Stefano Pozzo, esperto di procedure organizzative applicate al controllo di gestione, interviene per risolvere i problemi di uno studio di architetti in crisi. Dopo i primi incontri per radiografare i problemi da risolvere, il consulente passa al piano d’azione per tagliare i tempi, ottimizzare il lavoro e razionalizzare le spese.
Dove partire per migliorare le performance in uno studio professionale? Leggi qui la cronaca degli incontri precedenti
Il lavoro parte con l’analisi di dettaglio dell’attività dello studio, per capire se aree e funzioni aziendali sono identificate e se sono rispettate sempre. Appare chiaro che in 20 anni i professionisti si sono concentrati decisamente sull’aspetto tecnico delle loro competenze, davvero elevate, senza preoccuparsi di quanto sottende al loro lavoro. Il risultato inevitabile è l’improvvisazione in tutti gli aspetti che non riguardano direttamente il contenuto specifico della professione. Partendo dalla suddivisione delle funzioni aziendali (commerciale, operativa e amministrativa) nelle nostre sessioni settimanali di lavoro insieme, facciamo emergere che cosa succede.
Controllo di gestione: l’importanza della funzione commerciale
La funzione commerciale è il punto da cui erano partiti, ciò che era evidente non funzionasse e su cui gli architetti dello studio vogliono lavorare di più: un rapporto molto basso tra proposte presentate e incarichi ricevuti. Occorre un passo indietro, perché è importante legare un orizzonte corretto ai numeri: i valori e le percentuali sono sempre relativi.
Come arrivano i potenziali clienti? Non avendo mai posto in essere iniziative di marketing e commerciali, l’unica possibilità che hanno di raggiungere il mercato sono i rapporti personali, che sono comunque un’ottima base di partenza. Ma è evidente che, tra le loro conoscenze dirette, si è rivolto allo studio chi ha ben presente che cosa fanno e più per amicizia che per stima professionale (cosa che crea un problema successivo non da poco, perché chiedere soldi a qualcuno che si è rivolto a te come amico genera imbarazzi che diminuiscono la redditività del lavoro).
Manca del tutto sia una strategia di marketing che permetta di rendere i professionisti visibili sul mercato di riferimento e di valorizzare le competenze come carattere distintivo: occorre pianificare un investimento in tal senso, seppur minimale in termini economici. Ma, soprattutto,è necessario che i professionisti dedichino una parte definita del loro tempo alla promozione del business (è necessario definirla perché il tempo ha un costo e se non lo identifico chiaramente non saprò mai se e quando l’impegno che investo ritorna in termini economici. Inoltre, se non si pianifica e programma, difficilmente si fanno le cose nei modi e nei tempi giusti).
Doto, quindi, lo studio professionale di architetti di un banalissimo foglio di Excel su cui possano scrivere tutti i contatti con i dettagli di riferimento, una sorta di piccolo database commerciale. È il primo passo per sapere esattamente di quanti contatti diretti parliamo, in seguito capiremo come utilizzarli.
L’analisi delle modalità con cui sono avanzate le proposte ai possibili committenti mi fa trarre alcune rapide conclusioni: innanzitutto, pur essendo un documento che riassume l’esito di uno o più incontri con i potenziali clienti, non ha alla base un dato oggettivo riscontrabile. In una riunione sono indicate delle esigenze: le trascrivo in un documento che dimostra che ho capito quanto mi è stato chiesto. In secondo luogo, il documento di proposta è estremamente sintetico e non offre a chi lo legge la possibilità di capire (e quindi valorizzare) tutte le attività che vengono espletate, le figure coinvolte e il risultato che si ottiene. Infine, il criterio di valorizzazione economica della proposta è a dir poco aleatorio.
Dalla proposta all’incarico: dare valore all’attività professionale
L’attività professionale si basa su tre elementi: la competenza, il tempo che si impiega, le spese che si sostengono. L’unione di questi elementi e la loro quantificazione costituisce il dato economico che il cliente deve approvare. Ma mentre alla competenza si può teoricamente dare un valore arbitrario, le ore di lavoro e le spese bisogna calcolarle e stimarle con buona approssimazione (e poi bisognerà anche controllare che tali stime siano corrette e il più possibile rispettate).
Il lavoro di affiancamento procede con simulazioni: prendendo a esempio concreto un lavoro precedente, faccio stilare l’elenco di tutte le attività che la commessa prevedeva e la stima per ogni voce delle ore di lavoro e le spese vive relative. Successivamente diamo un valore all’ora di lavoro e questo, con le spese, crea il totale del preventivo. Il risultato è che le cifre si discostano di molto dalla realtà ottenuta, e non per eccesso. Questo può significare in buona sostanza due cose: o hanno «regalato» parte del lavoro, o non sanno stimare il tempo del loro impegno. Lascio a chi legge decidere quale delle due opzioni è quella corrispondente alla realtà.
Un dettaglio, che poi tanto piccolo non è, riguarda la forma con cui il documento si presenta: è una proposta, quindi teoricamente suscettibile a variazioni e trattative, e non può assumere la definitività di un incarico, con tutte le condizioni contrattuali che questo richiede. Quindi un chiaro, semplice e leggibile, che contenga tutti gli elementi operativi che si affronteranno (e che non sono discutibili perché se quello bisogna fare, quello si farà), ma non appesantito da clausole e dettagli che in fase di proposta zavorrano la trattativa e non la agevolano.
