Ricomposizione di una farmhouse nella campagna emiliana

La natura abiterà tralicci e pergolati, costruendo un paesaggio artificiale che entra in risonanza con il paesaggio naturale

Là dove le “paterne rive” cantate dall’Ariosto sfumano in radure campestri strappate alle acque dall’ingegno dell’uomo, nel ventre della campagna emiliana patria della canapa, si presentava l’insolito tema di riabilitare una farmhouse, un insediamento produttivo compromesso dal sisma del 2012. E con esso quegli spazi di pertinenza, fatti di orti e giardini interstiziali, che relazionano gli edifici al paesaggio pettinato dal fluire delle stagioni.

In “Guida al Ferrarese” (1966), Ugo Malagù parlava di “terre guaste e corrotte” da “desolanti specchi liquidi dai quali sporgevano i filari delle viti e i rami degli alberi”. Ancora oggi i segni minimali delle secolari battaglie tra uomo e natura si conservano nelle matrici strutturali del paesaggio e nei suoi lievi dislivelli, sulle cui alture maturarono e si intensificarono gli insediamenti.

Una batteria di piccoli nuclei agricoli in forma di corti, annidati su dossi e rilevati, lanciavano le proprie aspirazioni conquistatrici nell’entroterra, nel tentativo, talvolta vano, di far emergere terre coltivabili da un paesaggio governato dalle acque.

Rivoluzione idraulica

L’opera di redenzione del territorio ebbe inizio il 30 dicembre 1892, quando il Re Umberto I appose la propria firma sul progetto di legge “Genala”, decretando la costituzione di un Consorzio Interprovinciale per l’esecuzione delle grandi bonifiche del territorio.

In breve tempo una vera e propria architettura dell’irrigazione restituì all’uomo “terre fresche, feraci ed argillose”. L’acqua, da gravoso flagello del territorio, divenne risorsa primaria per regolarne la fertilità.

Ricomposizione dell’insediamento

Risolto il problema delle acque, il pericolo poteva pur sempre giungere via terra. Così nel maggio 2012 il territorio fu messo a dura prova da un ulteriore nemico: un doppio sisma di magnitudo 6 colpì la vivace imprenditoria locale nel vivo delle sue strutture produttive. La
configurazione del danno sul plesso di fabbricati dell’insediamento produttivo in oggetto era tale da rendere inefficace qualsiasi intervento di miglioramento sismico, richiedendone pertanto la demolizione e ricostruzione.

Il nuovo insediamento è stato ridisegnato con il proposito di ricucire il dialettico e stringente rapporto tra costruito e natura. Volume e superficie sono stati ridistribuiti secondo un’articolazione spaziale che riproponga le caratteristiche insediative dell’architettura rurale, intercalando ai corpi costruiti gli orti, piccole corti e gallerie a cielo aperto.

I nuovi edifici sono stati riconfigurati al fine di razionalizzarne la matrice insediativa, nell’ottica di migliorarne la funzionalità e nel perseguimento di un più equilibrato rapporto tra le parti. La vecchia cortina verso la corte esistente, ritmata da semplici aperture ritagliate su superfici “nette e polite”, diviene quinta-frammento che regola la ricomposizione dell’insediamento.

I nuovi volumi tendono a riconnettere, rinnovandola, l’intera edificazione: percorsi interni, tagli e cannocchiali visivi (“viste lunghe”) contribuiscono non solo alla riorganizzazione logistica e produttiva degli spazi, ma anche al benessere sensoriale di chi vi lavora. Partendo da questo schema, l’intervento ricompone planimetricamente la trama del tracciato, mentre volumetricamente rifiuta la compattezza del blocco concluso proponendo invece la serialità delle tecnologie di taglio industriale.

Decumano verde

Il complesso si articola lungo la nuova spina dorsale della galleria a cielo aperto, passeggio coltivato in forma di decumano verde misurato dall’ordito ritmico dei profili di attraversamento tra i due edifici.

