La prefabbricazione offre una diversa prospettiva progettuale e realizzativa. Furio Barzon, coordinatore regionale per l’Italia del Modular Building Institute Mbi, partecipando al VII convegno nazionale YouBuild, ha illustrato il contributo alla decarbonizzazione dei produttori di componenti edilizi.
Achitettura modulare
«Vorrei portare qualche messaggio semplice, ha esordito, che arriva dal mondo dell’industria, della prefabbricazione in particolare quella che iniziamo a sentir chiamare “architettura modulare” e come questa possa avere un utilizzo molto concreto nell’attualità.
Porto un messaggio che contiene anche la mia passione e la mia esperienza diretta. Sono uno degli otto partecipanti al board europeo Mbi, un’organizzazione che nasce negli Stati Uniti, a Washington, una quarantina di anni fa e consorzia in maniera no profit oltre 400 aziende di questo settore specifico; nel 2019 abbiamo iniziato in Europa e oggi siamo 28 membri dei quali l’Italia detiene sei posizioni.
Quando parliamo di architettura volumetrica modulare intendiamo una prefabbricazione portata agli estremi di quello che è possibile realizzare, cioè realizzare offsite, cioè in fabbrica, elementi tridimensionali.
Off-Site per l’edilizia ricettiva
Immaginatevi una stanza di hotel, che è uno dei settori dove viene più applicata, che viene realizzata in tutte le sue componenti: strutturali, isolamento, finitura anche della facciata esterna, vetrature, arredi. Offsite, industrialized building, modern method construction sono differenti maniere di descrivere un mondo che è quello delle realizzazioni fuori dal sito di cantiere.
Una tecnica che nasce tradizionalmente per la realizzazione di oggetti riposizionabili per i casi di emergenza, per situazioni temporanee; oggetti che sono appunto riposizionabili e che hanno un ciclo di vita molto breve, di solito di 5 anni, quindi utile anche per realizzare caserme o comunque luoghi militari in avamposti difficili.
Ma sempre di più sta diventando una tecnica di realizzazione di edifici permanenti, quindi hotel, studentati, edifici per anziani e anche edifici residenziali multifamily di grandi dimensioni più che la singola villa».
Idee e progetti
Calando le terminologie e le idee nella realtà si ottengono progetti interessanti che Barzon racconta con passione. «Ho una storia singolare da raccontare; un’azienda polacca, che è la Dmd Modular situata vicino a Cracovia, ha ricevuto da Marriot la commissione per la realizzazione di un hotel da realizzare a Manhattan New York. Si tratta di un hotel di 33 piani realizzato in parti a Cracovia, spedito via nave e assemblato un elemento sopra l’altro per 33 piani.
Un’operazione che ha aperto grandi discussioni su che cos’è ad oggi il costruire. Se costruisco da una parte del mondo e poi assemblo dall’altra. La fattura di questa costruzione non è certo quella degli edifici realizzati per le emergenze; è una fattura di alta qualità, molto costosa, anzi molto più costosa della realizzazione in situ.
Sorge una domanda che nasce dal fatto di dover trasportare i pezzi da una parte all’altra del mondo; col trasporto si perdono tutti i vantaggi di un calcolo di light circle sulla parte energetica. Ma trasportando in maniera rinnovabile, con motori elettrici, si supera anche questo problema.
Il mondo variegato dell’offsite possiamo immaginarlo suddiviso in tre tipologie: il volumetrico che corrisponde al lavoro eseguito per realizzare l’hotel e che possiamo chiamare 3D; il pannellizzato 2D e l’1D basato su stecche di elementi primordiali.
Il mondo pannellizzato è quello ben conosciuto in Italia; tutto il distretto della prefabbricazione in legno del Trentino Alto Adige è basato su questo tipo di costruzione che sia frame o che sia portante o cross laminated, poco cambia.
Lo stud ad elementi singoli si avvicina di più a un fare in cantiere; più andiamo verso lo stud più andiamo a personalizzare, a customizzare, più andiamo verso il 3D e più siamo vincolati da degli elementi scatolari che però, in certe ricerche, cominciano a diventare, controllati da software, elementi anche di forme strane non più solo scatolari.
Chi è più avanti su questo tipo di classificazione è la Gran Bretagna, attraverso l’istituzione di una commissione parlamentare permanente: Modern Method of Construction.
