L’impegno della filiera delle costruzioni per la decarbonizzazione

Intervento di Marco D’Orazio
Professore Ordinario di Architettura Tecnica e Prorettore vicario Università Politecnica delle Marche

L’adozione del Piano Nazionale integrato per l’energia e il clima, recentemente aggiornato e trasmesso alla Commissione Ue, ha avviato importanti cambiamenti nella politica energetica e ambientale nel nostro Paese, prevedendo una pluralità azioni indirizzate al raggiungimento dei target comunitari entro il 2030.

Il piano rappresenta un importante e positivo punto di svolta, definendo le azioni utili alla trasformazione dell’economia in una ottica di sostenibilità e di decarbonizzazione, e sicuramente rappresenta una importante opportunità per il paese, ma non può essere applicato senza prescindere da una attenta valutazione degli impatti che lo stesso potrà ingenerare tanto sul sistema produttivo che sugli utenti finali nei diversi contesti, data l’ampiezza delle misure previste.

QUI locandina dell’evento

Una parte delle azioni previste dal piano è dedicata alla decarbonizzazione del patrimonio immobiliare, aspetto del quale mi occupo, e presuppone un piano di interventi di particolare significatività e impatto economico, data la necessità di rispettare, da parte del nostro paese, gli obiettivi ed i tempi voluti dalla Comunità Europea anche per la recente revisione della direttiva Epbd.

Impatto sul patrimonio immobiliare

Come fatto rilevare in più sedi, per il nostro paese, le misure previste dal piano, per il patrimonio immobiliare, sono di particolare impatto, al punto che il piano rischia di essere inattuabile se non sostenuto politicamente ed economicamente dai governi.

Il motivo della potenziale insostenibilità senza un supporto governativo è semplice. L’entità delle risorse economiche richieste è particolarmente ampia e il tempo nel quale occorre metterle a disposizione è relativamente ristretto.

Ciò deriva dal fatto che il nostro paese ha un patrimonio immobiliare particolarmente vetusto, dato che oltre il 64% del patrimonio stesso è stato realizzato precedentemente alla prima legislazione energetica. Il tasso di rinnovo di questo patrimonio è ovviamente dipendente dalle disponibilità economiche dei privati e, oramai da molti anni, particolarmente modesto.

Nelle regioni meridionali, in particolare, si coniugano la presenza di un patrimonio particolarmente vetusto e un tasso di rinnovo degli immobili significativamente più basso della media nazionale. In queste regioni la percentuale di abitazioni con stato di conservazione mediocre o pessimo supera ancora il 20% del totale (24% nelle isole), contro il 13% del Centro Nord. Questo patrimonio, inoltre, si caratterizza anche per prestazioni energetiche particolarmente modeste.

L’Enea fornisce un valore medio di energia primaria globale non rinnovabile, per le necessità di climatizzazione del patrimonio immobiliare esistente, pari a 185,4 kWh/m2anno, raggiunto solo grazie alla forte spinta avutasi tra fine 2021 e 2023 con le misure di sostegno economico (superbonus) indirizzate a facilitare la ripresa economica nella fase post-Covid.

Solo se si mantenesse un tasso di rinnovo similare a quello che abbiamo avuto negli anni di applicazione delle misure incentivanti potremmo effettivamente raggiungere, nel 2030 (-16%) e nel 2035 (-20/22%), gli obiettivi del Green Deal rispetto alla situazione 2020.

Ma le risorse economiche necessarie a supportare questo tasso di rinnovo e a raggiungere gli obiettivi prefissati dal piano non sono purtroppo sostenibili economicamente dagli utenti finali nel tempo prefissato, soprattutto nelle regioni del mezzogiorno, dove è più ampia la forbice tra necessità e disponibilità.

Stiamo parlando, a livello nazionale di cifre che, presumibilmente, superano i 2000 miliardi di euro, se pensassimo di dover sostenere sul 50% del patrimonio nazionale (quello con le classi energetiche inferiori) gli investimenti fatti da fine 2021 con il superbonus. Inoltre, il tempo che ci siamo dati per raggiungere l’obiettivo è molto limitato.