Disposti ordinatamente ai bordi del quadrilatero, a ricucitura delle giaciture primarie dell’insediamento, i due corpi si fronteggiano in una distesa narrazione di elementi assemblati, semplice ma al tempo stesso complessa di riferimenti in libera circolazione, dalle nitide geometrie padane – cartesiane aggregazioni di blocchi specializzati per funzioni – alle fabbriche verdi di memoria olivettiana che sempre più nel panorama recente armonizzano l’azione dell’uomo all’ordine della natura.

L’orizzonte campestre viene evocato attraverso i tagli misurati dei punti di vista. “Per lo vano d’una finestra, o per una qualsiasi altra apertura, una lontananza di paese in sfuggita”. Così il Tommaseo-Bellini, nella sua prima raccolta della lingua italiana, definiva il paesaggio, esprimendo quel dialogo latente tra insediamento e natura che nell’architettura rurale avveniva con spontaneità ed equilibrio.

I fronti degli edifici si smaterializzano nell’idea di diafano recinto che riflette, incorporandolo, l’orizzonte naturale: una ‘galleria agricola’ coltivata s’incunea tra i corpi di fabbrica e traguarda il paesaggio, moltiplicandone i piani percettivi. Paesaggio che si sottrae e finalmente si concede, entro punti di vista cercati e definiti.

La natura che ritorna

La morbidezza di una natura ricostruita ritorna nel semplice alternarsi di specie autoctone – lavanda, edera, rosmarino ed altre piante rampicanti – che dialogano con colture di stagione, a descrivere un ‘orto-giardino’ lineare che anima patii e percorsi.

Ritorna, in forma tesa ed evocativa, il tema degli spazi segreti, introversi, pensati per coltivazione e sosta, in cui la natura si rende necessaria alle pratiche produttive e al tempo stesso si trasfigura in artificio.

L’intervento, quindi, si reinserisce armonicamente nel contesto tramite interventi semplici e misurati, riorganizzando razionalmente le funzioni produttive e rinnovando, senza stravolgerli, i caratteri tipologici, figurativi e materici degli insediamenti rurali.

La riflessione sul tema dell’orto-giardino, benché nutrita dalla stringente necessità di porsi al servizio dell’insediamento agricolo – ripristinandone nel breve periodo gli equilibri produttivi – può quindi arricchirsi di conferme tipologiche che danno vita a complesse articolazioni spaziali.

Così, l’insediamento elementare è inciso sull’asse mediano da un cannocchiale visivo verso la campagna, una ‘galleria agricola’ a cielo aperto che definisce i percorsi di attraversamento e la configurazione delle corti interne, coltivate a orto e animate da piante autoctone.

Orti segreti che riscoprono la risonanza e il fascino degli spazi introversi dei chiostri e degli hortus conclusus medievali. Sorta di fondali, a moltiplicare i piani percettivi della campagna agricola. Un vuoto coltivato scandito da telai metallici, che alla mera funzione di collegamenti strutturali tra i corpi di fabbrica gemelli associano la figura moderna dei pergolati agresti di un tempo.

Alla misurata sequenza dei tralicci della galleria mediana fanno eco i discreti pergolati pensili verso la corte esistente, abitati dalla vite. Pergolati fioriti che anticipano orti retrostanti, descrivendo spazi di sosta ombreggiati e pavimentati, ‘stanze all’aperto’ tra ciliegi, albicocchi e nespoli. Il tema del muro ‘verde’, caratterizzante i prospetti degli edifici, prosegue nel limite che definisce il patio interno che li separa dalle preesistenze (legnaia, cantine, ex bucataia).

Tale patio, popolato di alberi, comunica con la corte principale tramite due nuove aperture in asse con quelle esistenti, a formare una sorta di portico passante protetto. Nell’edificazione orizzontale adottata, grande importanza assume la sistemazione del verde.

