Umberto Andolfato, attuale preside dell’Istituto Tecnico Tecnologico Cat Carlo Bazzi di Milano, è un professionista poliedrico, di carattere curioso, laureato in architettura, con skill specialistiche nella progettazione del paesaggio, e dote significativa, nel suo ruolo di manager di una scuola di formazione, è naturalmente incline a creare reti che connettono saperi e persone, idee e progetti, alunni e realtà del territorio.
In questo lavoro di tessitore di trame, che spesso si concretizzano in storie di crescita professionale e acquisizione di competenze innovative sul campo per i suoi alunni, non è solo. A sostenerne gli sforzi è il sistema bilaterale delle costruzioni milanese guidato pariteticamente dall’associazione degli imprenditori edili (Assimpredil Ance) e dalle rappresentanze sindacali dei lavoratori (Fillea Cgil, Feneal Uil e Filca Cisl).
Studente di architettura folgorato dalle tematiche del paesaggio dopo un esame sostenuto con la professoressa Renata Rippa sull’arte dei giardini, Umberto prosegue gli studi come cultore della materia con corsi di specializzazione e collabora come docente al Politecnico di Milano fino al 2016, quando viene chiamato a guidare il prestigioso Istituto Tecnico Tecnologico Cat Carlo Bazzi. Tutt’ora però è tesoriere Aiapp, l’Associazione Italiana Architettura del Paesaggio.
Nei 25 anni di libera professione il preside del Bazzi coglie tante opportunità lavorative, e non solo in ambito paesaggistico, che lo portano anche all’estero, e che costituiscono quello scrigno di esperienze che da 9 anni gli stanno consentendo di cogliere tutti gli spunti che arrivano dall’industria delle costruzioni ma anche dalla società civile che, a Milano, pullula di quell’impegno concreto capace di trasformare rapidamente l’evoluzione industriale e umana della città.
È proprio in veste di preside del Bazzi che abbiamo voluto incontrare Umberto Andolfato, per conoscere le proposte e le strategie formative del Bazzi, istituzione che oggi concorre a formare quelle figure professionali, cosiddette 5.0, che gli imprenditori edili, spesso, cercano invano.
In verità, occorre dire che nel corso della lunga crisi che dal 2008 a oggi, in varie forme, attraversa l’economia del nostro Paese, e non solo, l’edilizia ha perso un milione di posti di lavoro che, nonostante gli sforzi del sistema industriale e la parentesi del Superbonus, non si riescono a ripristinare.
Una ricerca di personale ulteriormente complicata dai mutamenti tecnologici e dal cambiamento degli stili di vita che ne sono conseguiti e che hanno profondamente trasformato anche il prodotto costruito, dalla casa alle infrastrutture. Un ricambio generazionale difficile nel mondo del lavoro edile che non attrae nuove leve.
Va anche detto che proprio le tecnologie sono il propulsore di una rivitalizzazione delle professioni edili e che, in tale contesto, il Bazzi e tutte le altre agenzie formative deputate possono giocare un ruolo strategico. Un contesto socio-economico di settore di cui Umberto Andolfato ha compreso bene le potenzialità e in cui sta agendo integrando una serie di azioni formative mirate a una nuova qualificazione delle professioni edili, in sintonia con i bisogni industriali.
Umberto, come definirebbe il suo approccio come coordinatore didattico del Bazzi?
Coordinare il Bazzi è una bella sfida. Ho avuto in eredità un immenso patrimonio di materiali, storia e persone. La bellezza di questo istituto sta nel fatto che è una sintesi di realtà che lo rendono singolare e prezioso: la bilateralità delle costruzioni milanesi, che supporta l’istituto paritario attraverso il sostegno di Esem-Cpt, è una grande e multiforme ricchezza.
Il Bazzi è un Cat, cosa cambia nel progetto formativo dei futuri professionisti?
L’istituto nacque per periti tecnici industriali ed edili. Con la riforma Gelmini questi istituti sono diventati Cat (Costruzioni Ambiente Territorio), una denominazione che contiene le istanze di innovazione sui temi dirimenti per l’intera società e in particolare per i futuri professionisti dell’industria delle costruzioni: salvaguardia dell’ambiente e del territorio in chiave sostenibile.
Un settore industriale che finanzia la sua formazione tecnica è certamente una leva di sviluppo.
Il fatto che il settore delle costruzioni abbia al proprio interno le sue scuole di formazione è un unicum e un valore che sento la responsabilità di portare avanti grazie, soprattutto, all’importante supporto della bilateralità, attraverso i suoi attuali rappresentanti, presidente Istituto Bazzi Marco Martini (Assimpredil Ance) e il vicepresidente Fabrizio Zaniolo (Feneal Uil). Il mio compito consiste prima di tutto nel mantenimento attivo delle relazioni fra industria, scuola e comunità territoriale.
Veniamo al piano formativo, com’è cambiato sotto la sua presidenza?
Occorre guardare lontano, essere lungimiranti. Senz’altro è questa la determinante della mia azione al Bazzi. Dobbiamo pensare in un’ottica di 5 anni di formazione per fare in modo che al termine del percorso di studi il ragazzo sia al passo con la domanda professionale del mercato. E oggi non è un compito facile. Con gli anni 2000 la società è caratterizzata dalla mancanza di riferimenti univoci, quello in cui viviamo è un mondo gassoso, in cui le trasformazioni sono sempre più veloci. Fra cinque anni è molto probabile che il mondo sia cambiato 10 volte.
