Consolidare significa aggiungere forza a un legame troppo debole, non sufficientemente saldo oppure semplicemente deteriorato dal tempo, così da aver perso le sue caratteristiche originarie.
In edilizia il termine consolidare è molto diffuso, in particolar modo con riferimento alla struttura portante di un edificio, cioè a quell’insieme di elementi che sostengono un fabbricato e che, con l’usura del tempo, possono arrivare a non avere più i livelli prestazionali iniziali o, più semplicemente, hanno caratteristiche intrinseche tali da non rispondere più in maniera adeguata alle finalità richieste.
Non è un caso se uno dei sinonimi più diffusi di consolidare nel gergo comune è proprio il termine cementare: con il sostantivo cemento nel parlare quotidiano si intende qualcosa di forte, solido e duraturo nel tempo.
Il consolidamento strutturale è una disciplina, derivata direttamente dall’ingegneria delle costruzioni, che ha visto una rapida espansione negli ultimi decenni: il rinnovamento e il riuso di fabbricati più o meno storici, spesso interessati da cambiamenti di destinazione d’uso o adeguamenti normativi, passa nella maggior parte dei casi da interventi mirati che interessano il cuore di un edificio e cioè proprio la sua struttura portante.
Vita utile e prestazioni
Un consolidamento ben eseguito non solo rinnova un fabbricato ma ne determina un prolungamento effettivo della vita utile, in quanto ne riporta i livelli prestazionali alle condizioni iniziali della sua edificazione, in taluni casi addirittura incrementandoli e rendendolo quindi idoneo e conforme alle normative contemporanee.
Tali pratiche sono spesso associate a innovazioni tecnologiche importanti, nonché all’utilizzo di materiali innovativi, ma il rinforzo strutturale è un’attività già presente da molto tempo nelle costruzioni, anche attraverso tecniche di tipo tradizionale.
Cuci-scuci
Nei modelli strutturali a murature portanti (tipici degli edifici storici), tecniche come il cuci-scuci ci riportano a una concezione del consolidamento molto tradizionale, laddove il rinforzo di un elemento strutturale deteriorato passava principalmente attraverso la sua riparazione o, talvolta, addirittura sostituzione.
Nel caso di edifici storici, le strutture portanti sono generalmente costituite da elementi murari massivi con funzione non solo di definizione dei volumi e degli spazi ma anche appunto strutturale: la presenza di fessurazioni significative è l’indizio principale che qualcosa è occorso nel tempo a indebolire la struttura dell’edificio e necessita di un intervento puntuale. Il cuci-scuci è proprio questo: la riparazione della muratura attraverso la sostituzione puntuale degli elementi danneggiati con altri aventi caratteristiche analoghe (generalmente mattoni pieni).
Si tratta, appunto, di una tecnica decisamente tradizionale, che fa il paio con un’altra metodologia rivolta tipicamente ai paramenti murari: l’intonaco strutturale.
Intonaco strutturale
Un intonaco per definizione è quello strato di finitura che copre la muratura e ha una finalità strettamente funzionale prima ancora che estetica, di proteggere e legare gli elementi che compongono il paramento murario.
L’interposizione di reti in acciaio o in fibra di vetro rende questa caratteristica ancora più marcata, conferendo proprietà strutturali all’intonaco stesso: l’applicazione di intonaci strutturali, con l’aggiunta di connettori puntuali in acciaio o in fibra di vetro in ragione di 6/8 pz al mq e l’utilizzo di malte speciali con elevate resistenze meccaniche, ha trovato negli ultimi anni un rinnovato spazio nel mercato edile, in virtù delle particolari performance che questa tecnica è in grado di offrire nell’ambito dei consolidamenti con finalità antisismiche.
La creazione di un guscio armato omogeneo a rivestimento dell’involucro esterno di un edificio, infatti, contribuisce in maniera importante a un corretto comportamento della struttura portante in caso di evento sismico. Lo spessore finito di un intonaco strutturale può variare generalmente tra i 5 e gli 8 cm e deve essere applicato meccanicamente a più riprese.
Riparazione e integrazione
Con l’introduzione dei sistemi strutturali a telaio, anche le tecniche di consolidamento hanno subito delle variazioni a livello di approccio teorico e pratico: l’attenzione si è infatti progressivamente spostata sui singoli elementi portanti (travi e pilastri) e sugli elementi a piastra (solai).
Le tecniche di sostituzione sono venute meno, in quanto di difficile realizzazione all’interno di schemi statici molto snelli, pena il rischio di metterne in crisi l’intero funzionamento, a favore dei concetti di riparazione e di integrazione.
Per effettuare una panoramica delle tecniche di maggior diffusione in questo ambito, occorre ritornare ad una scomposizione schematica della struttura portante di un edificio nei suoi elementi base: fondazioni, elevazioni (pilastri e setti murari) e orizzontamenti (travi e solai).
Fondazioni
Il consolidamento strutturale di una fondazione è un’operazione molto delicata, in molti casi di difficile esecuzione in quanto presuppone che l’intero schema strutturale di un edificio sia in una situazione ormai compromessa. Le problematiche di una fondazione devono essere sempre rapportate alle caratteristiche del terreno su cui la stessa poggia: i cedimenti fondazionali possono essere causati o da un’errata valutazione delle caratteristiche del terreno in fase progettuale o da un mutamento delle stesse nel tempo.