La commissione ha definito per il settore tutti i codici specifici, dando indicazioni di quali sono le parti che compongono un edificio, creando dei kit of parts standardizzati ed invitando le aziende ad aderire a questi kit of parts, finanziando una serie di attività specifiche. Per un approfondimento, si può visitare il sito del Governo britannico, cercando il nome della commissione.
Pensando all’1D penso ad un’azienda di Vicenza, l’Ad dal Pozzo. Con questi elementi che non sono altro che barre di lamiera sottili, che vengono piegate a freddo, quindi con dei macchinari tutto sommato abbastanza facili e accessibili, vengono composte le realizzazioni.
Un lavoro che può avvalersi anche di software specifici che permettono di aggregarli per andare a formare l’edificio commissionato. È una tecnologia evidentemente molto flessibile, ma arriva fino a due pianti, tre piani forse quattro. Quindi abbiamo un limite in altezza.
Anche nel 2D ci sono aziende italiane che operano con successo, dimostrando che questo modo di operare lo abbiamo sottomano, non è futuristico, non è impraticabile. Al 2D ha legato il proprio nome la Xlam Dolomiti, una realtà di eccellenza che sta a Trento. Recentemente ha realizzato uno studentato in Australia nel quale domina l’elemento 2D, il pannello formato da lamine di legno portanti piene e massicce incollate in varie maniere.
L’azienda produce pannelli portanti che si prestano ad essere tagliati e formati in maniera automatica dal disegno. Tornando al 3D volumetrico, un’altra eccellenza mondiale è la WB (Wood Beton) Factory di Brescia; l’azienda ha ottenuto una commessa molto importante da Marriot che si era rivolta ai Ikea per produrre una linea di suoi alberghi.
Ikea ha trovato in WB il proprio partner al quale ha commissionato in 10 anni un miliardo di euro di produzione di hotel modulari, i Moxy Hotel. Ci sono “traguardi ambientali” ambiziosi da raggiungere, traguardi fissati per legge ed anche la prefabbricazione deve adeguare i propri standard.
Non si torna indietro
«L’Unione europea ha deciso, secondo gli accordi climatici mondiali, che per il 2050 vogliamo diventare climaticamente neutri o per lo meno annullare il nostro apporto all’aumento della CO2. Con un obiettivo intermedio 2030, che è più vicino, di ridurre del 55% la condizione della CO2 rispetto al 1990.
Ogni stato deve riportare annualmente i risultati rispetto a questo progresso. L’Italia è indietro nel programma ma tutti gli stati lo sono perché la richiesta è molto imponente. L’Europa sta dicendo che gli edifici che vanno recuperati energeticamente per diminuire la CO2 sono quelli alimentati a gasolio e a metano.
Dobbiamo elettrificarli per avere la possibilità di produrre l’energia che ci serve da fonti rinnovabili, dal fotovoltaico o da altre fonti, e la accumuliamo, togliendo i fossili. Sono 112 milioni di unità edilizie che devono essere recuperate.
Su 12 milioni di edifici, sono 9 milioni quelli interessati, ossia quelli rientranti nella classe G o non catalogati, secondo la nostra classificazione. Se noi consideriamo quei 112 milioni, i 27 anni che abbiamo a disposizione e facciamo un po’ di conti, significa che dobbiamo recuperare energeticamente più di 7,3 unità al secondo.
Si può accelerare questo processo, non è detto che arriviamo al risultato fissato, ma dobbiamo provarci. La maniera è industrializzare il processo realizzativo, non può più concentrarsi su un edificio alla volta con tutte le traversie per arrivare a fare un deep retrofit di un edificio. Questa è l’occasione buona perché sul piatto ci sono 750 miliardi di euro di cui l’Italia si è presa circa 180 miliardi e ne abbiamo spesi 120/130.
Perché industrializzare?
Perché accelera il tempo di cantiere. Per esempio, consideriamo l’elemento finestra nel cappotto in una ristrutturazione tradizionale. Coinvolge chi deve fare il davanzale, chi deve fare le finestre, poi servono i tempi giusti, le misure che a volte non tornano, è una tragedia. In fabbrica si ha un montaggio quasi automatico o automatizzabile, robotico e quindi il lavoro è molto semplificato rispetto a quello tradizionale di cantiere.
