Se tre anni fa la settimana del Salone del Mobile e del Fuorisalone palesava in maniera provocatoria che tutto è styling e restyling, quest’anno è sembrata rincorrere con gran foga il mondo di Instagram, corteggiando influencer e tik-toker, con i marchi più importanti del sistema moda che hanno creato installazioni spiazzanti nel loro essere sperimentali, tra poetiche scoperte (il progetto Weave, Restore, Renew di Loewe, dedicato al recupero di materiali di pregio, scartati dai processi della maison, attraverso linguaggi al contempo arcaici e innovativi) e conferme, come Hermès alla Pelota, con i suoi budget discretamente notevoli, ha ricordato che per i suoi clienti le crisi globali non esistono.
Eppure, in tutto questo rincorrere le logiche della comunicazione digitale più spiccia, appena abbandonato l’universo domestico, abbiamo visto prender corpo alcune tra le riflessioni più interessanti del post-pandemia sugli ambienti da lavoro. È innegabile che il buon, caro, vecchio ufficio non è sparito, ma sia destinato ad alternarsi con le modalità di lavoro in remoto che molte aziende stanno includendo nella prassi gestionale.
Recenti ricerche, per citarne una quella di Art Gensler sugli spazi di lavoro americani, mettono in luce una duplice necessità nel definire il layout dell’ufficio post-covid 19: il crescente bisogno di un luogo fisico in cui innescare reti efficienti di contatti e di relazioni con i colleghi e i clienti e la possibilità di ritagliarsi spazi privati, per concentrarsi e lavorare al meglio, senza chiudersi completamente agli altri come interrelazioni.
Ecco, dunque, che sono emersi gli aspetti nuovi dell’arredo d’ufficio: la scomposizione degli open-space tramite sistemi modulari dalle forme organiche, la grande attenzione all’abbattimento acustico con soluzioni ben lontane dai tradizionali pannelli a parete o boot, l’idea di postazioni di lavoro sempre più articolate, capaci con la loro sola presenza di organizzare lo spazio.
In questo contesto si colloca la collezione Principles, sviluppata da Oma con Unifor in occasione del progetto per il nuovo headquarters a Berlino del gruppo editoriale Axel Springer. La collezione rappresenta un generatore di possibilità compositive in cui tavoli da riunione, scrivanie e meeting-pod cilindrici possono essere configurati in infiniti modi, adattandosi sia per il lavoro collettivo che indipendente. Pannelli divisori lineari e divani circolari si collegano tra loro a formare angoli riservati per la privacy e i momenti di concentrazione o dove incontrarsi e discutere in un’interazione più informale. Gli schermi, con la loro base multifunzionale, diventano lavagne magnetiche scrivibili, pannelli acustici, moduli di supporto a sistemi audio e video.
Rispetto ai temi dell’insonorizzazione, la Slalom ha presentato il progetto Silentscape: nuvole di colore, con un richiamo al Verner Panton di Visiona, avvolgono lo spazio in un turbinio di superfici morbide e trame variegate che trasformano la necessità di isolamento acustico in un un’esperienza totalizzante tra l’ottico e il tattile. Il feltro è al 96% riciclato da bottiglie di plastica, può essere utilizzato come rivestimento oppure pretagliato in qualsiasi forma. Per sagomarlo in sfere e altre forme viene utilizzata la tecnologia della termoformatura.
Siamo di fronte a una rivoluzione del mondo dell’ufficio in cui non si parla più soltanto di spazio di lavoro ibrido, flessibile, riconfigurabile secondo le necessità, ma anche di sensualità dei materiali, di aspetti ludici in cui l’onirico incontra il reale per aprire un nuovo dibattito su cosa rappresentino oggi i luoghi della produttività.
di Rossella Locatelli, Politecnico di Milano (da YouBuild n. 25)