Da un punto di vista tecnico, gli interventi di consolidamento si concentrano quindi proprio sul terreno, che è oggetto di operazioni di rinforzo per incrementarne le prestazioni in termini di tenuta ai sovraccarichi: ciò avviene generalmente mediante l’iniezione di resine espansive sotto la quota delle fondazioni, anche in abbinamento all’esecuzione di micropali o tiranti che hanno la funzione di trasferire i carichi derivanti dall’edificio verso strati di terreno più profondi e resistenti.
Sottomurazioni
Un esempio di tecnica tradizionale di rinforzo delle fondazioni sono le sottomurazioni: la creazione cioè di una nuova fondazione al di sotto della quota di quelle esistenti. È utilizzata soprattutto nei casi di scavo a confine con un edificio esistente, laddove la quota dello stesso raggiunge una profondità maggiore di quella del suo sistema fondazionale: in questi casi, per evitare fenomeni di svuotamento e cedimento, si procede alla realizzazione (da eseguirsi rigorosamente su tratti ridotti di max 2-3 m e a setti alterni) di una nuova fondazione che si integra con quelle già presenti.
Elementi verticali snelli
Come detto, lo schema portante a telaio ha introdotto elementi in elevazione progressivamente sempre più snelli, sui quali la concentrazione di carichi è molto rilevante. Intervenire con operazioni di consolidamento su di essi, quindi, è un’operazione che a volte può anche avere un carattere di urgenza, per evitare che l’intero sistema strutturale dell’edificio vada in crisi.
Così come avveniva per le colonne negli edifici storici, anche per il consolidamento di pilastri (in particolar modo in c.a.), la cerchiatura è un metodo classico e sempre molto efficace. Essa, infatti, contrasta gli effetti dei carichi a pressoflessione tipici degli elementi strutturali verticali snelli. La metodologia più tradizionale vede l’utilizzo di piatti e angolari metallici saldati in opera, posti a passo regolare, che diviene generalmente più fitto in corrispondenza dei nodi fondazione-pilastro e trave-pilastro.
Fibre di carbonio
L’evoluzione tecnologica dell’ingegneria strutturale ha portato all’introduzione di sistemi alternativi, più performanti e di rapida esecuzione: si tratta dell’utilizzo di fibre di carbonio o di Pbo (poli-arafenilenben-zobisoxazolo), entrambi materiali sintetici ad alte prestazioni. Le fibre di Pbo, impiegate per i sistemi Frcm (Fiber Reinforced Cementitious Matrix), rispetto a quelle in carbonio, hanno una resistenza a trazione superiore del 20% e un modulo elastico maggiore del 15%.
L’applicazione di questi sistemi fibrosi avviene mediante placcatura con collanti ad altissime prestazioni: in questo modo si ha una perfetta adesione all’elemento da consolidare ed un impatto minimo in termini di interferenze dimensionali e visive.
Laddove le condizioni lo consentano, poi, un’ulteriore operazione consiste nell’incrementare la sezione del pilastro: l’evoluzione tecnologica dei calcestruzzi ha visto l’introduzione di impasti colabili superfluidi ad altissime resistenze meccaniche. In questo modo, previa adeguata casseratura ed armatura integrativa, è possibile procedere per esempio all’ingrossamento della sezione complessiva di un pilastro mediante un semplice getto in maniera rapida ed efficace.
Orizzontamenti
Anche per gli orizzontamenti le soluzioni non mancano: per quanto riguarda le travi, fondamentalmente l’approccio è analogo a quanto utilizzato per i pilastri, essendo anch’esse elementi caratterizzati da snellezza dimensionale e concentrazione di sovraccarichi operativi.
La placcatura con materiali fibrosi (carbonio e Pbo) all’intradosso delle travi è la tecnologia più diffusa, grazie anche alla progressiva riduzione dei costi dei materiali, una volta proibitivi oggi invece alla portata anche di realizzazioni nella media. Per quanto riguarda i solai, il concetto strutturale predominante è quello del getto integrativo: una cappa collaborante che va a irrigidire il sistema-solaio e ad aumentare la sezione resistente.
L’inserimento di connettori metallici in corrispondenza dei travetti del solaio esistente (sia esso in legno, calcestruzzo o acciaio) e nelle murature perimetrali, insieme a un’armatura distribuita sotto forma di reti metalliche, crea le condizioni ideali per un buon consolidamento strutturale, specie se abbinato all’utilizzo di calcestruzzi alleggeriti.
Microcalcestruzzi ad altissime prestazioni
La vera innovazione, in questo ambito, è stata negli ultimi anni l’introduzione dei microcalcestruzzi ad altissime prestazioni: impasti che integrati all’utilizzo di fibre metalliche e primer di adesione permettono la realizzazione di cappe collaboranti di spessori ridottissimi (anche soli 2 cm), che hanno rivoluzionato il concetto tradizionale di cappa collaborante con connettori e rete.
In un contesto economico-sociale come quello italiano, laddove il concetto di casa come bene duraturo è ancora molto diffuso, il consolidamento strutturale è diventato quindi sempre più una pratica essenziale per ridonare funzionalità e durabilità ad un edificio, nonché per conservarne il valore economico nel tempo. Per questo l’evoluzione delle tecnologie applicative è particolarmente attiva e tale rimarrà ancora negli anni a venire.
di Matteo Cazzaniga