I buoni principi non devono restare su carta, dall’Oice arriva la sollecitazione ad applicare il codice appalti. È questo il messaggio che ha trasmesso oggi l’Oice, l’associazione delle società di ingegneria e architettura intervenendo in audizione presso l’ottava commissione della Camera. Incontro avvenuto alla presenza del vice presidente on. Battistoni, nell’ambito del ciclo di audizioni sulle risoluzioni parlamentari presentate dagli onorevoli Mazzetti, Manes, Santillo e Milani.
Giorgio Lupoi | Presidente Oice
L’associazione ha accolto con favore l’emanazione del nuovo codice, un anno fa. Anche e soprattutto per la definizione di importanti principi che devono conformare l’agire della pubblica amministrazione e degli operatori economici.
Principi come risultato, fiducia, buona fede, equilibrio contrattuale, accesso al mercato. Ad un anno dalla sua emanazione rileviamo come elemento positivo il fatto che il Parlamento abbia posto all’attenzione del Governo la necessità di intervenire sul d.lgs. 36/2023.
In particolare, riteniamo che si debba in primo luogo intervenire colmando il vuoto determinato dall’assenza di regole specifiche per l’affidamento di servizi di ingegneria e architettura. Una volta abrogate le Lg 1/2016 dell’Anac le amministrazioni non hanno avuto più riferimenti certi e questo ha causato non poche difficoltà agli operatori.
Necessario ritoccare il Codice
Abbiamo poi delle richieste puntuali, che abbiamo illustrato alla Commissione. Come quelle sull’accesso alle gare, perché le richieste di referenze su soli tre anni penalizza una larga parte del mercato. Crea un immotivato e discriminatorio trattamento rispetto alle imprese di costruzioni qualificate su 15 anni.
Sulla necessità di ripristinare l’anticipazione contrattuale per i servizi tecnico-professionali, immotivatamente cancellata dal legislatore. E sulla limitazione degli affidamenti diretti in via fiduciaria. Sulla riduzione degli incentivi ai tecnici della pa alle fasi di programmazione e gestione e non a quella progettuale.
Sulle garanzie in ordine alle modifiche in corso di esecuzione. Perché il ricorso ai contratti a corpo finisce spesso per vessare l’operatore economico ben oltre i limiti di un equo rapporto contrattuale.
Equo compenso e appalti integrati
Abbiamo notato che la liberalizzazione dell’appalto integrato, estesa spesso ad interventi in cui l’apporto progettuale dell’impresa di costruzioni non ha ragion d’essere. Comporta un suo utilizzo errato.
Occorre quindi riflettere, senza posizioni aprioristiche di parte, su ipotesi in cui sia realmente giustificato. Sull’equo compenso riteniamo che il mancato coordinamento fra codice e legge 49 sia da risolvere senza indugi ulteriori. Ma soprattutto si deve aggiornare il decreto parametri inserendo le nuove attività richieste ma non previste.
È nostra opinione che siano sempre da ricercare soluzioni virtuose che permettano di valorizzare la qualità rispetto alla parte economica, come, ad esempio, l’utilizzo di formule esponenziali.