I continui mutamenti dell’economia mondiale e le crisi ricorrenti potrebbero rimettere in gioco alcuni antichi equilibri e modificare logiche di crescita e di sviluppo dei territori. Questi cambiamenti stanno determinando grandi opportunità, ma contemporaneamente rendono molte aree più esposte alla competizione internazionale. Molte attività che hanno vissuto e prosperato protette dai confini nazionali si trovano a operare in una situazione di nuova e acuta concorrenza derivanti dai processi di globalizzazione che la crisi del covid-19 non ha ucciso, forse, semplicemente ridefinito in alcuni aspetti. Chi pre-configurava la fine dei processi globali dovrà rassegnarsi, a poco, a poco, tutto sta tornando verso la normalità.
Nei periodi post crisi, la necessità di una continua ridefinizione della competitività non riguarda solo le aree in ritardo di sviluppo, ma anche quelle più dinamiche che sono continuamente chiamate a definire nuove strategie socio-economiche. Le tendenze dell’economia mondiale ci insegnano che le rendite di posizione sono sempre più blande, i territori sono sollecitati a una continua auto-organizzazione che sappia valorizzare specificità e differenze locali per posizionarsi su segmenti particolari del mercato turistico, culturale, del tempo libero, e più in generale dell’offerta territoriale.
La crisi degli Stati nazionali e una richiesta di maggiori poteri decentrati in un’ottica di sussidiarietà, fa sì che le città e i territori siano (tendenzialmente) sempre più responsabili dei propri destini. In particolare, nel campo dello sviluppo locale, si assiste da un lato alla necessità di sostenere progetti di trasformazione attraverso un processo decisionale rapido, e allo stesso tempo partecipato da un numero rilevante di soggetti (anche privati) e di componenti sociali. Dall’altro, si assiste a una maggiore complessità delle strategie di governo di fronte a una società sempre più diversificata e frammentata.
Assistiamo al ritorno prepotente di un possibile ruolo del locale nelle analisi e nelle politiche di sviluppo economico e sociale e alla necessità di sostituire al paradigma della crescita (riferito a una espansione quantitativa del sistema economico) con il paradigma della sostenibilità (riferito a un cambiamento qualitativo del sistema economico, alla ricerca di un equilibrio dinamico con l’ambiente). Com’è noto, lo sviluppo sostenibile è tale se promuove il miglioramento della qualità della vita e rende compatibile lo sviluppo delle attività economiche (i bisogni della generazione presente) e la salvaguardia dell’ambiente senza compromettere le possibilità delle generazioni future.
I riferimenti alla sostenibilità possono generare facile consenso, ma ciò presuppone una pluralità di aspetti che possono essere gestiti con efficacia soltanto a livello locale, poiché è a questo livello che le politiche di sviluppo possono essere supportate da una vera integrazione sia tra i molteplici attori locali, portatori di istanze differenziate, sia tra le politiche settoriali, da ricondurre a una visione di insieme.
Alla scala locale le strategie di sviluppo possono essere efficaci nell’identificare e nel mobilitare le risorse non sfruttate e un aumento della capacità dei soggetti locali di essere coinvolti nelle politiche e nelle strategie di sviluppo che li riguardano. Occorre favorire la competitività del territorio con possibili alleanze dal basso in grado di mobilitare gli attori locali. Infatti, uno dei principali obiettivi è la costruzione della governance locale. Secondo l’Unione Europea, il principio di sussidiarietà è volto a garantire che le decisioni siano adottate il più vicino possibile ai cittadini che hanno una profonda conoscenza del territorio in cui vivono (problematiche e potenzialità) e dovrebbero avere particolare attenzione per il suo sviluppo.
Va anche rimarcato come, pur di fronte a un aumento dell’attenzione per i temi e i problemi ambientali, i cittadini-consumatori non cambiano, o lo fanno in maniera insufficiente, i loro comportamenti e le loro abitudini, per esempio, in materia di stili di vita, di alimentazione, di rifiuti e di scelte dei mezzi di trasporto. Nelle politiche economiche e ambientali, interdipendenti e complesse, la direzione dello sviluppo sostenibile è desiderabile e c’è spazio per significativi aggiustamenti, ma senza pregiudizi e luoghi comuni.
di Francesco Gastaldi, Università IUAV di Venezia (da YouBuild n. 28)