La natura troverà dimora in tralicci e pergolati, risarcendo, almeno in parte, la predita di una piccola porzione di campagna con la costruzione di un paesaggio artificiale che entra in risonanza con il paesaggio naturale. I limiti poderali dell’insediamento sono disegnati da filari alberati, nell’auspicio che la vite possa ‘maritare’ i pioppi proprio “là dove un tempo il sole illuminava le cime degli alberi da frutta piegate e stanche del peso dei loro frutti”.

Pianta
Planimetria generale di progetto

Restauro e consolidamento della farmhouse

Il restauro e consolidamento strutturale del cuore primitivo dell’insediamento ha riguardato il placcaggio degli edifici che delimitano la corte originaria, un tempo mise en scène del rito della mietitura e degli incontri comunitari.

Per riabilitarli, l’agenda di cantiere ha previsto l’articolazione delle seguenti lavorazioni: la rimozione degli intonaci esistenti fino a ritrovare il vivo delle murature – spartiti parlanti delle stratificazioni del tempo e dei più recenti tormenti del sisma – seguita dalla scarnitura dei giunti, spazzolatura ed idropulitura delle superfici.

Risarcimento di tracce, lacune, lesioni e discontinuità dei paramenti murari con mattoni recuperati dallo stesso cantiere, posati tramite la tecnica dello scuci-cuci e legati con malta di calce di granulometria e colore simili a quella esistente.

Rinforzo e consolidamento puntuale dei supporti murari con iniezioni di boiacca strutturale resistente ai solfati, composta da inerti naturali fillerizzati esenti da sali e limo, calce idraulica naturale Nhl 5, pomice naturale micronizzata, fiore ci calce naturale, caolino calcinato puro e geo pozzolana micronizzata, tutti a reattività certificata.

Una volta sigillate le cavità, sono stati praticati fori del diametro di circa 30/40 mm a profondità adeguata, secondo una maglia a trama triangolare con interassi di circa 40 cm; quindi, la boiacca è stata iniettata a percolazione partendo dalle fila inferiori dei fori fino alla sua fuoriuscita dai fori delle file superiori.

Applicazione di rete biassiale in fibra di basalto alcaliresistente e suo placcaggio (wrapping) tramite iniettori a fiocco in polipropilene e fibra di vetro, nell’ordine di 4 diatoni per metro quadrato, solidarizzati al supporto mediante impregnazione con adesivo epossidico sullo strato di rinforzo già preparato.

Pulizia e spargimento quarzifero delle superfici per l’aggrappo dell’intonaco cosiddetto di sacrificio. Applicazione di finitura naturale traspirante e protettiva, composta da legante a base di calce idraulica naturale Nhl 3.5, fiore di calce naturale, zeolite vulcanica micronizzata a reattività certificata, sabbie naturali di origine alluvionale non macinate, depolverizzate, esenti da sali e limo.

Superfici resilienti

L’arte del murare, custodita nei forzieri parlanti dell’archeologia rurale padana, trova nel mattone l’atomo di un’alchimia costruttiva che l’architettura trascrive lungo le infinite traiettorie del tempo.

Se da un lato, però, la sua ‘gravitas’ viene esaltata nella dinamica plasticità delle costruzioni più nobili, dall’altro la sua vibratile materia viene sovente celata da tonachini con funzione protettiva, che ne sacrificano l’espressività in nome di paramenti più resilienti.

Al ritmico contrappunto delle gelosie di fienili e cascinali, nell’edilizia domestica il laterizio licenzia grana e trama dietro diafane velature di  calce naturale, superfici “nette e polite” veicoli di un elementarismo costruttivo spontaneamente operante. La finitura dei tessuti murari è stata eseguita con malte a base di pozzolana, calce idraulica ed inerti naturali.