È un esercizio molto complesso quello di cercare di capire dove condurre i ragazzi e con quali strumenti e competenze organizzare il loro bagaglio di conoscenze. In questo momento, per esempio, è fondamentale integrare la loro formazione di base con le nuove tecnologie digitali e, da qualche anno ormai, lo facciamo con l’insegnamento del Bim – Building Information Modelling.
La progettazione digitale dei manufatti è una realtà acclarata, definita da decreti legislativi e normazione Uni, che riguarda anche le nuove figure professionali digitali per le costruzioni. Non solo, molte sono le implicazioni nella gestione dei cantieri e in materia di sicurezza sul lavoro.
Non solo Bim però, abbiamo iniziato un ragionamento sperimentale sul ruolo e l’uso della robotica in cantiere e le applicazioni dell’intelligenza artificiale. Tra qualche anno nei nostri cantieri non sarà raro trovare anche i robot e i ragazzi devono acquisire la capacità di utilizzare e governare i processi digitali nelle costruzioni.
Infatti, un altro progetto di formazione che affronteremo riguarda la gestione dei dati che lo sviluppo digitale porta necessariamente con sé. Le figure professionali che gestiscono e interpretano i dati, già ora, sono fra le più richieste dal mercato del lavoro. I nostri ragazzi realizzeranno e riqualificheranno strutture che trasmetteranno dati.
La diagnostica delle patologie sarà digitale. Non solo, le caratteristiche prestazionali degli edifici saranno monitorate per il loro intero ciclo di vita. E proprio su quest’ultimo aspetto stiamo alacremente lavorando con i ragazzi del triennio, per i quali abbiamo messo a disposizione strumenti di rilievo diagnostico dell’edificio.
L’Italia ha un patrimonio immobiliare storico importante da rigenerare e i ragazzi devono saper intervenire su un edificio del ‘500 come del ‘900 e contemporaneo. Per non parlare dell’efficientamento energetico e della complessità climatica che attraversa la Penisola insie- me a quella sismica e idrogeologica. Riassumendo, i tre assi formativi su cui ci muoviamo sono: il processo Bim, la diagnostica digitale ai fini della rigenerazione, l’analisi dei dati.
Per riuscire aa espletare la parte laboratoriale facciamo più ore rispetto agli altri Cat: 35 ore nel biennio e 37 nel triennio. Nel biennio abbiamo più ore dedicate al cantiere, in collaborazione con Esem Cpt, che nel triennio si trasformano anche in visite in cantiere. Facciamo poi un’attività con la Protezione Civile sul quinquennio con un corso di 16 ore per diventare volontari all’ultimo anno scolastico.
È aumentata la quota di ragazze che si iscrive al Cat?
La percentuale maschile da noi è del 70% ma quella femminile è in aumento, intorno al 30%, simile alla quota di stranieri. Ecco un altro valore che ci contraddistingue, l’inclusività.
Umberto la fragilità giovanile è un tema eterno ma che nella nostra società è decisamente più presente che in passato. Il Bazzi come la affronta?
Affrontiamo le fragilità delle generazioni che si alternano in Istituto di anno in anno con un unico obiettivo: portare a termine il percorso formativo dello studente, consentire loro di acquisire la capacità di rapportarsi con il mondo in senso lato e con il mondo del lavoro. Riuscire a dare loro un futuro è il nostro successo più grande. Dico spesso che il Bazzi è una palestra in cui ci si può far male in sicurezza.
I nostri ragazzi hanno alcuni importanti paracadute: una serie di aziende in fila ad attenderli, in primis imprese di costruzioni e produttori di tecnologie e componentistica edile. Se vogliono proseguire la formazione dopo il diploma possono accedere all’Its Canteri dell’Arte con tante ore di formazione on the job; diversamente, possono proseguire con l’università, sapendo che in ogni momento da noi trovano posizioni di lavoro aperte. Insomma, si tratta di avere a disposizione varie opportunità e sbocchi di carriera con riscontri economici interessanti per i giovani.
Progetti di cui va particolarmente fiero?
Il Bazzi, come le dicevo, fa parte di una famiglia che comprende Esem Cpt, Its Fondazione Cantieri dell’Arte e Asle-Rlst, un insieme di strutture formative che ci aiutano a realizzare tanti progetti. Abbiamo anche un piccolo ma significativo Museo della Sicurezza visitabile e utilizzato dai nostri studenti per la formazione. Con Esem-Cpt, il Comune e Città Metropolitana ci siamo inventati il format della Safety Week, iniziativa che ruota intorno al valore centrale della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il progetto “cantiere dei piccoli” è un’altra iniziativa che sulla sicurezza, attraverso il gioco, unisce famiglie, grandi e piccini.
Come selezionate la classe insegnanti?
Cerchiamo di intercettare il più possibile docenti abilitati che, prima o poi, purtroppo, vengono intercettati dall’istruzione pubblica. E facendo di necessità virtù, coinvolgiamo, sempre più, docenti che provengono dalle professioni tecniche, docenti che hanno il valore aggiunto di intercettare in modo più idoneo le trasformazioni tecnico-tecnologiche che sperimentano nella loro vita professionale.
Prossimo progetto in cantiere?
Lo accennavo prima, stiamo studiando un percorso formativo sulla robotica basato sull’evoluzione dell’intelligenza artificiale, un ambito che crescerà sempre più in un settore che oggi è ad elevata operatività manuale. E poi, nel complesso, dovremo spingere su processi di industrializzazione del cantiere. In tema di sostenibilità sociale, economica e ambientale, infine, i nostri traguardi futuri sono disegnati nell’agenda 2030.
intervista a cura di Livia Randaccio