Speciale Antincendio: il fuoco nascosto nei dettagli

Il tema della prevenzione incendi è un campo vasto e, nella professione comune e quotidiana, ancora in fase di esplorazione e costante implementazione. Fin dal suo apparire con la pubblicazione del decreto ministeriale del 10 marzo 1998, quasi 25 anni fa, sono state emanate continue norme e circolari che hanno sempre più perfezionato e, obiettivamente, complicato il lavoro del solerte professionista.

Nel recente passato, con l’adozione in via definitiva del nuovo Testo Unico   Prevenzione Incendi (Dm 03.08.2015), il panorama si è ancor più ampliato, abrogando normative obsolete ed incorporando per contro norme Uni europee e circolari ministeriali ormai divenute norme de-facto, un esempio su tutti è la sostituzione della vecchia classificazione di reazione al fuoco dei materiali italiana, con la ben più articolata versione europea.

Nocciolo centrale, nonché obiettivo principale della prevenzione incendi è la protezione della vita umana, mediante un insieme di misure che, seguendo l’evoluzione normativa e tecnologica, di anno in anno hanno ormai raggiunto standard di efficienza elevati e affidabili. Ma che cosa fare quando, nonostante tutto il sapere progettuale impiegato, la sola prevenzione non basta?

Va sottolineato, infatti, che nel solo corso del 2020, il corpo nazionale dei Vigli del Fuoco ha effettuato in Italia circa 245 mila interventi, considerando solo quelli riferiti a incendi ed esplosioni (fonte: Annuario statistico del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco 2021) e, quindi, la possibilità di trovarci nelle condizioni di dover curare anziché prevenire è tutt’altro che remota. Il professionista antincendio deve sempre tenere fermo nella propria mente il dogma della sicurezza secondo cui il rischio zero non esiste. È sempre e comunque possibile, infatti, anche nell’ambiente più sicuro, l’innesco di un principio di incendio.

In tale scenario si rivela la fondamentale utilità dei sistemi di protezione dall’incendio, che consente di agire, in drastica riduzione, sulla magnitudo dell’incendio (ovvero la quantità dei danni che il medesimo può arrecare). Tali sistemi si differenziano in due macrocategorie: protezione attiva e protezione passiva.

La prima ricomprende, come facilmente intuibile, tutti i sistemi e gli impianti che intraprendono azioni dirette, in modo automatico o su apposita sollecitazione umana, al fine di contenere il propagarsi e gli effetti negativi di un incendio. In questa categoria si annoverano principalmente sistemi di tipo impiantistico, che richiedono una preventiva progettazione specialistica e una finale dichiarazione di corretta installazione redatta da installatore qualificato e rilasciata secondo quando prescritto dal decreto 37/2008 nonché dalle varie norme Uni di settore (si parla, per esempio di reti idranti, sistemi sprinkler).

I sistemi di protezione passiva al fuoco sono, invece, quei prodotti in grado di contenere un eventuale incendio e/o le sue conseguenze senza bisogno di alcuna azione diretta o indiretta dell’uomo. Proprio quest’ultima categoria ha subito, grazie alla ricerca scientifica e all’innovazione tecnologica, il maggior balzo in avanti nel tempo in termini di efficienza e funzionalità. Si tratta principalmente di elementi da costruzione (mattoni, pannelli isolanti, cartongessi speciali, silicati), prodotti (schiume sigillanti, collari per tubazioni, sacchetti termo-espandenti, vernici intumescenti per elementi strutturali) e sistemi di chiusura (porte tagliafuoco, serramenti resistenti al fuoco, tendaggi termici) che esprimono il loro potere protettivo per il semplice fatto di essere correttamente installati da parte del posatore qualificato. Questi sistemi subiscono un processo di certificazione, a cura del produttore, che garantisce all’utente finale di utilizzare un prodotto sicuro e perfettamente aderente alle necessità di impiego.

Proprio questa garanzia, però, nasconde l’insidia principe della prevenzione incendi. Il progettista antincendio coscienzioso sa, infatti, di non poter sottovalutare ciò che, nel gergo degli istituti di prova (in Italia ne esistono diversi e conducono test su prodotti mediante sistemi codificati riconosciuti e validati dal ministero dell’Interno), si definisce «condizione di posa».

Ogni prodotto nasce per uno scopo d’impiego specifico e viene testato e certificato in una condizione di esercizio standard, definita e codificata dal produttore in accordo con l’istituto di prova designato. Sarà sempre fondamentale, prima di scegliere un materiale o un sistema rispetto a un altro, verificare sul certificato di omologazione e/o, sul Rapporto di prova, come il medesimo sia stato preparato in laboratorio per la conduzione del test. È da notare infatti che i vigenti decreto presidenza della Repubblica 151 del 1 agosto 2011 e decreto ministeriale 07.08.2012 prescrivono, in sede di avvio dell’attività e deposito al competente comando Vigili del Fuoco Provinciale di Scia antincendio, che tanto il professionista quanto il posatore ne asseverino la corretta posa in opera, proprio in rapporto allo specifico certificato di prova.

Le ripercussioni pratiche di questo aspetto, come intuibile, sono enormi, perché il professionista antincendio sarà tenuto a scegliere un sistema non solo in funzione delle sue specifiche necessità, ma anche di accertarsi che il modo in cui il medesimo è installato non contrasti la sua specifica certificazione. In difetto di queste condizioni, le caratteristiche di omologazione dell’elemento decadono, rendendo il prodotto inefficace e trasformando in mendaci tanto l’asseverazione del tecnico quanto la dichiarazione di corretta posa in opera della maestranza installatrice.

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