Il 2035 non è lontano, dovremmo quindi anche prepararci a vivere stress della catena produttiva pari a quelli che abbiamo recentemente vissuto. L’entità delle risorse in gioco dà evidenza dell’impatto positivo che queste potrebbero avere come motore di sviluppo, e del fatto che queste dovrebbero essere direzionate proprio nelle regioni del mezzogiorno, dove vi è la maggiore distanza tra disponibilità e necessità.

Politiche di efficientamento, cosa potrebbe cambiare

Ma a differenza della fase appena vissuta con il superbonus, caratterizzata da una particolare “ampiezza” delle maglie, dovremmo sicuramente passare a una fase più attenta alla comprensione del rapporto tra investimento iniziale e benefici attesi, considerando l’opportunità di investimenti differenziati in relazione alle diverse caratteristiche del patrimonio, tenendo conto dei possibili scenari macroeconomici, della durata di vita dei componenti e del patrimonio nella nuova configurazione, data l’incidenza di questi aspetti sui tempi di ritorno degli investimenti.

Per dare un esempio di quanto potrebbe cambiare il risultato assumendo scenari differenti, sintetizzo gli esiti di un lavoro fatto sulle politiche di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare nazionale, considerando, in una logica probabilistica, scenari macroeconomici differenti e le incertezze che si associano sia relativamente ai costi di investimento iniziale che energetici.

Se ragionassimo in uno scenario di crescita moderata, come quello che abbiamo vissuto nel recente passato avremmo punti di ottimo che non ci portano alla massimizzazione della prestazione energetica, bensì ad un punto intermedio.

In tale scenario, l’ottimo “oculato” non è la massima riduzione dei consumi, dato che per la durata di vita attesa del patrimonio in una certa configurazione si dovranno sicuramente sostenere ulteriori costi prima di aver sfruttato i benefici. Ma se cominciamo a considerare scenari macroeconomici differenti e le probabilità associate ai prezzi che saranno praticati ed alle tariffe energetiche, i punti di ottimo non solo si spostano ma aumenta, per alcuni scenari anche l’incertezza del ritorno dell’investimento.

In conclusione, il piccolo messaggio che mi sento di dare è che la forte spinta che stiamo dando al processo di decarbonizzazione determinerà impatti importanti sull’economia dell’intero paese, sulle filiere produttive e sugli utenti finali e può essere un importante motore di sviluppo.

Riferendomi al comparto delle costruzioni, sicuramente le maggiori opportunità ma anche gli impatti maggiori dovranno certamente riguardare le aree del sud del paese per le caratteristiche di vetustà del patrimonio immobiliare e di ridotto tasso di rinnovo.

Le risorse economiche che occorre mettere in gioco per raggiungere gli obiettivi del piano sono significativamente superiori alla capacità di spesa degli utenti finali in questi contesti, pertanto, qui occorrerà investire in maniera importante, aspetto che rappresenta ovviamente una opportunità per i territori stessi.

È bene quindi associare all’obiettivo ambizioso di decarbonizzazione del patrimonio edilizio il termine “tutela”, come ben evidenziato dal titolo di questa giornata. Tutela degli utenti finali, tutela delle filiere produttive per impegnare al meglio le enormi risorse che dobbiamo a mettere in campo, qualora davvero volessimo e potessimo raggiungere gli obiettivi nel tempo che ci siamo dati.

Intervento di Marco D’Orazio
Professore Ordinario di Architettura Tecnica e Prorettore vicario Università Politecnica delle Marche
alla tavola rotonda Le opportunità per il Mezzogiorno svoltasi nel corso dell’evento L’impegno della filiera delle costruzioni per la decarbonizzazione: la tutela del Made in Italy – oraganizzato il 15 aprile 2024 a Napoli – presso l’Aula Magna dell’Università Federico II

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.