Le pavimentazioni permeabili sono un elemento ormai imprescindibile nei progetti di calcolo della invarianza idraulica, cioè della limitazione imposta dalle recenti normative regionali alle portate di scarico per nuovi insediamenti e/o modifiche dei fabbricati esistenti. La combinazione con una opportuna massicciata, in grado di svolgere una funzione di accumulo, consente di risparmiare sensibilmente sui volumi e, quindi, sui costi dei bacini di laminazione, addirittura in certe condizioni fino a renderli addirittura non necessari.
Le pavimentazioni permeabili possono essere realizzate secondo due differenti metodi costruttivi per quanto riguarda il manto superficiale: con la stesura di una superficie continua in calcestruzzo, bitumata o in graniglie naturali legate con resine, oppure con utilizzo di elementi modulari posati a secco. Per tutti i metodi costruttivi, la scelta della tipologia di pavimentazione da utilizzare per consentire un corretto drenaggio rappresenta solo il completamento di una struttura complessiva di massicciata, che funziona correttamente solo se tutti gli strati svolgono perfettamente la loro funzione.
In particolare, ciascuno di essi, tranne il suolo naturale sul quale occorre considerare la caratteristica non modificabile, deve presentare una permeabilità maggiore di quello sovrastante, per evitare un effetto imbuto nel flusso delle acque.
La permeabilità di strati di materiali naturali sciolti per strati di fondazione, di base e/o di allettamento e/o riempimento giunti nel caso di pavimentazioni modulari posate a secco può essere desunta da prove di laboratorio oppure più facilmente ricavata dalla equazione di Hazen, una relazione sperimentale che lega la permeabilità di un terreno alla sua granulometria, ampiamente documentata in pubblicazioni di idrogeologia.
k = C1(D10)2
dove
k = indice di permeabilit (m/sec)
C1 = fattore correttivo variabile
D10 = dimensione del vaglio con 10% di passante (mm)
Dalla bibliografia tecnica emerge una ampia distribuzione dei valori di C e questo elemento rappresenta la maggiore fonte di incertezza nell’utilizzo della formula di Hazen per la determinazione della permeabilità. In mancanza di elementi che conducano a una scelta differente, in bibliografia si suggerisce generalmente di considerare C1=0,01. Risulta evidente che la permeabilità aumenta quanto maggiore è la larghezza della maglia del setaccio di analisi granulometrica che permette il passaggio del 10% in peso del campione di materiale granulare. Uno schema riassuntivo del livello di permeabilità ottenibile per tipologia di materiale naturale è riportato in seguito.
La capacità di accumulo di una massicciata dipende, poi, dallo spessore degli strati e dalle rispettive porosità dei materiali che li costituiscono, in particolare della loro cosiddetta porosità efficace: questa rappresenta la quantità di acqua che tale materiale è in grado di ritenere al suo interno. La tabella seguente fornisce valori indicativi di tale parametro per le diverse tipologie di materiali naturali.
Occorre considerare anche due ulteriori elementi: l’altezza massima di falda e l’eventuale presenza di inquinanti nel suolo naturale, tali da sconsigliarne l’immissione di acque. In funzione di questi tre elementi, si progetta di realizzare massicciate a filtrazione totale, filtrazione parziale, oppure senza filtrazione nel suolo naturale.
La scelta della tipologia più idonea deve necessariamente partire dalla conoscenza del livello di precipitazione massimo previsto nell’area di realizzazione dell’opera, in modo da ottenere l’obiettivo di ridurre quanto più possibile o ancora meglio azzerare il coefficiente di deflusso verso gli scarichi.
A differenza di altri Paesi, peraltro caratterizzati da poche differenze di aree climatiche per la configurazione del territorio, non esiste in Italia una unica indicazione del livello di precipitazione sulla base del quale calcolare permeabilità e deflusso di una pavimentazione: la recente introduzione delle normative regionali per il rispetto della invarianza idraulica (Veneto, Lombardia) può peraltro essere estremamente utile per ricavare questa indicazione progettuale.
