Pnrr e progettazione: a chi tocca il tesoretto?

Il 27 maggio 2020 la Commissione Europea, per intervenire in modo efficace nel recupero economico dovuto all’effetto della pandemia e del lockdown sull’economia europea, e in particolare su quelle maggiormente colpite dal blocco delle attività, tra le quali l’Italia, ha proposto Next Generation Eu, uno strumento finanziario dotato di 750 miliardi di euro, che è stato oggetto di vari accordi politici e programmatici. Il passo successivo ha portato l’Italia a dotarsi di un Piano Nazionale di Recupero e Resilienza, che è stato approvato nel 2021 e che vedrà, perentoriamente entro il 2026, impegnare risorse straordinarie in Italia per complessivi 235,1 miliardi di euro, dei quali 191,5 derivanti dai fondi Next Generation Eu, 13 miliardi dal Fondo React Eu e altri 30,6 miliardi dal fondo nazionale complementare.

Il quadro finanziario complessivo è ripartito in sei missioni: il 32% della spesa andrà in azioni per la transizione verde, il 21% in azioni per la digitalizzazione, la competitività, la cultura e il turismo, il 16,1% in progetti di istruzione e ricerca, il 13,3% in infrastrutture per una mobilità sostenibile, il 10,4% in progetti di inclusione e coesione e l’8,2% in programmi dedicati alla salute e alla resilienza.

 

Complessivamente questi investimenti rappresentano una grande sfida non solo per il Paese, ma anche per il settore delle costruzioni e degli interventi sul territorio. Secondo stime elaborate da Ance, l’impatto del Pnrr sul comparto edile somma almeno 107 miliardi, una cifra molto rilevante che, distribuita negli anni di validità del provvedimento, propone investimenti medi superiori ai 21 miliardi all’anno. Sempre secondo la stima di Ance, per il settore delle costruzioni saranno disponibili per la missione 1 (Digitalizzazione) 5,6 miliardi; per la 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica) 41,8 miliardi, per la 3 (Infrastrutture per la mobilità sostenibile) 28,2 miliardi, per la 4 (Istruzione) 11,8 miliardi, per la 5 (Inclusione e coesione) 12,7 miliardi, per la 6 (Salute) 7,5 miliardi.

Si tratta di interventi straordinari e aggiuntivi rispetto alla norma, per i quali va anche fatto un ragionamento sull’impatto che questi investimenti avranno sul settore della progettazione. Infatti, va considerato che tutte le azioni prevedono un’attività specifica di progettazione definitiva ed esecutiva basata su studi di fattibilità tecnico-economica (il cosiddetto nuovo Progetto di Fattibilità Tecnico-Economica, Pfte, documento collegato agli articoli 44 e 48 del decreto legge 77/2021), le cui linee guida indicano espressamente le richieste progettuali per definire non solo gli elementi tecnico-economici dei progetti, ma anche la valutazione delle ricadute in termini occupazionali e sociali e la minimizzazione degli impatti ambientali.

Infatti, le linee guida del Pfte chiariscono i criteri da adottare per la valutazione economico-finanziaria dei progetti, confermando l’importanza dell’analisi costi-benefici ed espandendo tale analisi anche agli elementi di valutazione dell’impatto ambientale e, in particolare, in termini di emissioni di gas climalteranti. Per la prima volta, nelle linee guida sono stati inclusi elementi di analisi degli impatti ambientali (in particolare il rispetto del principio Dnsh, ovvero del do not significant harm, non fare danni importanti), quelli di natura sociale e quelli relativi alla dimensione istituzionale e di governance, come la qualificazione delle stazioni appaltanti.

In questo ambito risulta strategica la gestione di qualsiasi progetto di intervento secondo questi criteri e dunque secondo un processo che vede la progettazione al centro delle scelte operative di realizzazione, vincolate alla rendicontazione entro la data finale di validità del Pnrr, ovvero entro il mese di giugno 2026, e soprattutto con una novità che il Pnrr eredita dai programmi europei, ovvero non l’esigenza di risparmiare, ma di spendere tutte le risorse a disposizione in modo adeguato alla realizzazione di progetti di qualità.

Una volta tanto siamo di fronte alla possibilità, massiva e diffusa a tutti i livelli istituzionali e territoriali, di svincolarsi dai meccanismi di gara legati al massimo ribasso, concentrando l’attenzione sui risultati e sugli impatti dei progetti. È una vera novità per il nostro Paese e vedremo quale sarà l’esito in termini di competenze acquisite e di modifiche all’operatività delle amministrazioni pubbliche, in particolare quelle comunali, che sono tra i principali soggetti gestori dei fondi a disposizione.

