Forse, un nuovo rinascimento urbano è alle porte

La crisi del covid 19 aveva messo in discussione l’identità stessa di alcuni centri, provocando casi di ritrazione della presenza umana dai luoghi del lavoro, graduale abbandono di spazi aperti ed edificati e formazione di nuovi e potenziali vuoti urbani. Le immagini degli interni dei grattacieli deserti e le strade senza auto, i luoghi pubblici e del commercio con presenze rarefatte nei periodi più duri della pandemia, avevano dato adito a previsioni catastrofistiche per le città di tutto il globo.

Tutto era introiettato dentro le mura domestiche. Dai primi di marzo del 2020 al luglio 2021 la città è stata in casa, tutti noi abbiamo ridefinito le nostre abitazioni ricavando spazi per il lavoro, per l’attività fisica, per le relazioni (spesso per via telematica). Abbiamo improvvisato fra le mura domestiche un ufficio, postazioni pc per la didattica a distanza, uno spazio per la pausa pranzo, vivendo il corridoio come deposito di materiali di lavoro. Le nostre routine erano, di colpo, andate in tilt. Un sistema che sembrava non vulnerabile è stato costretto a riorganizzarsi. La pandemia ci ha imposto la condizione sociale di rimanere chiusi in casa, privandoci dello spazio della città.

Poi si è iniziato a pensare e riflettere su che cosa sarebbe rimasto di tutto questo dopo lo shock che abbiamo vissuto, ponendoci interrogativi e domande: il lavoro da remoto cesserà? La presenza quotidiana in ufficio sarà di nuovo la norma? Anche se il covid 19 passerà, un modo diverso di pensare al mondo e al modo in cui lavoriamo è destinato probabilmente a restare? E quali abitudini, consumi, stili di vita sono stati modificati nel periodo pandemico?

Molti interrogativi sono aperti, ma possiamo dare una notizia: le città (almeno in Italia) non sono morte e, anzi, sembrano smaniose di tornare protagoniste. Sono tornati gli studenti, i lavoratori fuori sede, perfino molti turisti che dopo l’estate del boom hanno avuto sete di colmare le vacanze perdute nel 2020.

Anzi, le città sembrano aver superato il trauma e vogliono tornare a rappresentare, per la società occidentale, un vitale laboratorio creativo, che sperimenta strategie di rilancio e nuove politiche di trasformazione urbana (aumento della competitività, riposizionamento economico, conferimento di nuove funzioni, correzione di squilibri e situazioni di disagio nei quartieri in crisi, maggiore dotazione di qualità urbana ed ambientale, nuove opportunità nel campo occupazionale e dei servizi, aumento dei flussi turistici e culturali).

I progetti fervono, il peggio sembra superato o perfino mai avvenuto. Grazie a questa imprevista rinascita e all’evoluzione della situazione dovuta alla diffusione dei vaccini, le città non sono più necessariamente associate a un luogo negativo e al senso di vuoto. Si proiettano e investono sulle città buona parte degli sforzi per il raggiungimento di migliori condizioni di sviluppo sociale ed economico, ed è ormai consolidata la consapevolezza del ruolo che queste possono rivestire nella promozione dei singoli territori e sulla rinascita economica.

Nonostante la prefigurazione di realtà in cui la diffusione delle tecnologie informatiche e telematiche, e le forme di produzione e comunicazione immateriale, determinano decentramenti e indifferenze localizzative (es. il ritorno ai borghi o alle periferie e il south working) nelle città si assiste a un rinnovato ruolo della logistica (settore emerso come sempre più nevralgico nella pandemia) e continuano a concentrarsi le più importanti funzioni politiche, direzionali, strategiche e finanziarie, nonché a una consolidata importanza degli incontri personali e delle interazioni face-to-face, che restano un fattore rilevante per la costituzione di reti funzionali ad attività economiche e lavorative.

L’attenzione sembra essere focalizzata sulle zone centrali delle città che sono sempre meno vuote e rappresentano una vera e propria vetrina, e innescano meccanismi di sviluppo in grado di coinvolgere un sistema locale più  vasto: queste, sono infatti le aree maggiormente appetibili per gli operatori privati, in cui gli investimenti garantiscono un ritorno non solo monetario, ma anche di prestigio.

In uno scenario caratterizzato da una forte spinta competitiva fra sistemi urbani per assicurarsi nuove funzioni rilevanti, e attrarre imprese e turisti, gran parte del confronto si misura quindi sulle capacità di presentarsi secondo una veste rinnovata dopo il grande shock sistemico. Se il centro è  lo spazio per eccellenza, attraverso cui la città si mette in mostra e si offre alla fruizione di residenti e popolazioni temporanee, i progetti e le azioni tese alla valorizzazione di queste aree definiranno la piena inversione di tendenza e la risposta più efficace alla crisi post covid. Forse, un nuovo rinascimento urbano è alle porte.

 

di Francesco Gastaldi, Università  IUAV di Venezia (da YouBuild n.22)

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