È un esempio banale, ma il tempo di cantiere si riduce tantissimo, in più posso cominciare a produrre in una fase anticipata. In uno studio, McKinsey stima una riduzione fino al 50% per i sistemi offsite in generale, per il retrofit siamo 65/70% di velocità quindi mentre ne faccio uno ne posso fare tre.
È il processo oggetto di ricerca anche da parte di Fraunhofer che, in Europa, è l’istituto di ricerca più importante che abbiamo. Qui in Italia siamo un po’ più avanti perché abbiamo aziende che sono in grado di farlo.
La cosa interessante è che si parte direttamente da un digital twin; digitalizzare non è un optional o uno sfizio oppure un modo per facilitare i processi. Ho bisogno di digitalizzare l’edificio con una precisione millimetrica, ci sono laser scan che creano una nuvola di punti e ne riproducono in 3D l’edificio con la precisione di -/+2 millimetri, quindi buona per la produzione industriale di fabbrica che avviene sulla base di questi disegni.
Poi si procede all’installazione di questi elementi, spesso anche già dotati di finestre e serramenti, senza neanche impalcatura; molto veloci, molto leggeri, strutture in legno o strutture in acciaio leggero sono le più utilizzate, con un interno di vari tipi di isolamento da lana di roccia a fibre in legno.
In questa maniera posso pensare di passare a elettrificare il mio edificio cioè ad avere fonti di generazione del riscaldamento e raffrescamento di tipo elettrico, quindi a pompa di calore, perché ho un tipo di involucro che prima non avevo.
Lavorando sulle basse temperature, per tecnologie speciali che hanno pompe di calore, ho bisogno che quel poco di calore generato rimanga conservato all’interno. Devo quindi fare questi nuovi involucri che sono cappotti, finestrature e anche tetti. Solo in questo modo ho un’economia molto buona e anche intelligente.
I vantaggi: la velocità, il poter diventare davvero carbon neutral che ci viene richiesto al 100%, la maggiore economicità che si potrà ottenere con una produzione massiccia e l’inserimento di una generazione più giovane pronta a lavorare in edilizia.
Le nuove generazioni fanno fatica ad avvicinarsi al settore; ma un lavoro di qualità, al coperto, meno complicato e più intellettuale può attirare le fasce giovani. In Italia abbiamo gli artigiani che hanno un’età media di 55 anni. Vantaggi concreti: 100% carbon neutral, 50-75% più veloce, è più economico, migliora la qualità del lavoro».
Organizzazione economica
«Ci sono diversi modelli di finanziamento di business, in Italia abbiamo conosciuto il Superbonus che ha generato tanta richiesta alla quale ha corrisposto poca offerta di imprese che hanno faticato a rispondere proprio per quel collo di bottiglia rappresentato dal metodo artigianale.
A questo si sono aggiunte altre complicazioni: tanta richiesta e poca offerta ha portato all’innalzamento dei prezzi, che hanno subito ulteriori impennate a causa di guerre, pandemie ed inflazione; la legislazione ha generato complicazioni che hanno portato le banche a bloccare tutto sino al tracollo dell’idea di questo credito di imposta convertibile al 110.
La spesa media per ogni unità è stata di 117.000 euro, troppo alta per convertire energeticamente, e abbiamo convertito il 3,5% di quei 9 milioni di edifici.
Non sono pochi, ma abbiamo speso tanto. L’Olanda ha un modello di intervento diretto del pubblico, esclusivamente nel settore del social housing, e dal 2012 quando hanno iniziato la spesa media per unità era di 60.000 euro, oggi è di 18.000 euro.
E sono unità a due piani dove vengono rivisti completamente gli involucri, messe a nuovo le finestre, posizionato il fotovoltaico, lasciati i termosifoni per una questione psicologica, ma in realtà c’è il riscaldamento ad aria. Ne hanno fatto circa 6000 unità. Non è tantissimo, ma non è neanche poco.
In Spagna stanno iniziando adesso ibridano un modello di investimento pubblico diretto ai privati. L’intervento pubblico sul social housing sta aprendo ai sistemi di prefabbricazione, anche attraverso start up come Zeb Technologies, che sto seguendo direttamente; c’è molto interesse per prefabbricare il processo nei casi pilota che stanno avviando ed hanno già riservato circa 8 miliardi di euro.