Una volta definito questo fondamentale parametro, spesso trascurato nella informazione tecnica dei fornitori di prodotti per pavimentazioni che forniscono solo un dato in percentuale senza precisare rispetto a quale precipitazione, occorre tenere presente che la caratteristica di permeabilità di una struttura ha una sicura tendenza alla riduzione progressiva nel tempo, in funzione del livello di traffico e di potenziale occlusione delle porosità per effetto di detriti e/o inquinamento.
Quello che risulta fondamentale da definire a livello progettuale, dunque, non è tanto la permeabilità a nuovo, quanto un livello limite sotto il quale, in un tempo successivo, occorre disporre di metodi e/o processi per ripristinare tale livello di permeabilità, senza essere costretti a sostituire l’intera pavimentazione.
Studi condotti su diverse tipologie di pavimentazioni, negli ultimi anni, hanno infatti verificato riduzioni di permeabilità iniziale ne lperiodo di dieci anni da un minimo del 10% (pavimentazioni ciclo-pedonali, poca o nulla tendenza all’intasamento) fino a un massimo del 90% (carichi elevati, molto sporco e/o inquinamento). I produttori di soluzioni per manti da pavimentazioni dichiarano la permeabilità a nuovo della loro proposta, verificata in condizioni standard di laboratorio: quindi, verificato che il metodo di prova utilizzato sia lo stesso, questo permette solo il confronto tra diverse offerte e l’acquisizione di un primo parametro per la progettazione.
Le condizioni in opera, invece, sono sempre differenti l’una dall’altra, e pertanto necessitano di ulteriori verifiche sul pacchetto complessivo della pavimentazione. La determinazione della permeabilità complessiva in opera è desumibile da prove sperimentali molto semplici, che però devono essere diverse tra una superficie continua e una modulare.
Nel primo caso, il coefficiente di permeabilità può essere determinato con un metodo tradizionale, per esempio, un infiltrometro per prova En 12697-40, oppure secondo lo standard Astm C1701. Nel caso delle pavimentazioni modulari, invece, occorre tenere conto anche della distribuzione spaziale dei giunti e del materiale utilizzato per il riempimento degli stessi: in assenza di una norma di riferimento nazionale e per evitare frequenti incomprensioni nella interpretazione dei dati comparativi tra soluzioni diverse, si raccomanda di utilizzare in opera lo standard Astm C1781.
Tutti questi metodi di prova permettono di specificare e controllare le condizioni per le quali il livello di permeabilità sia ancora accettabile, e dunque un corretto piano di controlli e di eventuale necessità di interventi di manutenzione.
Nel processo di scelta tra le diverse tipologie di pavimentazione e di materiali offerti dal mercato per il manto superficiale è ora inderogabile farsi guidare dalle recenti disposizioni normative sul
rispetto dei Criteri ambientali minimi (Cam) in edilizia (decreto ministeriale 11/01/201e e s.m.i.) e dai protocolli volontari di sostenibilità in edilizia (Leed, Breeam, Itaca), che di tale normativa sono stati i virtuosi precursori.
In tutto questo corpo normativo, la realizzazione di superfici a elevata permeabilità è un requisito sempre fortemente valorizzato e sempre richiesto quando possibile. Ma ci sono comprese ulteriori indicazioni che ci aiutano a scegliere la tipologia più sostenibile:
1) scegliere materiali prodotti con limitato uso di risorse naturali; sotto questo aspetto, preferibile utilizzare dunque calcestruzzo piuttosto che pietre naturali
2) scegliere materiali prodotti con limitato uso di energia e emissioni di CO2; preferibile dunque ancora il calcestruzzo rispetto a soluzioni molto energivore per la produzione, quali laterizio e
ceramica
3) utilizzare superfici di tipo freddo ad alta riflettanza, che restituiscano meno calore all’ambiente; le pavimentazioni in calcestruzzo sono da preferire alle pavimentazioni scure in conglomerato bituminoso
4) scegliere materiali contenenti riciclato e completamente riciclabili dopo un eventuale dismissione: il calcestruzzo attuale ha anche questa caratteristica
5) scegliere soluzioni costruttive e materiali completamente riutilizzabili dopo eventuale smontaggio: le pavimentazioni modulari con posa a secco (autobloccanti) sono dunque sempre preferibili ai materiali gettati in opera.
di Massimo Colombo, ingegnere civile e ambientale, libero professionista (da YouBuild n.22)