Il giapponese Arata Isozaki è il Premio Pritzker 2019

«Supera la struttura dell’architettura per sollevare domande che trascendono le ere e i confini». Ecco la motivazione della giuria per il Premio Pritzker 2019 ad Arata Isozaki che ricorda le parole dell’archistar giapponese sul bisogno di fuggire la superficialità e mostrare le cose nascoste. Ovvero manifestare un’architettura degna della nostra epoca, sempre pronta ad approfondire la conoscenza e coglierne le infinite possibilità.

 

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Torre Allianz nel complesso milanese di CityLife, 2015

 

L’importanza di non fermarsi mai. Anche questo sembrano significare le parole dei giudici del Premio Pritzker. E il paragone vola subito alla filosofia che si cela dietro alla Torre Allianz di Milano, simile a una scultura infinita, che potenzialmente si potrebbe ripetere in continuazione con l’aggiunta di un modulo dietro l’altro. Trascendendo ere e confini. Infinita come la vicenda della Loggia degli Uffizi di Firenze per cui Isozaki vinse il concorso internazionale nel 1998, ma che mai nessuno si assunse la responsabilità di realizzare. Anche questo viene in mente, perché l’architetto giapponese di 88 anni allievo di Kenzō Tange (anch’esso Premio Pritzker nel 1987) ha avuto a che fare spesso con l’Italia, dove ha costruito, per esempio, il Palasport per le Olimpiadi invernali del 2006 a Torino e la Biblioteca di Maranello nel 2011.

 

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Palasport per le Olimpiadi invernali di Torino, 2006

 

Uno straordinario successo, quello nipponico, nei premi Pritzker degli ultimi anni: Arata Isozaki è l’ottavo giapponese in assoluto a essere insignito del premio più importante per l’architettura, ma risulta il quarto fra i suoi connazionali solo negli ultimi nove anni. Prima di lui Kazuyo Sejima e Ryūe Nishizawa (SANAA) nel 2010, Toyo Ito nel 2013 e Shigeru Ban nel 2014.

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