In questo ambito un elemento molto interessante riguarda la focalizzazione sui progetti che, in modo trasversale, il Pnrr concentra sulle città e sui comuni, interventi rivolti ad aumentare l’attrattività dei borghi, a tutelare e valorizzazione l’architettura e il paesaggio rurale, per valorizzare parchi e giardini storici, oppure a realizzare nuovi e più moderni impianti di gestione dei rifiuti o ammodernare quelli esistenti, rafforzare il sistema del verde in città e le reti della mobilità lenta, sviluppare trasporti pubblici più efficienti, riqualificare le scuole e gli edifici pubblici dal punto di vista energetico, realizzare asili e scuole per l’infanzia oltre ad attrezzature per lo sport a scuola, attivare progetti di rigenerazione urbana con piani integrati e azioni di social housing e di inclusione sociale.

Le missioni, come si chiamano in gergo, che il Pnrr ha posto alla base di queste azioni pensate per le città e per i comuni, valgono da sole 38,7 miliardi di investimenti. È una cifra considerevole, pensando che alcuni anni fa il bando città aveva una dotazione di 224 milioni di euro. Ma il dato più significativo è che le risorse verranno distribuite attraverso bandi, e alcuni sono già stati avviati e chiusi proprio in questo periodo con l’assegnazione dei primi fondi, e tutte queste azioni, sia quelle stimate da Ance che quelle relative anche solo alle azioni per città e comuni necessitano di progettazioni definitive ed esecutive che dovranno poi avere in fase di esecuzione direzioni lavori adeguate a garantire la conclusione di tutti i lavori entro il mese di giugno 2026.

Una sfida per il Paese, ma anche per il settore della progettazione, che deve mettersi in linea con le richieste tecniche che i ministeri promuovono e promuoveranno su questi capitoli di spesa e che abbiamo iniziato a conoscere con i primi bandi. Per esempio, quelli destinati a rivitalizzare i borghi, dove le due linee di finanziamento prevedevano da un lato l’accesso ai fondi su progettazioni limitate a 229 comuni vincitori che si divideranno 380 milioni, per un finanziamento medio per ciascun progetto di 1,6 milioni di euro, e da un altro lato una sorta di lotteria da 20 milioni di euro per ciascun vincitore, nella rigenerazione di un borgo per ciascuna regione e provincia autonoma italiana, su una spesa totale di 420 milioni di euro.

In sostanza, per fare alcuni esempi, a Calascio in Abruzzo pioveranno 20 milioni di euro, così come a Recoaro Terme nel Veneto o a Vizzini in Sicilia o a Livemmo in Lombardia o, ancora, a Gerace in Calabria oppure a Trevinano nel Lazio. Tutti comuni scelti con le procedure regionali più diverse, chi su manifestazione di interesse, chi direttamente e senza procedure a evidenza pubblica. Una scelta come quella promossa dal bando crea evidentemente forti sperequazioni e anche speculazioni politiche di non poco conto, ma se lasciamo per un momento il tema della critica al metodo, se entriamo nel merito, queste risorse come tutte le altre, per trasformarsi in progetti esecutivi e realizzabili necessitano di progettazioni. E non da poco, anche sotto il profilo economico.

Considerando che le amministrazioni pubbliche per lo più sono soggetti che non detraggono l’Iva e i fondi sono al lordo dell’Imposta sul valore aggiunto eventuale, per esempio, su tutto l’asse città e comuni (riportato in tabella) la dotazione reale sulla quale considerare le somme a disposizione è all’incirca 34,5 miliardi di euro. Si tratta, ovviamente, delle classiche voci legate alla progettazione e agli altri servizi tecnici, tra cui spese generali (bandi, autorizzazioni), spese tecniche, imprevisti, sondaggi e rilievi, spese per divulgazione e comunicazione.

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Considerando che mediamente queste voci rappresentano il 15% del totale del costo di un intervento, significa che su 34,5 miliardi di interventi per le città e i comuni, il Pnrr finanzierà 5,2 miliardi di somme a disposizione, tra le quali possiamo stimare che 3,5 miliardi saranno destinate esclusivamente alle spese di progettazione. Analogamente, se volessimo stimare l’impatto complessivo delle risorse del Pnrr destinate all’edilizia sul mercato della progettazione potremmo considerare che sui 107 miliardi stimati da Ance circa 14,3 miliardi sono somme a disposizione e che la sola progettazione vale 9,5 miliardi. E la cosa più rilevante è che questi 9,5 miliardi (tra i quali i 3,5 destinati a città e comuni) sono propedeutici alla spesa e andranno impiegati per lo più quest’anno e qualcosa ancora nel 2023 e nel 2024.

Insomma, se per 21 borghi italiani il ministero della Cultura ha creato una lotteria da 20 milioni, il Pnrr per i progettisti metterà in campo cifre molto consistenti, una sorta di lotteria anche questa, dove però il gioco è quello della qualità, tradotta in termini di efficienza della spesa ed efficacia della progettazione e direzione lavori, che dovranno puntare su esecutività e perfetto tempismo realizzativo, rispetto alle necessità rendicontative del Pnrr, che rimangono il primo obiettivo oggi sul tavolo del Governo.

La progettazione ha dunque un compito molto importante, e con essa i progettisti, che per una volta forse potranno vedersi pagate parcelle adeguate al grande impegno che li aspetta.

 

a cura del Centro Studi YouTrade (da YouBuild n. 23)

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