La specializzazione della singola miscela è stata ottenuta tramite un processo di produzione industriale testato presso laboratori di opifici specializzati (Opificio Bio Aedilitia). La formula a base di calce naturale, studiata per il cantiere specifico, è stata campionata in situ e, quindi, trasferita nella materia tramite il rito di una gestualità costantemente simile a sé stessa, cadenzata dall’arte del dosaggio delle miscele.

Orti, corti e nuovi corpi

La giacitura dei nuovi edifici è rigenerata dalle direttrici dettate dal nucleo primitivo della corte: due corpi accoppiati di uguale larghezza (11,44 m) ma diversa lunghezza – rispettivamente 23,44 m e 37,04 – ridefiniscono l’insediamento complessivo, dando vita a un passeggio mediano coltivato – una galleria agricola a cielo aperto – scandito da profili di attraversamento.

Un pergolato aereo i cui elementi costruttivi misurano lo scorrere del tempo in forma di meridiane, dato l’orientamento nord-sud della galleria. Gli edifici gemelli sono disegnati da una griglia comune di 5 campate strutturali di interasse pari a 4,55 m, che prosegue per ulteriori 3 moduli a formare la prua del corpo di maggiore sviluppo, svuotato in forma di portico coperto.

La struttura primaria che informa gli edifici è data dalla sequenza di portali di luce costante, pari a 11 metri, costituiti da profili metallici Hea 160, alleggeriti nel pergolato baricentrico da doppi profili Upn 120, accoppiati con calastrelli e vincolati alle strutture interne tramite piatti asolati e bullonati che limitano gli attraversamenti di facciata.

Il pergolato è segnato in mezzeria da un doppio tondo di acciaio (2Ø12 mm) a supporto di piante rampicanti, ancorato alla base tramite appositi plinti gettati in opera su casseri a perdere.

Le strutture primarie in acciaio sono ancorate a una platea in c.a. direttamente addizionata con polveri al quarzo di color cocciopesto e lisciata con apposite macchine levigatrici fino al raggiungimento di superfici lisce ed omogenee. I telai in carpenteria metallica, zincati e verniciati colore ral 9010, sono controventati sui piani di falda e di facciata a mezzo di croci di Sant’Andrea costituite da tondini in acciaio (ø12 e ø14 mm).

Le strutture di copertura incorporano lucernari in forma di vele orientati verso la galleria interna (e, quindi, non visibili all’esterno dell’insediamento), funzionali alla ventilazione passiva ed all’illuminazione naturale dei luoghi di lavoro.

La relazione tra gli spazi interni e le pertinenze esterne all’insediamento (orti e giardini introversi) è la ricerca di condizioni di vivibilità e lavoro funzionalmente adeguate e spazialmente ricche, di un rapporto empatico tra l’uomo e lo spazio in cui vive ed opera. Così, le testate dei nuovi edifici sono dotate di moduli scorrevoli, sovrapponibili alle spalle laterali e tali da aprire completamente gli spazi del lavoro verso la campagna.

La possibilità di ventilare direttamente i locali vuole anche interpretare le abitudini ancora legate ad una dimensione dei luoghi di lavoro tipica della tradizione padana, favorendo una relazione diretta con l’ambiente naturale.

Pelli tatuate: il paesaggio e il suo doppio

I tamponamenti di facciata sono costituiti da pannelli sandwich monolitici a taglio termico in poliuretano espanso (densità 40 kg/mc) a planarità stabilizzata, con supporti esterni in lamiera di acciaio zincata e preverniciata (colore ral 9010).

Provvisti di giunto a scomparsa, i moduli sono montati su apposita retrostruttura in acciaio ancorata al telaio primario degli edifici. La finitura dei supporti è data da un rivestimento organico ottenuto mediante ciclo di preverniciatura a caldo in poliestere.

Il sistema di facciata è completato da elementi di finitura interamente customizzati, quali angoli retti, raccordi e bandinelle. I pannelli sono ancorati alla base su angolari di acciaio inox (80x80x5 mm), schermati da lamiere pressopiegate (grembiuli) sagomate con un’angolazione a 60°.