Una volta pattuiti cifre, tempi e modalità, allora si può passare al livello successivo, l’incarico appunto, che vincola entrambe le parti in modo definitivo. Non si tratta di appesantire l’attività con procedure e prassi inutili, ma semplicemente di assecondare la realtà per come è: prima ci si accorda e si discute sui contenuti e sui soldi (proposta), e poi si sancisce l’accordo (incarico). Pensare di far coincidere i due step, a maggior ragione quando si discute di cifre importanti, è un errore che può pregiudicare il buon esito, creando una pressione che non viene percepita come positiva.
Funzione operativa: maggior controllo su tempi e costi
Come detto, le competenze tecniche dei professionisti sono davvero elevate e la loro operatività non è da modificare. Quello che manca è la traccia di ciò che fanno e di come lo fanno, per permettere quella ripetitività di prassi che evita inutili dispersioni di tempo (quindi, di nuovo, di denaro), in particolare nel rapporto con committenti, altre figure professionali e imprese che realizzano quanto progettato.
Esattamente come per l’attività commerciale, implementiamo una parte documentale minima che consenta di verbalizzare i contenuti delle periodiche riunioni in cui si aggiornano e si prendono decisioni con i committenti e le imprese. Questo permette di dimostrare ai committenti che nulla è lasciato al caso (valore) e di evitare eventuali future contestazioni a distanza tempo (efficienza).
Con i professionisti con cui collaborano sono formalizzati modalità, tempi e condizioni: anche in questo caso, possono misurare e avere maggior controllo sull’operatività altrui e dimostrare precisione sulle tempistiche, anche di pagamento. A maggior serietà dimostrata, corrisponde una maggior disponibilità delle risorse ed una maggiore competitività dei costi. Inoltre, poiché manca una stima a priori delle ore di lavoro e delle spese, manca ovviamente il sistema di verifica e controllo. Non hanno la minima idea di quanto tempo utilizzino su ogni attività per ogni lavoro, quindi la redditività, se c’è, è assolutamente casuale.
Creo uno strumento agile, anche qui con Excel, che permetta giorno per giorno di inserire le ore di lavoro suddivise per attività e cantiere. La cosa da fare è banale, richiede al massimo 5 minuti, ma implementarlo richiederà enorme fatica perché è un’abitudine che non c’è. Il risultato delle somme periodiche è uno choc: le somme sono giuste, rispecchiano semplicemente la realtà delle cose che nessuno di loro aveva mai avuto modo di verificare. Torna utile per fare i preventivi di lavoro.
Funzione amministrativa: controllo del business plan
Qui è tutto molto più semplice, perché non c’è nulla da analizzare e modificare: è tutto da costruire.
Ovviamente la contabilità fiscale è tenuta dai commercialisti (bene così), ai quali loro portano trimestralmente i documenti. Fatturazione all’occorrenza (quando mancano i soldi in conto) e pagamenti quando i soldi ci sono. Gli investimenti riguardano le attrezzature, cioè quando si rompono le cambiano. Niente business plan, niente budget, nessuna previsione finanziaria. E nessuna voglia di farli, perché sono troppo distanti dalle loro competenze e dal loro business, cosa assolutamente comprensibile.
Individuiamo le necessità di investimenti materiali (strumenti e attrezzature) e immateriali (comunicazione), fornitori e relativi preventivi. Li convinco della necessità di far finanziare gli investimenti perché allo stato attuale non esistono le risorse finanziarie per poterli affrontare, e se non si investe non si hanno gli strumenti per poter raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati. Mi occupo direttamente della redazione e del controllo del business plan, del budget e della pianificazione finanziaria, facendo emergere i costi necessari al sostentamento dell’attività (e personali) e individuando il target economico per poterli coprire. Li costringo a concentrarsi solo sul loro lavoro e sullo sviluppo commerciale. L’orizzonte temporale è 12 mesi per vedere i primi risultati: fino ad allora possono solo sopravvivere.
Come è andata a finire…
I 12 mesi sono ampiamente passati e lo studio è sopravvissuto: attualmente la realtà consta di sei professionisti che collaborano stabilmente, dopo aver generato risultati commerciali e di redditività tali da permettere ulteriori investimenti a sostegno dello sviluppo e attirando altre risorse professionali.
Tutte le procedure commerciali sono diventate stabili e abitudinarie, permettendo un lavoro continuo, spostando pian piano l’attenzione dai rapporti personali al mercato in senso più ampio, iniziando ad intercettare la domanda al di fuori della cerchia delle conoscenze. È un lavoro continuo e sicuramente faticoso, che occupa circa il 20% del tempo dei professionisti.
Anche dal punto di vista operativo, la gran parte del sistema è attuato, mentre grande resistenza trova ancora l’utilizzo degli strumenti di controllo dei tempi di lavoro: si tratta di una difficoltà pratica, non concettuale a priori, su cui ancora si dovrà lavorare molto. Dal punto di vista amministrativo si sono praticamente azzerate le improvvisazioni, garantendo una continuità e tranquillità di gestione che ha permesso di anticipare e fronteggiare le criticità che si sono presentate.
Il grande merito va evidentemente ai professionisti che hanno deciso di intraprendere una strada che aveva delle incognite, ma soprattutto che li ha contestati dal punto di vista pratico, facendo emergere errori e omissioni, ma avendo più interesse per l’obiettivo da raggiungere che per le proprie posizioni da difendere.
(Stefano Pozzo)
Salve Stefano,
lei fa anche consulenze dirette oppure corsi di formazione relativi alla sua disciplina?
Quindi lo studio dell’architetto deve essere gestito come una azienda di servizio.