Negli Stati Uniti, infine, non c’è alcun incentivo pubblico, ma si fa leva sul fatto che si possono evitare penalizzazioni nel futuro, che aumenta il valore immobiliare anche del 15/20% in maniera ormai consolidata in letteratura e sulla soddisfazione degli affittuari, perché il modello è quello degli affitti.
Stanno lavorando su sei dimostratori, aggregando la filiera e questo è interessante; lasciano libero il mercato, non offrono incentivi, però aggregano la filiera di produttori, li convocano con delle call di interesse molto libere, molto aperte; fanno incontrare fra di loro gli operatori, dagli architetti agli ingegneri, ma soprattutto i produttori e le imprese, i general contractor.
Sono più organizzati. Stanno lavorando attraverso questi dimostratori puntando sulla prefabbricazione, ma non c’è alcuna azienda che si occupa di prefabbricazione di questo tipo negli Usa, quindi è un territorio interessante per le nostre realtà».
Italia
- Modello: credito d’Imposta convertibile del 110%
- Destinatari: Qualsiasi abitazione residenziale
- Spesa: €117.000 per unità unifamiliare (cash singolo nucleo familiare € 21.000)
- Risultati: 3,5% di unità a Settembre 2023
Olanda
- Modello: Intervento pubblico diretto
- Destinatari: Social Housing
- Spesa: da €60.000 (2012) a €18.000 (2023) per unità
- Risultati: 6.057 unità a Settembre 2023
Spagna
-
Modello: Intervento pubblico diretto + tre scaglioni di detrazione: 20% per lavori di efficientamento passivo, 40% su impiantistica con fonti rinnovabili, 60% per deep renovation
- Destinatari: Social Housing + tutti
- Spesa: 7,8 miliardi euro da EU Next Generation
- Risultati: Avvio di 10 casi pilota su Social Housing a Settembre 2023 / Mezzo milione di case entro il 2026 (su totale di 25 milioni)
Stati Uniti
- Modello: Nessun incentivo, ma dimostratori e creazione filiera attraverso Programma RetrofitNY (Leve: evitare penalizzazioni nell’immediato futuro, aumento del valore immobiliare, soddisfazione degli affittuari)
- Destinatari: Housing 1-7 piani multifamily
- Spesa: n.d.
- Risultati: 6 dimostratori su filiera ancora tradizionale
Dove e quando se ne parla
Ci sono appuntamenti mondiali per approfondire il tema. «Il prossimo world modular – ha concluso Barzon – sarà ad Orlando in Florida a marzo 2024, mentre ad ottobre saremo per la prima volta a Bruxelles.
Il tema ha suscitato interesse ed anche una domanda dal pubblico: in ottica rigenerativa la prefabbricazione utilizza componenti standardizzati molto stabili, inerti dal punto di vista delle emissioni; pensando al concetto di rigenerazione, come può trasformarsi il settore in modo strategico, verso una modularizzazione che incorpora nuovi materiali?
«Dobbiamo parlare onestamente – ha risposto -, anche la prefabbricazione spinta e avanzata non è partita nel mondo nonostante il modulare prefabbricato sia cresciuto dal 2015 al 2021 negli Usa da 2,5% al 5% di incidenza nel mercato totale.
Ha raddoppiato la sua presenza in sei anni quindi stiamo iniziando una crescita, ma ci sono tante barriere, ci sono tanti fallimenti di grandi aziende modulari. Se non tentiamo la grande scala, la grande entrata, non entreremo mai.
Quindi se entriamo nella prefabbricazione con approcci generativi, che siano legati ai materiali, che siano legati alle soluzioni, entriamo se produciamo in grande scala e questo non è sempre ben visto da altri settori che lavorano meno a secco e che dominano il mercato da centinaia d’anni.
Finché siamo nell’ordine del 2% non diamo fastidio a nessuno, quando scaliamo e, stiamo scalando, cominciamo a dare fastidio. Comunque la mia risposta è: abbiamo bisogno prima di entrare nel mercato industriale in maniera importate poi è chiaro che questi sistemi vanno ad inglobare tutto il meglio che ci può essere per ottimizzare gli approcci fino al limite massimo, di spostarsi al di là della barriera e far diventare l’architettura un organismo vivente».
di Furio Barzon