di Andrea Oldani
Nell’architettura si può rintracciare un carattere costante che resiste a tempi e mode contribuendo a rimarcare l’indispensabilità di una disciplina tanto antica. Questo carattere risiede nella capacità dell’architetto di sapere elaborare una sintesi tra sito, tema e programma che culmina, attraverso il progetto, nella prefigurazione di una realtà che supera le barriere dell’ordinario e apre allo straordinario.
Con questa chiave di lettura si può comprendere come la recente realizzazione dello studio Big (Bjarke Ingels Group) per un recinto destinato ai due panda giganti, Mao Sun e Xing Er, nello zoo di Copenaghen costituisca un perfetto esempio di sintesi critica e risposta formale a un tema decisamente non convenzionale nella pratica ordinaria dell’architettura.
Il ruolo centrale
Come la casa per l’uomo nasce in base alle necessità dell’abitare, così la nuova dimora per i panda scaturisce come risposta perfetta alle esigenze del vivere in cattività di questi animali e declina, con assoluta novità, il tema della gabbia presente in ogni giardino zoologico, ribaltando la tradizionale prospettiva che esiste tra spettacolo e spettatore. La nuova «casa» è pensata innanzitutto per i suoi abitanti e il loro benessere mentre il visitatore dello zoo, pur avendo un ruolo centrale, è messo in secondo piano come osservatore discreto della vita privata degli animali.
L’edificio, localizzato nella parte più centrale dello zoo, ha un impianto circolare suddiviso in due settori secondo una linea che richiama il simbolo yin e yang dell’antica filosofia cinese. La forma è pensata per offrire, tramite il sollevamento delle parti, un continuo visivo in grado di coinvolgere pienamente i visitatori. Quest’aspetto è ulteriormente esaltato dal ruolo svolto dalla copertura verde praticabile che unisce il recinto al ristorante e permette una variazione interessante nelle modalità di percezione dell’insieme. La divisione in due settori ha anche un valore funzionale perché attribuisce uno spazio indipendente ai due panda di sesso maschile e femminile in modo da ridurre il contatto visivo e olfattivo tra i due che diminuirebbe la possibilità di procreazione auspicata dai gestori dello zoo.
Doppio giardino
Il progetto architettonico dell’edificio è completato da un intervento paesaggistico di grande rilievo curato da Schønherr Landscape Architects, che ha messo al centro la necessità di riproporre in modo sintetico e variegato i caratteri tipici del paesaggio delle regioni montuose della Cina occidentale. La conformazione dell’edificio-recinto ha fornito i presupposti per la costruzione di un doppio giardino, che presenta in ogni porzione due ambienti caratteristici dell’habitat naturale del panda, uno tipico delle regioni nebbiose e l’altro delle foreste di bambù.
Questa differenza restituisce agli animali un habitat che stimola, per affinità, i naturali processi di migrazione stagionale e offre ai visitatori la possibilità di maturare una personale esperienza di quest’ambiente peculiare. Le soluzioni adottate garantiscono zone d’ombra e parti soleggiate mentre il terreno in pendenza, generato dal disegno architettonico, offre spazio per una grande varietà di materiali che assieme alle aree umide formano il substrato ideale per la vita degli animali.
La vicinanza di questa realizzazione alla Elephant House di Foster+Partners rende lo zoo di Copenhagen un luogo straordinario per la sperimentazione nell’ambito di una forma consolidata di intrattenimento e di educazione oggi particolarmente controversa e in cerca di una nuova identità, a cui l’architettura può offrire un contributo significativo.
LA SCHEDA
Cliente: Copenhagen Zoo
Progetto: BIG – Bjarke Ingels Group (Partners-in-Charge: Bjarke Ingels, David Zahle)
Collaboratori: Schønherr, MOE
Project Manager: Ole Elkjær-Larsen
Project Leaders: Nanna Gyldholm Møller, Kamilla Heskje, Tommy Bjørnstrup
Team: Alberto Menegazzo, Alex Ritivoi, Carlos Soria, Christian Lopez, Claus Rytter Bruun de Neergaard, Dina Brændstrup, Eskild Schack Pedersen, Fabiana Cortolezzis, Federica Longoini, Frederik Skou Jensen, Gabrielé Ubareviciute, Gökce Günbulut, Hanne Halvorsen, Høgni Laksáfoss, Jiajie Wang, Jinseok Jang, Joanna Plizga, Lone Fenger Albrechtsen, Luca Senise, Maja Czesnik, Margarita Nutfulina, Maria Stolarikova, Martino Hutz, Matthieu Brasebi, Pawel Bussold, Richard Howis, Seongil Choo, Sofia Sofianou, Stefan Plugar, Tobias Hjortdal , Tore Banke, Victor Bejenaru, Xiaoyi Gao
Fine lavori: 2019
Dimensione: 2450 mq
Foto: Rasmus Hjortshoj