La tipologia del condominio, sia esso in linea o a torre, è assurta a simbolo stesso della speculazione edilizia che ha generato oscene periferie mal progettate e ancor peggio costruite. Ne consegue che in breve tempo il termine è stato radiato dal lessico architettonico. Eppure, la matrice del significato di questa parola è nobile e affonda le proprie radici nel diritto romano.
Molti architetti, che citiamo quali riferimenti della nostra disciplina, hanno frequentato il tema: basti pensare alle innumerevoli firme di rilievo che hanno collaborato allo sviluppo del piano Ina-casa che dal 1949 al 1963 ha permesso la realizzazione, su tutto il territorio nazionale, di interventi di edilizia residenziale pubblica di qualità. Fra i vari ricordiamo Albini, Aymonino, Bbpr, Figini e Pollini, Gabetti ed Isola, Gardella, che hanno progettato residenze collettive con esiti notevoli sia sotto il profilo della sperimentazione tipologica che dell’esito formale. In tempi più recenti, soprattutto nell’ambito di programmi di rigenerazione urbana, Cino Zucchi è spesso tornato sul tema del condominio. Fra i vari esempi si cita l’area ex Junghans a Venezia ed il Nuovo Portello a Milano. Persino Guido Canali, più noto per i propri interventi di restauro o nell’ambito dei servizi, ci ha regalato il magistrale complesso di Parco della Vittoria a Milano. Ma nulla è valso a evitare l’ostracismo e ormai nessuno usa questa parola e preferisce nascondersi dietro elaborate parafrasi.
Nel caso in esame parliamo di un contesto posto ai margini del costruito consolidato della città di Treviso. Un ex comparto produttivo, noto come area ex- Metalcrom, oggetto di un più ampio programma di rigenerazione che ha destinato alla residenza questa porzione di territorio. Il complesso, a un primo sguardo dall’esterno, soprattutto con una prospettiva di taglio, appare estremamente massivo e rigido. Le volumetrie sono scandite da una ritmata teoria di parallelepipedi che sembrano chiudersi al contesto e celarsi gelosamente fra loro.
Ma Demogo, studio di giovani progettisti nella città veneta, si sono dimostrati molto più astuti di così ed estremamente elusivi. Percorrendo l’asse centrale del comparto, che distribuisce i singoli percorsi che svincolano i blocchi scala, si scopre come prima cosa che le unità abitative sono distribuite in due corpi di fabbrica di dimensioni diverse, posizionati nel lotto a conformare una grande «L». Proseguendo nell’esplorazione, si nota una progressiva smaterializzazione del piano terra, che permette una inattesa visione trasversale. In questi scorci si riquadrano istantanee: un dettaglio di campagna piatta e verdissima, un filare di alberi a foglia caduca.
Sopra questo sistema ibrido, in parte privato in parte pubblico, galleggiano i parallelepipedi scorti dall’esterno: non sono introversi e molto più leggeri del previsto. I progettisti hanno operato profondi scavi e creato, a ogni livello, logge passanti, o a tasca, molto ampie e pienamente vivibili come naturale estensione degli ambienti interni.
I due condomini, tipologia in linea, sono realizzati con una metodica che potremo definire tradizionale evoluta. La parte strutturale è risolta con un classico telaio in travi e pilastri realizzato in calcestruzzo armato. Le specchiature sono poi tamponate in laterizio porizzato. Internamente agli alloggi, 34 in tutto con tagli che vanno da 70 a 170 metri quadrati, è stata ricavata un’ampia contro parete utile sia per accogliere l’impiantistica, elettrica e meccanica, che un generoso strato coibente in lana di roccia.
Le murature sono rifinite, nella faccia esterna, a intonaco colorato in pasta trattato in modo differente a seconda della posizione. Le parti di basamento e la cortina edilizia hanno una grana fine e sono lisciate in modo tale da risultare parzialmente riflettenti, quasi a ricreare un effetto a stucco veneziano, ma da esterno. I corpi delle logge sono invece trattati con una mescola ricca di inerti molto più grossolani e le specchiature sono staggiate in modo discontinuo, come negli edifici rurali tipici dell’intorno. Queste lavorazioni esaltano la matericità dell’intonaco che si arricchisce trasformando le pareti, secondo l’incidenza dei raggi solari, in superfici preziose o quasi grezze, con un effetto non finito marcato da un profondo chiaroscuro.
I singoli alloggi sono dotati di generatori di calore ad alta efficienza. La scelta potrebbe apparire incongrua e in controtendenza, ma i recenti accadimenti speculativi sul costo dell’energia la rendono una opzione accorta e premiante. A integrare il bilancio energetico dei condomini si rileva che il tetto piano accoglie un consistente impianto fotovoltaico che, unitamente all’isolamento delle pareti e a un attento controllo dei ponti termici, ha permesso di raggiungere la Classe Energica A4.
Demogo ha individuato una tipologia edilizia bistrattata e l’ha usata come uno strumento per mostrare la propria visione di questa terra di mezzo posta fra il costruito consolidato della città e la placida campagna. Simone Gobbo, Alberto Mottola e Davide De Marchi, i fondatori dello studio, regalano un’architettura sorprendente che prima respinge, apparendo estremamente statica ed arroccata, e poi accoglie, divenendo dinamica e porosa, grazie al mutevole gioco di ombre e all’osmosi con gli elementi peculiari del contesto.
di Ilaria Bizzo e Stefano Cornacchini (da YouBuild n.27)
LA SCHEDA
Cliente: Iniziative Genuine
Progetto: Demogo studio di architettura e d-recta, collaboratori Davide Bertin, Sandro Burigana, Pietro Franchin e Andrea Stocco
Strutture: Studio di ingegneria RS
Impianti meccanici ed elettrici: Climostera
Paesaggio: Nicoletta Matteazzi
Impresa edile: Setten Genesio
Realizzazione: progettazione 2019 – 2020 – realizzazione 2020 – 2021
Info: www.demogo.it
Fotografie: Pietro Savorelli