quali Frp (polimeri fibrorinforzati) come nel caso dell’applicazione su pannelli in muratura di lamine di composito o tessuti in fibra di carbonio che conferiscono una forte resistenza a trazione, limitando l’apertura delle fessure.
Quali soluzioni scegliere
In conclusione, esistono molteplici metodi di intervento per adeguare o migliorare sismicamente una struttura. La scelta della soluzione più idonea al singolo progetto deriva da una valutazione critica partendo dallo stato attuale della costruzione e basandosi su considerazioni tecniche ed economiche. Attualmente non esiste nessun obbligo normativo in merito alla valutazione sismica di edifici residenziali o produttivi, ciò nonostante interventi di miglioramento o adeguamento sono incentivati tramite bonus fiscali (il cosiddetto sismabonus).
(Anna Magri e Claudio Sosio de Rosa)