In base alle condizioni e all’incidenza della luce, le diafane facciate incorporano il paesaggio naturale, sdoppiandone l’orizzonte campestre; la pelle degli edifici si tatua così di un paesaggio riflesso e smaterializza la corporeità dei volumi.

Produzione industriale e qualità costruttiva

Il modernismo contemporaneo riconosce tra i suoi fondamenti etici e deontologici la concezione dello spazio e della produzione seriale qualificata come fattori alla base del progresso tecnologico e dell’educazione democratica della società.

E poiché la tessitura dello spazio si definisce tramite il montaggio di elementi di produzione meccanica, l’opera trova nel progetto integrato uno strumento regolatore di tutti gli aspetti esecutivi.

Il sistema costruttivo del nuovo insediamento è interamente prefabbricato. I due corpi gemelli addizionano in una misurata elencazione gli elementi dell’assemblaggio: pannelli, lamiere, tubi pluviali, mentre i volumi ridefiniscono l’insediamento ricostruendone geometrie e direttrici primarie.

L’intervento non solo si serve di tali prefabbricati al vertice della loro capacità espressiva, ma li subordina all’articolazione degli spazi tessendo schemi distributivi improntati alla massima semplicità.

La prefabbricazione dell’intero sistema ha consentito il coordinamento integrale di tutti gli elementi costruttivi strutturali e di finitura ottimizzando gli aspetti produttivi e riducendo drasticamente tempi e costi di assemblaggio.

La prefabbricazione ha permesso altresì di customizzare qualsiasi componente di dettaglio, dai raccordi angolari ai giunti a scomparsa, dai canali di gronda ai pluviali integrati ai tamponamenti.

Inoltre, componenti prefabbricati standard a costo contenuto compensano i maggiori oneri per i dettagli semplici ma preziosi del patio, della galleria interna e dei punti di soglia. Dettagli che tuttavia conservano lo stesso rigore e la stessa severa asciuttezza delle componenti di serie.

Essenzialità impiantistica

Gli impianti elettrici speciali sono integrati alla configurazione architettonica degli spazi interni. Luci led scorrono al piede delle “vele” di copertura, sottolineandone lo sviluppo e garantendo l’illuminazione diffusa dei luoghi di lavoro, amplificata altresì dal colore bianco (Ral 9010) delle superfici interne (strutture e finiture).

Alimentazioni elettriche e rispettivi pozzetti d’ispezione si integrano con discrezione alle pavimentazioni ed alle aiuole esterne. Led strips accorpate all’anima dei pergolati accentuano la galleria mediana in forma di ‘filigrana di luce’, indicando i percorsi di attraversamento.

di Moreno Pivetti

La scheda

Opera: Insediamento produttivo agricolo biosostenibile, Bondeno (Ferrara)
Committente: privato
Progetto e direzione lavori: arch. Moreno Pivetti, MPA Architecture
Collaboratori: Ing. Michele Saporito (strutture)
Superficie totale: 1.200 mq
Foto: Arch. Moreno Pivetti

Imprese esecutrici

Carpenterie metalliche primarie, montaggi e serramenti: Naldi srl
Strutture di fondazione e pavimenti industriali: Lineacem srl
Opere di restauro e consolidamento strutturale: Ediltor srl
Impianti speciali: Tecnimpianti srl
Bonifiche ambientali: CsaConsulenze e Servizi
Ambientali srl Demolizioni: Taddia Service srl
Indagini geologiche: Intergeo srl

Tecnologie

Barriere al vapore: Riwega srl
Pannelli di facciata: Elcom System spa
Lastre sottocoppo in fibrocemento: Landini srl
Sistemi anticaduta: Sekure srl
Malte e prodotti per restauri: Opificio Bio Aedilitia srl

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.