Quelle che prima erano percepite come semplici linee colorate sulle cartine europee sono ora divenute oggetti reali, che permettono di connettere territori e culture. Parliamo del progetto Eurovelo, nato nel 1995 per dotare il nostro continente di infrastrutture, appositamente studiate, per spostarsi in bicicletta in piena sicurezza.
Questa iniziativa dell’Unione Europea ha innescato un meccanismo virtuoso, che permette al nostro Paese, toccato da tre di questi percorsi, di recuperare faticosamente il gap sistemico e soprattutto culturale che ci ha distanziato per decenni dai paesi del Nord Europa. In Olanda, Germania e nei Paesi scandinavi fare lunghi spostamenti su due ruote non è una stranezza, ma una consuetudine consolidata.
Grazie a canali di finanziamento dedicati, nazionali e regionali, ora stanno fiorendo iniziative che, nel loro insieme, stanno delineando una rete capillare per spostarsi in modo sostenibile. La Puglia non fa eccezione. Qui troviamo la parte terminale della Eurovelo 5, la Canterbury-Brindisi, che è stata l’innesco per prefigurare un sistema di cosiddette velostazioni, finalizzato ad attuare un efficacie interscambio ferrovia-due ruote.
Fra le prime iniziative realizzate c’è quella di Corato, grande centro inserito nel perimetro amministrativo della città metropolitana di Bari. Il progetto è stato curato da Lsb architetti associati, uno studio di Torino molto attento ai temi della sostenibilità.
L’edificio, che dista meno di 250 metri dai binari, sembra disegnato da una mano infantile appassionata di fiabe nordiche. I piccoli volumi, sei moduli posizionati a schiera, sono estremamente stilizzati con una forma a capanna con tetti molto aguzzi. L’effetto surreale è enfatizzato da un rivestimento a scandole colorate, verdi e grigie, e dalla stretta osmosi che il costruito crea con il boschetto di macchia mediterranea in cui il complesso è immerso. Le capanne si arretrano e si interrompono, con gesto gentile, per rispettare i tronchi delle alberature pre esistenti, che sono state tutte mantenute. Alcuni tagli negli involucri, posti in posizioni strategiche, arricchiscono la sobria composizione con suggestive visioni di scorcio, in una perfetta fusione fra naturale e artificiale.
A ben guardare, queste forme non sono così avulse dal contesto. Basti pensare alle sagome delle piccole cappelle romaniche in pietra che punteggiano il territorio della Cimosa Litoranea e delle Murge. Oppure, si potrebbe leggere in queste forme un rimando ai famosissimi trulli: Alberobello, d’altronde, non è lontano. Quindi lo skyline della velostazione richiama alla memoria, quasi come un riflesso incondizionato, queste forme quasi primitive nate dall’accumulo di pietrame montato a secco, geometrie governate, più che da una scelta compositivo-formale dalla pura legge di gravità.
Il nuovo complesso occupa una superficie di 170 metri quadrati, di cui 30 destinati a ciclo officina e ai servizi igienici pubblici. La capienza è di 70 posti bici e otto di questi sono dotati di presa elettrica per ricarica batterie delle e-bike. Il servizio, seguendo una logica di città sempre più smart, può essere fruito tramite una app dedicata e l’intera area è dotata di videosorveglianza, per evitare all’utenza spiacevoli sorprese.
Il nuovo edificio è stato integralmente realizzato con sistemi a secco, tranne il basamento costituito da una soletta in calcestruzzo armato rifinita superficialmente al quarzo tirato a elicottero, realizzata in opera. La struttura dei singoli moduli è un guscio in pannelli in Clt di legno di conifera: internamente sono stati lasciati a vista mentre esternamente, come accennato, l’intero sistema è protetto dagli agenti atmosferici tramite un rivestimento in tegole canadesi colorate in lamiera di alluminio elettro-verniciato. Le testate delle capanne sono semplicemente filtrate da tamponamenti in reti in acciaio zincato, rese stabili e solidali ai pannelli del guscio mediante essenziali telai metallici.
La percezione è pertanto quella di una totale apertura con una visione trasversale quasi priva di impedimenti. Questo espediente concorre ad enfatizzare la sostanziale astrazione delle forme dell’edificio che si staglia sul contesto con il proprio iconico skyline. In una visione da lontano gli spigoli vivi delle falde, decisamente nervosi, si contrappongono alle morbide e placide chiome degli alberi. L’edificio, nel suo complesso, è quindi privo di elementi che ne denuncino chiaramente la scala. Solo la visione con una figura umana in campo permette di avere un elemento cui relazionarci. Diversamente, l’architettura disabitata offre quasi l’impressione di essere una maquette inserita in un realistico diorama.
I progettisti hanno posto grande attenzione anche agli aspetti comunicativi, studiando la grafica a supporto e corredo dell’edificio (segnaletica, loghi e testi) che prevede l’impiego del font true type Easy Reading, creato appositamente per permetterne la leggibilità anche agli utenti portatori di dislessia.
La velostazione di Corato è un riuscito esempio di mobilità eco responsabile e inclusiva. A sancirne il valore è giunto un meritato riconoscimento, il secondo posto nella sezione progetti realizzati del premio nazionale Go Slow 2021. Questa iniziativa, giunta alla nona edizione, è nata per promuovere le buone pratiche di mobilità e di turismo sostenibile.
di Ilaria Bizzo e Stefano Cornacchini (da YouBuild n. 25)
LA SCHEDA
Cliente: Comune di Corato (Bari)
Progetto e DL: LSB architetti associati – (Giuseppe Dell’Aquila con Alessia Cerruti, Giorgio Chiosso, Nicola Caterina)
Strutture: Mangialardi-Masciavè
Impianti: Mario Carlone
Impresa: Greenwood
Realizzazione: 2019 – 2021
Fotografie: LSB architetti associati
Info: www.arealsb.it